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15 ottobre. Azioni degne

(14 Ottobre 2011)

Viviamo tempi grami. Tempi di guerra.
Ogni giorno, in ogni dove, qualcuno muore di lavoro, ucciso da un sistema che divora le vite e favorisce i profitti dei soliti pochi.
Ogni giorno, in ogni dove, qualcuno muore in una delle tante guerre che insanguinano il pianeta, ucciso da un sistema che vive di massacri, massacri di povera gente che muore per alimentare i fantasmi della nazione e della religione.
Ogni giorno, in ogni dove, qualcuno muore mentre scavalca un muro, mentre brucia una frontiera, ucciso da un sistema che si fonda sulla schiavitù, sul lavoro nero ed asservito dei senza carte.
Ogni giorno, in ogni dove, qualcuno muore perché ha mangiato o respirato i veleni che soffocano la terra, ucciso da un sistema che sta distruggendo l’aria, l’acqua, la vita stessa.

Ogni giorno, in ogni dove, qualcuno viene ucciso dal capitalismo, da un sistema che si nutre di rovine e lascia alle proprie spalle solo rovine.
Ogni giorno, in ogni dove, qualcuno viene ucciso dallo Stato, stritolato da un sistema che tollera il dissenso solo nei canali già tracciati della protesta che non inceppa la macchina da guerra che ci controlla e ci opprime.

La crisi di questi ultimi anni rende più feroce la guerra contro gli sfruttati e gli oppressi.

La crisi è dei padroni. Usano questo termine come grimaldello per convincerci che siamo sulla stessa barca, che dobbiamo pagare tutti per tenerla a galla. Dimenticano che questa barca non è la nostra, non è nostro neppure il remo cui siamo incatenati.
Il giocattolo è esploso in mano ai padroni: Non sanno più dove sbattere la testa ma provano, giorno dopo giorno, a farci pagare il costo del loro fallimento.

La crisi c’è: ne scontiamo le conseguenze ogni giorno. Ben lo sa chi non ha lavoro, chi è in nero, migrante, precario. La precarietà segna l’orizzonte di questi anni: il precario è invisibile, scambiabile, usa e getta: merce meno preziosa degli arredi degli uffici.
Lo sanno anche quelli che un impiego “garantito” ce l’hanno ma assaporano il terrore nei posti di lavoro, le continue minacce e ricatti, il dispotismo di padroni e manager, i tagli ai salari, l’erosione drammatica della libertà di associarsi e scioperare.
A tanti tocca vivere nel timore di non farcela a pagare il mutuo, il fitto, i libri per i figli che studiano, i ticket per chi è malato.
Tanti, sempre più, sono stanchi, stanchi di pagare le guerre, le grandi opere inutili, i privilegi di pochissimi. Cresce l’indignazione, cresce la rabbia. Ma ancora, purtroppo, non sa farsi azione politica e sociale diffusa, radicata quanto radicale. Azione che sappia prescindere dal quadro politico, dal gioco elettorale, dall’abitudine alla delega.
Gli sfruttati non hanno bisogno di un nuovo governo ma di prendersi la propria vita e il proprio futuro, fuori dai giochi di chi si candida ancora una volta al ruolo di partito di governo e di opposizione.

Noi diciamo a chiare lettere che questo sistema non è riformabile. Con la conoscenza, la sperimentazione e la fantasia è possibile prefigurare una relazione sociale, che, fuori e contro le categorie solidificate dell’economico, possa soddisfare i bisogni di tutti gli esseri viventi. Da ognuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni.
Come anarchiche ed anarchici denunciamo le convulsioni del sistema, indicando la via dell'autogestione e del comunismo libertario. Di questi tempi, mentre le chiacchiere stanno a zero, noi che non ne facciamo, troviamo persone sempre più attente alle nostre idee.

Abbiamo guardato con interesse alle “primavere arabe”, anche se oggi gli esiti non possono che preoccuparci.
Con altrettanto interesse guardiamo oggi i movimenti “indignati” del nord del mondo.
Molte delle nostre compagne e compagni sono nelle piazze di Stati Uniti, Spagna, Grecia.
La bandiera rossa e nera dell'anarchismo comunista ed organizzatore sempre più spesso sventola sulle barricate di tutto il mondo.

Abbiamo sostenuto, l'appello “popoli d'Europa insorgete!” che da Barcellona ha aggregato, giorno dopo giorno, i movimenti di resistenza sociale europei.

Facciamo nostra la giornata del 15 ottobre, perché ogni giorno, in ogni dove, ci battiamo per la nostra dignità e per quella di tutti quelli cui è negata.

Saremo presenti nelle manifestazioni che si terranno a Roma e in decine di città del nostro paese, per sostenere le ragioni di una lotta che non è per il potere ma contro il potere. Ogni potere.

Anche noi diciamo che il debito non lo paghiamo, perché l’unico debito che abbiamo è verso chi verrà dopo di noi. Verso i figli cui vorremmo lasciare un mondo migliore di quello che conosciamo.
Vogliamo costruire, con l'autogestione, lo spazio pubblico non statale nel quale le donne e gli uomini potranno vivere oltre la crisi del sistema.

Per noi anarchici l’indignazione verso un mondo intollerabile da sempre segna il tempo della lotta per costruirne uno nuovo, tanto diverso, che comincia a vincere quando entra e si installa saldamente nei cuori di chi, ogni giorno, in ogni dove, è forzato a vivere senza dignità, che non sia quella di chi alza la testa e dice no. La dignità di chi dice “se ne devono andare tutti”, la dignità di chi non vuole un nuovo governo, la dignità di chi sa e può autogestire le lotte per autogestire la società. La dignità di chi sa che il capitalismo non è l’unico orizzonte possibile, che riprendersi la terra, le fabbriche, i saperi si può.

Commissione di Corrispondenza
Federazione Anarchica Italiana

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