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(17 Ottobre 2011) Enzo Apicella

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Il 15 ottobre, per andare oltre e "cogliere l'occasione"

(20 Ottobre 2011)

La valutazione, della manifestazione del 15 nella sua concreta attuazione, va data sulla base degli obbiettivi reali e che debbono e possono essere perseguiti in questa fase al di fuori di ogni enfatizzazione di prospettive politiciste.

Giorgio Cremaschi parla di sconfitta e fallimento, egli parte dal fatto che gli scontri avrebbero impedito uno svolgimento pacifico della manifestazione, ma non entra nel merito, come se la partecipazione di massa fosse un indistinto valore in se da spendere sul tavolo di una ipotetica svolta politica alle porte non meglio precisata.

Quella di Cremaschi, pur animata da sinceri propositi, è però una analisi tutta soggettiva e miope dettata dalla cronaca politica piuttosto che dalla prospettiva, egli non parte dalle contraddizioni del movimento di classe in questa fase, ma da una petizione di democrazia in astratto e dal rammarico per un mancato percorso precostituito a tavolino, tipico di chi naviga a vista.

Non si può eludere il fatto che se non si va alla radice della crisi, la lettera della Banca centrale europea, con le sue ricette di massacro sociale, farà testo per chiunque governi il paese.

Non deve sfuggree la posizione furbesca di certi esponenti della cosiddetta “sinistra radicale” che pur di farsi accettare nel centro sinistra dicono in tv di non negare i parametri della stessa Bce, sostenendo che la questione sia invece del come e di quali misure adottare per gli obbiettivi di bilancio posti in sede europea”.

La crisi economica e sociale produce necessariamente forme varie e molteplici forme di ribellione sociale pacifiche o meno, per i marxisti ciò è determinato dalla reale condizione di classe di chi ne subisce a vari gradi gli effetti devastanti, bisogna quindi prendere atto che, quando tali condizioni trovano espressione in forme di lotta anche molto dure ed esasperate, sono comunque tendenze interne al movimento reale, con queste tendenze ci si deve rapportare anche criticamente in quanto esprimono la necessità di orientamento ed organizzazione adeguata al livello del conflitto (1). Come già successo in passato in Italia o in altri paesi, queste modalità di conflitto hanno il merito di mettere in discussione il legalitarismo borghese, che assegna allo stato, anche da “sinistra, “ il monopolio della forza (3). Esse emergono in pratica quasi naturalmente, mancando il progetto strategico ed il soggetto capace di produrlo. Quando “non esistono né un orientamento, né un piano e nemmeno una politica, allora l’elaborazione dell’orientamento, del piano e della politica diventa fondamentale e decisiva”.

Emilio Quadrelli nel suo saggio “Cogliere l’occasione” (quaderni di “politica e classe” 2011) scrive che nelle mobilitazioni del 2006, da parte degli studenti francesi universitari e medi “colti” ci fu una netta indisponibilità a comprendere la condizione “di classe” dei proletari precari delle ”banlieu” e degli studenti delle scuole professionali ed invece di unirsi ad essi ne hanno preso le distanze, diffidando delle loro azioni ritenute teppistiche a causa del degrado culturale di provenienza. C’era da un lato il “blocco cognitivo” che lottava sperando di accedere almeno in parte nella classe dirigente, dall’altra l’esercito industriale di riserva della forza lavoro manuale in via di decomposizione che non aveva niente da perdere.

Solo sulla base di una analisi materialista e di classe si può determinare il metro di giudizio, individuando le tendenze del movimento reale e fissare gli obbiettivi necessari da perseguire con le mobilitazioni di massa in questa fase, solo da questa analisi si può comprendere che la manifestazione del 15 non possa essere valutata come un “disastro”, come dice Cremaschi, ma piuttosto come un passo avanti dell’opposizione di classe.

Vediamo quali sono in realtà i veri obbiettivi qualificanti da praticare in questo momento di lotta contro la crisi strutturale del capitale senza alimentare facili illusioni:

1) Diffondere l’idea che il capitalismo in crisi strutturale nella sua fase imperialista non è un sistema sociale intoccabile, ma che si deve e si può sovvertire.

2) Spostare masse consistenti di proletari da una coscienza liberaldemocratica, riformista e provinciale ad una coscienza rivoluzionaria anticapitalista e internazionalista. “Indignazione” che va trasformata in “odio di classe e coscienza di classe”

3) Identificazione dei nemici palesi e mascherati, partiti, media , personaggi e gruppi rivelatisi persino come delatori che propongono “leggi speciali”, mentre va respinto nettamente al mittente ogni tentativo di strumentalizzare il movimento a fini elettoralistici e concertativi.

4)Modificare “i rapporti di forza” conquistando e consolidando vittorie parziali sulle questioni economiche, sociali e democratiche, accrescendo con ciò la fiducia delle masse nella resistenza alla crisi del capitale.

5) Formazione e crescita dei soggetti politici capaci di accumulare forze rivoluzionarie organizzandole (3)

Il metodo da seguire è sempre la dialettica materialista.

Vista all’interno di questo processo, la manifestazione del 15 può rappresentare senza dubbio l’inizio di una svolta ed una opportunità per tornare “cogliere l’occasione”.

La questione dell’egemonia di classe ritorna pertanto centrale e discriminante.

Oggi il movimento di classe sta delineando alcuni suoi punti di riferimento sindacali ed in alcuni pochi casi anche come soggetto politico, essi vanno consolidati e costituiti come veri e propri punti di forza, è la sola la via lunga e difficile da perseguire senza tentennamenti in cui praticare la resistenza popolare come scuola di massa, costruire l’organizzazione militante, formare i quadri, preparare la nuova fase.

Note:

(1) Marx:”E’ il lato cattivo a produrre il movimento che fa la storia.
Le forze produttive si sviluppano di pari passo all’antagonismo delle classi.
Una di queste classi, il lato cattivo , l’inconveniente della società, va sempre crescendo finché le condizioni materiali della sua emancipazione non pervengono al punto di maturazione.
(K. Marx, “La miseria della filosofia” Ed. Riuniti)

(2) A.Gramsci: Storia a disegno.
conservazione dello stato liberale -ndr),senza cadere in arbitrio o nel disegno preconcetto? Nella lotta “i colpi non si danno a patti” e ogni antitesi deve necessariamente porsi come radicale antagonista della tesi, fino proporsi di distruggerla completamente e completamente sostituirla. Concepire lo svolgimento storico come un gioco sportivo , con il suo arbitro e le sue norme prestabilite da rispettare lealmente, è una forma di storia a disegno. E’ una ideologia che tende a snervare l’antitesi, (….) cioè a ridurre la dialettica ad un processo di evoluzione riformistica “ rivoluzione – restaurazione”, in cui solo il secondo termine è valido, poiché si tratta di rabberciare un organismo che non possiede internamente la propria ragione di salute>>
(A Gramsci “il materialismo storico e la filosofia di B Croce” ed Einaudi - pag 221)

(3) Lenin: "Senza teoria rivoluzionaria non vi può essere movimento rivoluzionario. Non si insisterà mai troppo su questo concetto in un periodo in cui la predicazione opportunista venuta di moda è accompagnata dall’esaltazione delle forme più anguste di azione pratica”(…) “Solo un partito guidato da una teoria d’avanguardia può adempiere la funzione di combattente di avanguardia” (“Che fare?” pag 55-56. Editori Riuniti)

Giancarlo Staffolani

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