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(28 Febbraio 2012) Enzo Apicella

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No Tav. Non smarrire il sentiero

(23 Ottobre 2011)

Le reti del fortino della Maddalena, il filo spinato, gli uomini in armi sono il simbolo dell’arroganza dello Stato. Il simbolo concreto e violento della volontà di imporre con la forza scelte non condivise.
Nella loro materialità eccessiva sono un chiaro monito: di qui non si passa, i più forti siamo noi. La spinta a tagliarle, a riprendersi la terra e la libertà di scegliere il proprio presente è frutto di una spinta più etica che politica.
Quando crollano le dittature la gente non si accontenta della fine di un regime, ma si affretta ad abbatterne i simboli.
Per questo da mesi i No Tav assediano il fortino. Ci sono state le nottate rotte dal fragore delle bombe carta e dei petardi, annegate nel fumo dei lacrimogeni e le passeggiate tra le vigne chiuse dal filo spinato. C’è stato Turi sull’albero e i ragazzi che tagliavano le recinzioni, ci sono state le pietre ai poliziotti e i bossoli di lacrimogeno in faccia alla gente. Ci sono state le passeggiate di tutti quanti e gli assalti di chi voleva e poteva.

C’era e c’è un movimento popolare che non si fa spaventare né dalla violenza della polizia, né dagli assalti dei media, né dalle denunce e dagli arresti.
C’è un movimento che si interroga giorno dopo giorno sulle scelte da compiere e prova, non sempre con successo, a percorrere una strada condivisa dai più.
C’è un movimento che a volte fa fatica ad affrontare uno scenario ben diverso da quello del 2005, quando in pochi giorni la rivolta dell’intera Val Susa obbligò il governo ad una rapida marcia indietro.

Oggi il movimento è forte e radicato ma stenta a trovare il ritmo di una rivolta che oltrepassi il cerchio magico e maledetto delle reti del fortino per riversarsi nelle strade, nei palazzi di chi decide, nello sciopero generale e nel blocco di tutto quanto.
Un blocco ad oltranza, che si organizzi per resistere, un blocco popolare dove ci siano tutti. Tutti. I giovani e i meno giovani, quelli che hanno coraggio e quelli che il coraggio se lo devono dare, i non violenti e quelli credono legittima la difesa, chi vorrebbe cambiare il mondo e chi si accontenta di non farlo peggiore di com’é.
Eppure questo ritmo occorrerà trovarlo. Prima o poi proveranno a farlo davvero il cantiere, si prenderanno la baita e spezzeranno la montagna con la dinamite. Noi dobbiamo fermarli prima che sia tardi. Inutile illudersi ed illudere sulla lotta di lungo periodo, perché rischiamo il logoramento, la disillusione, la rassegnazione che hanno minato e distrutto altri movimenti.

Non possiamo aspettarli nel fortino di Asterix, perché quella storia è già scritta e porta impresso il marchio della sconfitta. Non si vince con la forza contro chi ne ha il monopolio legale, non si vince contro i blindati, i lince, gli alpini, i parà, i poliziotti, i carabinieri, i forestali… tutto l’apparato militare dello Stato contro di noi. La nostra forza è nelle nostre ragioni, la nostra forza e nella pratica del confronto e nell’azione diretta non delegata a nessuno. La nostra forza è il radicamento popolare che potrebbe – ancora una volta – rendere ingovernabile un intero territorio. Da Torino a Chiomonte. Allora dovranno scegliere tra spararci o andarsene. Se sapremo rimanere saldi, uniti nelle nostre mille diversità, sappiamo bene che se ne andranno. L’importante è non smarrire il sentiero, non divenire ostaggio delle menzogne di media e politici, non permettere a nessuno di dividerci.

Tagliare le reti, tutti insieme, assumendoci il rischio di un gesto illegale, accettandone le conseguenze, affrontando con serena decisione i gas e gli idranti può essere un’occasione importante per mostrare a tutti che i partigiani sanno muoversi bene di giorno come di notte. Purché non si cada nella trappola predisposta dai media e dai politici interessati a drenare consensi elettorali: non ci sono i buoni e non ci sono i cattivi. C’è un movimento che lotta e resiste, ciascuno a suo modo, nel rispetto di tutti e di tutte.
Importante è non ingannare noi stessi: lo Stato fa le regole che per primo violerà, perché impone con la violenza il proprio arbitrio. Le leggi sono il frutto dei rapporti di forza: in una società basata sullo sfruttamento e sull’oppressione sono scritte per garantire il perpetuarsi dello sfruttamento e dell’oppressione.
Chi si riprende la libertà di decidere rompe il vincolo della gerarchia.
Quello che facciamo trae legittimità dalla nostra volontà di impedire uno scempio e un furto ai danni di tutti. Non si tagliano le reti perché il fortino è illegale: le si tagliano perché sono lì per disciplinarci a forza, per piegarci, per negare la nostra libertà di dire e di fare.
Non smarriamo il sentiero. Siamo partiti insieme e insieme faremo la strada necessaria.

Federazione Anarchica Torino

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