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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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Crisi o non crisi dobbiamo vivere!

(27 Ottobre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

Lo spettro del fallimento dello stato – a causa dell’enorme stock di debito accumulato - si è fatto più minaccioso. Non è più solo la Grecia ad essere in ballo. Le banche esigono interessi più alti per prestare soldi allo stato: lucrano sulla sfiducia, da una parte, e, dall’altra, cercano e ottengono la rassicurazione che la Banca Centrale e l’intera Unione Europea non consentiranno nessuna bancarotta. Le banche si interessano alla solidità degli stati come gli strozzini alla salute dei propri “clienti”. Al quadro bisogna aggiungere le proiezioni di organismi come l’OCSE o il Fondo Monetario Internazionale sul Pil italiano che indicano una crescita prossima allo zero per il 2011 e il 2012. Previsioni del resto confermate dagli studi del Ministero dell’Economia.
Sul fronte della cosiddetta “economia reale” si fanno delle grandi chiacchiere ma non si approda a niente. L’eroe degli industriali, Marchionne, dopo aver disegnato immaginifici scenari di nuovi prodotti e di mercati da conquistare, per il momento ha soltanto chiuso dei siti produttivi e continua a far largo uso della cassa integrazione. Aveva indicato il modello di relazioni industriali americano come il migliore e ora si trova a “spiegare” ai dirigenti dell’UAW (Sindacato dei lavoratori dell’auto) che la “sua” Chrysler non può accordare gli stessi benefici del contratto General Motors (5000 dollari di bonus, aumenti salariali da 1 a 3 dollari l’ora, riassunzione di una parte dei licenziati), perché “è più debole finanziariamente”.
Intanto, la disoccupazione aumenta.

Se la coalizione di Centrodestra cadesse domani, non potremmo che esserne contenti: i suoi rappresentanti sono invischiati in ogni tipo di mascalzonata immaginabile. Ma questo non significa sostenere qualche nuova formula di governo più gradita alla Marcegaglia e ai… “mercati”. Se si ascoltano con attenzione le parole di Bersani e dei vari esponenti del Centrosinistra ci si accorge che questi chiedono un governo autorevole, supportato da una vasta base di consenso sociale proprio per prendere quelle misure impopolari che Berlusconi e soci non avrebbero più la forza di chiedere (come se l’ultima manovra finanziaria, compreso il famigerato articolo 8 sui licenziamenti facili, fosse stata una carezza!). Quello che i “mercati” si aspettano, per essere tranquillizzati, sono delle nuove e più grandi mazzate sulla schiena dei lavoratori, dei pensionati, dei ceti popolari. Un lavoro sporco che godrebbe del pieno appoggio della Confindustria e che Bersani e soci pensano di fare meglio cavalcando l’indignazione antiberlusconiana.

È un gioco politico che i lavoratori non hanno nessuna convenienza ad assecondare. Non è nostro interesse che resti in piedi un governo di fuorilegge, ma nemmeno che venga insediata, al suo posto, una coalizione di “onesti” esecutori del gran capitale.

Il malumore che è sempre più diffuso tra i lavoratori deve poter emergere, tramutarsi in protesta. Al di là dello sciopero di facciata della CGIL non sono in vista altre iniziative da parte dei sindacati istituzionali. E' necessario che i lavoratori prendano in mano la loro sorte, mettendoci la faccia, manifestando, come i lavoratori della Fiat stanno facendo col Presidio alla porta 2 dello stabilimento di Mirafiori, come a Temini Imerese."
La crisi ci impone di unirci e di lottare. Di contare sulle nostre sole forze e di batterci per obiettivi che abbiano un senso soprattutto per noi: la salvaguardia delle vite nostre e dei nostri figli prima di ogni altra considerazione.

LA QUESTIONE DEL SALARIO GARANTITO NON è PIU' RINVIABILE

In questi giorni si è appreso come le grandi istituzioni europee siano state in grado di dar vita ad un Fondo salva-stati. Si trovano i soldi per garantire alle banche che i loro titoli di stato non diverranno carta straccia, si possono trovare per garantire a milioni di persone che la loro vita non finirà con la chiusura della fabbrica dove lavorano! Frasi come “salvare il Paese” non hanno nessun significato. Il “Paese” è composto nella stragrande maggioranza da lavoratori salariati, da disoccupati e da pensionati. Bisogna salvare la maggioranza della popolazione dalle conseguenze sempre più dure della crisi, bisogna imporre e ottenere un salario garantito minimo legale. Bisogna che questo rappresenti la soglia di reddito sotto alla quale nessuna indennità di disoccupazione, nessuna pensione, nessun salario, siano ammissibili!

settembre 2011

L’Internazionale - Inchiesta Operaia

Fonte

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