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"Incidenti"

(6 Novembre 2010) Enzo Apicella
Esplode la Eureco di Paderno Dugnano: sette operai feriti, quattro rischiano la vita. In Puglia tre morti sul lavoro nell'ultima settimana

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(Di lavoro si muore)

Carlo Pratelli morì il 26 giugno 2006, schiacciato sotto 6 tonnellate di vetro.

Dopo ben 5 anni e mezzo la sentenza di primo grado.Solo 2 anni ai datori di lavoro.

(31 Ottobre 2011)

Massimiliano Pratelli (figlio di Carlo Pratelli, morto il 26 Giugno del 2006, schiacciato sotto 6 tonnellate di vetro) mi ha scritto questa lettera, alla luce della sentenza di primo grado per la morte del padre, che è stata emessa solo dopo la bellezza di 5 anni e mezzo.
Se tanto mi da tanto, ci vorranno ancora moltissimi anni prima di arrivare alla sentenza definitiva di terzo grado.
E meno male che si dovevano velocizzare i processi per le morti sul lavoro!!!
E come dimostra questa sentenza, purtroppo le pene quando muore un lavoratore sono troppo basse per i responsabili: la sentenza Thyssen rimarrà un miraggio per i familiari che hanno avuto un loro caro morto sul lavoro.
Quella è una sentenza che secondo me, non è ripetibile, quindi abituiamoci al fatto che molti datori di lavoro se la caveranno con pene irrisorie o peggio ancora con la prescrizione, una cosa è sicura: il carcere non lo vedranno neanche con il binocolo!!!
Io credo che di questa sentenza i mezzi d'informazione dovrebbero dare notizia, perchè è giusto che si metta a conoscenza la gente, che quando accadono queste tragedie sul lavoro, difficilmente i familiari avranno mai giustizia.
Inoltre credo che sarebbe giusto intervistare il diretto interessato, cioè Massimiliano Pratelli
Inoltre, il Ministro Maroni, invece di invocare un nuovo reato di "omicidio stradale", pensi piuttosto a fare innalzare le bassissime pene per le morti sul lavoro.Sono talmente basse che sono vergognose!!!
Saluti.
Marco Bazzoni-Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza-Firenze

Carlo Pratelli

Ieri, 28 Ottobre 2011, il giudice ha dichiarato in primo grado colpevoli otto dei nove imputati nel processo per l’incidente di mio padre, Carlo Pratelli, morto il 26 giugno 2006 per il ribaltamento di tre casse di vetro, sei tonnellate in tutto che non gli lasciarono scampo.
I responsabili dissero subito, come da copione, “è stata colpa sua”.
Queste prime dichiarazioni infiammarono la mia famiglia, che oltre al dolore dovette sopportare fin da subito lo spettro dell’umiliazione, l’ignoranza di coloro che un attimo prima dell’incidente si dicevano “come fratelli” di mio padre.
Che dire, è andata bene?
La sentenza ci soddisfa per com’è andata, nel senso che ci sono state le condanne, due anni al datore di lavoro Franco Mancini, due anni al responsabile della Saint Gobain logistic, il francese Pascal Canton.
Il resto dei responsabili ha avuto condanne minori, a scalare fino a sei mesi con le condizionali del caso.
Tanto? Poco? Mio padre non c’è più ed è senza dubbio lui che ha avuto la peggio. Giudicate voi.
Ci è piaciuto il PM che ha fatto un gran lavoro, in particolare di ricostruzione delle miriadi di società che ruotano intorno al nome Saint Gobain.
I nomi di tali società cambiano anche solo per una sigla: non è possibile dirle a voce da quanto è complicato, bisogna necessariamente leggere gli atti per capirci qualcosa.
Tutto questo ha avuto e continua ad avere uno scopo ben preciso: confondere.
Ci è piaciuto il giudice, che ha sempre mostrato impegno nel voler velocizzare il processo e non si è lasciato abbindolare dalle “finte lacrime” di qualche imputato durante le testimonianze.
Dovevamo necessariamente avere fiducia nella giustizia, era l’unico modo per andare avanti.
Sappiamo benissimo che nessuno farà un solo giorno di carcere e la maggior parte di loro non avrà nemmeno la fedina penale sporca. Forse è andata bene a loro? Direi proprio di si.
Durante il processo la mia famiglia sapeva di dover mordersi la lingua nell’ascoltare i vari tentativi di dare la colpa dell’incidente a mio padre. Lo sapevamo, più colpa cadeva su di lui, meno sarebbe stata quella per ciascuno degli imputati.
Alla fine però si è toccato il fondo: l’avvocato della ditta Mancini ha cercato in tutti i modi, molti dei quali scorretti e inutili dal punto di vista umano, pieni di falsità, con l’obbiettivo di far passare mio padre da “coglione”.
Nel dibattimento finale hanno messo in scena un teatrino ridicolo perfino agli occhi dei loro colleghi.
Per cercare di dimostrare la sua colpa hanno perfino tirato fuori (secondo loro dal cilindro) il referto del medico legale che evidenziava una lussazione al braccio di mio padre che avrebbe dimostrato la sua responsabilità senza ombra di dubbio: Pagliacci!!!
Mio padre è rimasto sotto sei tonnellate, dico sei, seimila chili di vetro: vi attaccate ad una lussazione al braccio? Per Dio, esiste un limite a tutto. Dopo una vita passata a lavorare per loro: Vergognatevi!!!
Fate due conti: conviene investire nella sicurezza? E’ facile: NO.
Il risarcimento dei danni avrà probabilmente un monte inferiore ai 500 mila euro e sarà deciso nel procedimento civile, forse tra una decina di anni.
Dividete il monte, più le spese processuali per una quindicina di anni, durata ottimisticamente ipotizzata di tutto il processo penale e civile, otteniamo per eccesso una somma di circa 40 mila euro.
Cosa rappresenta questa cifra annualmente per una media azienda? Niente. E lo capisce una bambino alle elementari.
Figuriamoci per una grossa come la Sanit-Gobain.
E allora? Conviene investire in sicurezza?
Tutti gli altri discorsi sono parole al vento e saranno inutili fino al momento in cui qualcuno non avrà il coraggio di dare la giusta consistenza alle pene.
Oggi, come troppo spesso succede in questo paese, continuiamo a prenderci in giro con una sempre consistente dose d’ipocrisia.

Massimiliano Pratelli

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