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Sull’assemblea studenti e lavoratori “Eat the rich – Magnammece o’ padrone!”. Un racconto e qualche considerazione…

(11 Novembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.caunapoli.org

Sull’assemblea studenti e lavoratori “Eat the rich – Magnammece o’ padrone!”. Un racconto e qualche considerazione…

foto: www.caunapoli.org

Martedì 8 novembre si è tenuta all’università Orientale, al centro storico di Napoli, una grande assemblea di studenti e lavoratori, organizzata nell’ambito della campagna “Eat the rich – Magnammec’ o’ padron!” [qui maggiori info].

Le righe che seguono vogliono essere sia un report dell’iniziativa, una sintesi di quanto si è detto nei diversi interventi, sia un primo, piccolo, bilancio. In ogni caso sotto troverete una serie di articoli che hanno parlato dettagliatamente dell’assemblea, e tutti gli interventi audio dei partecipanti.
Invitiamo comunque tutti, sia singoli che collettivi, a mandarci le loro impressioni ed a diffondere anche ad altri questo evento per iniziare a prendere coscienza della nostra forza e provare a costruire percorsi di mobilitazione, per fare seguire anche i fatti alle parole.

Martedì 8 c’è stata all’Orientale un’altra iniziativa del percorso Eat The Rich!, percorso con cui stiamo provando a caratterizzare la mobilitazione autunnale qui a Napoli. Lo scopo della campagna è semplice: riprendere uno degli slogan che sta attraversando il movimento internazionale contro la crisi ed il sistema che l’ha generata, uno slogan che esprime una coscienza di classe ed una coscienza internazionalista, e cercare di declinarlo sul piano locale, facendo capire di chi è la colpa per la situazione che stiamo vivendo ed indicando cosa si dovrebbe fare per uscirne [qui più info].

Dopo cortei, presidi, iniziative, dopo aver portato ovunque questo messaggio, abbiamo deciso di mettere a confronto i soggetti che più stanno pagando questa crisi: studenti, operai, precari, disoccupati perché prendessero parola autonomamente, avessero un momento di visibilità, trovassero nella diversità delle loro condizioni gli elementi politici accomunanti. D’altronde – lo capirebbe anche un bambino – l’arma del padronato e di chi ci governa è la divisione. Separando ogni gruppo di lavoratori dall’altro, isolandolo e trascinandolo in una guerra fra poveri, il capitale indebolisce il suo nemico. Si tratta quindi di invertire questa linea di frammentazione e sconfitte, unire i lavoratori fra loro ed unirli al segmento sociale più attivo degli ultimi anni, che inizia ad aver ben poco da perdere: i giovani e gli studenti.

Ora, il primo dato che vogliamo sottolineare, e che d’altronde ha rimarcato ognuno dei presenti, è stata la straordinaria partecipazione all’iniziativa, sia in termini numerici che qualitativi.
Diciamo “straordinaria” perché, in un momento in cui molto si muove nei “piani alti” e poco o nulla sembra muoversi fra la popolazione, vedere affluire circa 200 persone in un’assemblea autorganizzata ci sembra un dato importantissimo, che fa ben sperare per il prosieguo delle lotte. Soprattutto se si tiene conto del carattere assolutamente inedito di quest’iniziativa: portare i lavoratori, che in genere vivono situazioni di difficoltà, hanno poco tempo, sono spesso rinchiusi nel perimetro della propria azienda, a confronto con gli studenti è una cosa che non si vedeva da decenni!

Ma la partecipazione è stata anche qualitativamente significativa: per quanto l’assemblea sia durata più di due ore e mezza, molti sono rimasti fino all’ultimo, per sentire tutti i venti interventi delle realtà lavorative della Campania presenti: dalle grandi e piccole fabbriche in crisi (FIAT, ALENIA, ANSALDO, IRISBUS, EX-ERGOM) alle realtà precarie della scuola e dei musei, dagli studenti delle scuole e delle università passando per i disoccupati napoletani.

Come si è prodotta questa partecipazione? Di sicuro determinanti sono le condizioni di crisi economica e l’insoddisfazione che attraversa da anni il corpo operaio, precario e studentesco, con il contemporaneo abbandono di questi soggetti a loro stessi, sia da parte dei sindacati che dei partiti di “sinistra”. Condizioni che ci spingono a impegnarci subito, perché in questa svolta epocale “il nostro tempo è adesso”.
Ma perché questa partecipazione non si è data in circostanze analoghe? Perché finora è mancato un lavoro di inchiesta, di sostegno concreto alle vertenze, di tessitura fra le varie situazioni, di messa in rete e di conoscenza diretta: troppo spesso si è interagito in maniera presuntuosa con i lavoratori, troppo spesso sono stati evocati senza conoscerne le situazioni, troppo spesso invece sono stati colpevolmente dimenticati. La prima conseguenza da trarre è dunque che bisogna cercare di recuperare queste distanze che si sono create nel corso degli anni, continuare l’opera di coinvolgimento, continuare a dare voce ai lavoratori, che per anni sono stati il rovescio “invisibile” della nostra società spettacolare.

Il secondo dato interessante lo reperiamo negli interventi che ci sono stati. A mancare infatti è stato proprio il patetico racconto delle proprie sventure, quella “raccolta di disgrazie” che frena la possibilità di reagire ed immaginare il proprio futuro in maniera diversa. Invece tutti i lavoratori che sono intervenuti più che cercare la pietà della platea o invocare qualche salvatore che li tiri fuori dalla propria situazione, hanno velocemente tratteggiato la propria vertenza, raccontato con dignità i propri sforzi di mobilitazione, hanno dimostrato una certa rabbia nei confronti del sistema nel suo complesso ed hanno spostato l’attenzione su quello che c’è da fare per contrastare il massacro sociale in atto e le politiche di austerity che vedranno l’attacco ai diritti e la contrazione dei salari e del potere d’acquisto.

Sulla stessa linea d’onda gli studenti, i quali hanno ribadito il rifiuto di qualsiasi retorica di “scontro generazionale”, perché non è vero che i problemi dei giovani siano causati dai “privilegi” dei più grandi, ma bisogna lottare insieme per difendere diritti acquisiti con le lotte e renderli patrimonio comune. Troppo spesso si è avuta infatti una percezione degli studenti come “gruppo a sé”, e dei lavoratori come degli “alieni”, mentre si tratta dei nostri genitori, dei nostri alleati, del nostro soggetto di riferimento, con cui condividiamo le stesse aspirazioni e gli stessi nemici: dai politici di destra o di “sinistra” a Confindustria, ai tecnocrati europei… Il diritto allo studio e ad un’istruzione pubblica, di massa e di qualità è in questo senso qualcosa che riguarda direttamente i lavoratori e le loro famiglie.

Riprendendo questi discorsi i lavoratori hanno quindi sottolineato il rifiuto della chiusura degli stabilimenti, della dismissione del patrimonio industriale campano, delle privatizzazioni (dal comparto scolastico a quello dei trasporti a quello delle grandi aziende), che vedranno le solite speculazioni, il peggioramento drastico dei servizi e delle condizioni lavorative. Hanno segnalato che nelle fabbriche chi ha la tessera di un sindacato conflittuale viene buttato fuori o non riassunto e, ciononostante, come ci siano molti giovani operai, spesso inquadrati con contratti a tempo determinato, che hanno voglia di lottare e resistere. E lo stesso si può dire dei tanti giovani precari, che un contratto decente non l’hanno mai visto, e spesso non sono assunti nemmeno formalmente, o, ancora, per i disoccupati del PROGETTO BROS, che sono impegnati in una battaglia che dura ormai da quattordici anni.

Molti lavoratori hanno poi ricordato le scadenze delle proprie vertenze, ma anche la necessità di avviare percorsi più larghi, che per esempio riescano a contestare la venuta di Marchionne a Napoli e Pomigliano fra il 13 ed il 15 dicembre. È evidente infatti che il suo Piano, imposto con il ricatto nelle fabbriche FIAT, ha fatto da apripista per tutto il padronato italiano, che ora preme per avere pieno accesso a queste condizioni di sfruttamento quasi schiavistico dei lavoratori. In questo senso contestare Marchionne, Elkann, Napolitano, e tutte le istituzioni presenti in quei giorni sul territorio napoletano, vuol dire mobilitarsi contro le misure – articolo 8, licenziamenti facili etc. – contenute nella finanziaria, nelle lettere di intenti del Governo e nei diktat della BCE. Quello che, infatti, è uscito in maniera forte dagli interventi è l’indisponibilità a pagare ancora questa crisi, a fare ulteriori sacrifici in nome della “nazione” (che poi vuol dire dei governanti, degli speculatori, dei padroni e dei ricchi), la voglia di mettere sotto pressione chi non ha mai pagato.

Il terzo dato è il clima, assolutamente positivo, che si è respirato. Qualcuno l’ha definito di “coesione”, di “speranza”, altri si sono spinti più in là... Di certo è che le polemiche stantie e la divisione fra le strutture sindacali in questa giornata sono state assenti: ognuno ha messo fra parentesi la propria appartenenza, per aprirsi agli altri intesi innanzitutto come compagni, come membri della stessa classe, per sottolineare ciò che più conta: la contrapposizione fra chi fa la lotta e fa avanzare gli interessi dei lavoratori e chi quella lotta la svende, imbrogliandoli, magari dopo averli spinti alla mobilitazione. Su questa linea si è accennato all’esigenza di andare oltre il sindacato così com’è, perché spesso si configura come “primo nemico” dei lavoratori, spegnendone la volontà di lottare, e si è parlato di come fare rete, organizzandosi dal basso per far sì che questa volontà contagi ogni fabbrica ed ogni situazione lavorativa.

È questo clima che lascia ben sperare, soprattutto alla vigilia di uno dei più grandi attacchi che il padronato e la borghesia stanno per lanciare contro le classi subalterne di questo paese. È questo clima che speriamo di ritrovare nelle prossime mobilitazioni, per spingere chi ci comanda a ritirare le misure che ha previsto, per far sentire nel dibattito politico nazionale anche la nostra voce… Certo, non è possibile pensare di colmare con un’iniziativa l’arretratezza di anni. Però sin da subito è possibile mettere in relazione le vertenze e costruire una rete di solidarietà, che magari sappia intervenire lì dove è più necessario. In questo senso la cena di solidarietà fatta dopo l’assemblea con i lavoratori dell’irisbus, per sostenere la loro Cassa di Resistenza Operaia, è stato un piccolo segnale immediato e concreto di cosa voglia dire “fare le cose insieme”. Ma già in questi giorni possiamo ricominciare a rinsaldare i contatti ed a moltiplicare i confronti, per arrivare alle prossime mobilitazioni, che siano scioperi, campagne contro i licenziamenti facili o contro l’innalzamento dell’età pensionabile, più consapevoli e compatti.
La strada è lunga, ma ci siamo messi in marcia: Eat the rich – Magnammec’ o’ padron!

COLLETTIVO AUTORGANIZZATO UNIVERSITARIO
LAVORATORI DALLA METROPOLI IN LOTTA “CLASH CITY WORKERS”

QUI ALCUNE ISTANTANEE DELL'INIZIATIVA

QUI UN PO' DI RASSEGNA STAMPA

- Studenti, lavoratori e disoccupati domani a l'Orientale contro la manovra finanziaria (di Federica Daniele)
- Steve Workers è a Napoli: “Magnammece o’ padrone” (di Paolo Monarca)
- La lunga assemblea del non lavoro (di Giulia Beat)
- Speranza e coesione a l’Orientale di Napoli: lavoratori e disoccupati si confrontano (di Federica Daniele)


QUI I VIDEO


- Crisi, "Eat the rich" a Napoli diventa "Magnammece o' padrone". Il Collettivo "Clash city workers" avvicina studenti e operai (di tmnews)

TUTTI GLI INTERVENTI

Introduzione Clash City Workers
Alenia
Irisbus (Valle Ufita)
Sepsa

Coll. Autorganizzato Universitario
Eutelia (Na)Ansaldo BredaFiat di Pomigliano D'arco (Na)

Studenti Autorganizzati CampaniMADRE TelecomMagneti Marelli (ex-Ergom)

Mov. di lotta per il lavoro Banchi NuoviCoordinamento Precari ScuolaCollettivo Operatori SocialiAstir

C.A.R.C.Coordinamento "Piensa a salute!" Conclusione a cura di CCW


Collettivo Autorganizzato Universitario – Napoli

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