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(20 Febbraio 2010) Enzo Apicella
Continua la guerra mediatica (e non solo mediatica) all'Iran

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La guerra all’Iran

(11 Novembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

“Se Creso attraverserà il fiume Halys cadrà un grande impero.”

I tempi di Creso e della sua sfortunata guerra contro Ciro sono lontanissimi, e i moderni artefici della finanza sono mille volte più avidi e pericolosi di lui. Dominio della finanza vuol dire dominio della guerra. I sistemi economico-sociali al tramonto non possono accettare il responso che li condanna a morte, ma cercano di salvarsi con guerre sempre più pericolose. Si è scoperto che un presidente americano ha mentito pubblicamente, e la sua credibilità è in forte calo? Ecco pronta una bella guerra in Jugoslavia, per “liberare” il Kosovo. Sarkozy è nei guai per i finanziamenti di Liliane Bettencourt, padrona dell’Oréal, alla sua campagna elettorale? C’è la Libia, che sprofonda nel petrolio, e il corteggiatissimo, fino ad ieri, Gheddafi, si presta con le sue stravaganze a giocare il ruolo di “dittatore pazzo”. Queste sono solo, ovviamente, le cause occasionali dei conflitti, la vera radice della guerra è da ricercare nel capitale stesso, nel bisogno dei paesi imperialistici di assicurarsi mercati, materie prime, di controllare le rotte, gli stretti, le posizioni strategiche.

Una guerra assai più vasta e pericolosa si sta profilando. Si tratta di una torcia gettata in una Santa Barbara, gran parte dell’Asia è già sconvolta, non solo l’Afghanistan e l’Iraq, ma il Pakistan, lo Yemen, la Siria, e il caos si estende in Africa, oltre alla Libia, la Somalia, col coinvolgimento dell’Uganda, la guerra per le materie prime del Congo...

“Obama, non ti crediamo!”

AGI, Gerusalemme - Gli Stati Uniti sono preoccupati dell'eventualità di non essere avvertiti preventivamente, nel caso in cui Israele decidesse di attaccare l'Iran per neutralizzarne le capacità nucleari”.(1) Menzogne, non c’è telefonata, di qua o di là dell’oceano, che non sia sotto il controllo dei servizi statunitensi.
“Netanyahu «è un bugiardo, non posso più vederlo», ha tuonato Sarkozy, secondo quanto si legge sul sito internet francese 'Arret sur images', che ha raccolto un fuori onda del G20. Parole a cui, sempre secondo il sito, Obama avrebbe risposto così: «Ti sei stufato di lui, pensa che io ci devo trattare tutti i giorni...”.(2)

E’questa la versione autentica? Non ci convince. Già nella questione libica il presidente lasciò trapelare che era defilato, trascinato nella mischia a malincuore, ma i suoi spietati droni furono decisivi. E’ noto che il popolo americano è stanco di tante guerre e occorre condurvelo con qualche trucco, di cui i dirigenti americani sono maestri. Netanyahu è senz’altro la testa di turco, ma chi tira i fili è oltre oceano. L’AIEA fornirà i pretesti. Il fatto che Israele abbia da 200 a 300 atomiche non tocca l’irreprensibile agenzia, tanto più che Israele non ha mai firmato il trattato per la non proliferazione. Tanto meno vengono controllati i grandi paesi, che hanno interi arsenali atomici. Sotto inchiesta vanno solo i paesi schedati, indicati dagli USA e dall’ONU, centrale di riciclaggio, dove gli ordini dell’imperialismo vengono ripuliti e trasformati in risoluzioni, tipo la 1973, che trasudano legalità e diritto, e conferiscono la licenza di massacrare la popolazione, specie se di colore e di condizione proletaria, di linciare gli avversari, e persino sodomizzarne i cadaveri (Gheddafi, suo malgrado, insegna: ha rinunciato all’atomica, ha investito i soldi libici nelle democrazie occidentali. Nessuno potrà fidarsi più dell’ONU, di Obama, Sarkozy, Cameron o... Berlusconi).

“Una 'armada volante' - forte di almeno 100 aerei da combattimento - e una pioggia di missili balistici Jericho sono gli strumenti a cui Israele potrebbe ricorrere per esorcizzare la minaccia nucleare iraniana, se l'opzione delle sanzioni dovesse rivelarsi ai suoi occhi inefficace.” Così l’Ansa. Ma la storia ci narra che l’Invencible Armada ha avuto un ben misero risultato, e che le offensive troppo sbandierate si risolvono spesso in boomerang. Non è da escludere neppure che Netanyahu, che delle guerre e delle tensioni ha bisogno come del pane, alla fine, piuttosto che rinunciare a tutto, invada ancora una volta Gaza e il Libano, col più frusto dei pretesti, e tutto “si risolva” con qualche migliaia di morti, per la maggior gloria della civiltà occidentale.

Se la guerra all’Iran non si facesse, non sarebbe certo per la volontà di pace di Sarkozy o di Obama. Vorrebbe dire che l’Iran ha raggiunto un livello di preparazione militare da rendere troppo pericoloso, per Israele e per le truppe americane in Asia, il colpo grosso.

I lavoratori contro la guerra

Quale che sia la scelta dell’imperialismo – la guerra o una pace altrettanto infame, si tratta sempre di sudore sfruttamento e sangue – i lavoratori, e i comunisti in particolare, devono avere le idee chiare su alcuni punti fondamentali.

1) Quello iraniano non è certo un regime progressista, il regime di Khomeini si è eretto sullo schiacciamento di una rivoluzione potenzialmente proletaria (sorsero gli Shoraz, ispirati ai soviet). Una cappa di piombo clericale, fatta di ipocrisia e repressione, grava sulla popolazione.

Ma questo non può giustificare in nessun modo l’aggressione imperialistica d’Israele e della Nato.

Un esempio storico aiuterà a chiarire: al tempo dell’invasione italiana in Etiopia, Trotsky, in una lettera al Segretariato Internazionale (17 luglio 1935) si schierò apertamente per il paese vittima dell’imperialismo, indipendente dal regime tutt’altro che progressista del Negus. Parlò di lotta contro l’imperialismo, piuttosto che contro il fascismo, per non lasciare nessun dubbio riguardo ad altri imperialismi, spesso complici con quello italiano, che vantavano lunghe tradizioni parlamentari, ma non erano certamente meno oppressivi verso i popoli coloniali.

Qualcuno potrebbe dire che anche l’Iran è un paese imperialista. Le velleità ci sono, ma oggi non è più possibile un imperialismo straccione come quello dell’Italietta di fine Ottocento. Oggi occorre un livello di produttività alto, una flotta e un’aviazione potenti, satelliti, portaerei. Neppure Inghilterra e Francia avrebbero avuto la vita facile in Libia, se non fossero stati aiutati dagli USA. Abbiamo una rete interimperialistica, che tuttavia non elimina le rivalità e le contraddizioni. Il caso più clamoroso è quello dell’imperialismo italiano, costretto a combattere in una coalizione che eliminava un regime ad esso favorevole, per aprire la via al predominio americano, francese e inglese, in altre parole, costretto a scavarsi la fossa con le proprie mani.

La guerra all’Iran, a parte il fatto che l’esplosione di centrali nucleari causata dall’attacco sarebbe un attentato a tutti gli esseri viventi per la pesante ricaduta della radioattività, potrebbe avere, o l’effetto di rinsaldare il regime, oppure di ridurre nuovamente l’Iran allo stato di colonia o semicolonia.

Nessuno s’illuda che dai “liberatori” dell’imperialismo possa venire un miglioramento per le sterminate masse povere dell’Iran. Al massimo, potranno avere elezioni parlamentari virtuali alla Karzai, nonché tutti i benefici di cui il capitale ci ha gratificato, soprattutto in questi ultimi decenni: licenziamenti, aumenti dei ritmi di lavoro, distruzione di ogni sicurezza sociale, persino di quella caritativa degli ayatollah.

2) Un altro problema che bisogna porre subito. L’attivismo militare di Netanyahu sta creando una catena d’odio contro gli ebrei, non solo nei paesi arabi. L’odio non va tanto per il sottile, non distingue il dirigente coinvolto nella guerra e nell’oppressione e il lavoratore pacifico che ha ascendenza ebraica. Dobbiamo stare attentissimi, denunciare ogni inammissibile confusione. Nazisti, fascisti, fanatici religiosi sono pronti a giocare con l’equivoco, pronti anche a servirsi di mascherature di sinistra. Dobbiamo invece evidenziare ogni protesta di ebrei contro il governo che pretende di parlare in loro nome, di agire su loro mandato, e intanto li trascina in una situazione senza uscita, che li rende invisi a buona parte della società. Gli ebrei hanno avuto un peso immenso nella storia del movimento operaio e della rivoluzione d’Ottobre in particolare. L’imperialismo d’Israele ha avuto una funzione particolarmente reazionaria, perché ha trascinato nel nazionalismo uno dei reparti più avanzati della rivoluzione mondiale. La denuncia di questo imperialismo è perciò una delle condizioni per la ripresa della lotta di classe a livello internazionale.

Siamo giunti a un punto cruciale: o una guerra, peggiore di quelle degli ultimi decenni, perché coinvolgerebbe impianti atomici, con dispersioni di radiazioni ben superiori a quelle di Chernobyl e di Fukushima. Senza contare il possibile blocco dello stretto di Hormuz, con l’interruzione del flusso del petrolio e le disastrose conseguenze sull’economia mondiale. O una sconfitta dell’imperialismo che renda impossibile la guerra, che potrebbe avere la forma di una protesta di massa o di una risoluta opposizione da parte di settori militari, consapevoli del pericolo che Israele stessa corre, a causa della politica avventuristica di Netanyahu.

9 novembre 2011

NOTE

1) “Iran: Usa temono Israele non li avverta prima di attacco”, ComeDonchisciotte, 6-11 2011.

2) “Obama e Sarkozy: ‘insopportabile Netanyahu’”di Redazione Contropiano, 07 Novembre 2011.

Michele Basso

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