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(13 Novembre 2011)
Il fallimento del governo Berlusconi si è consumato nel mezzo dello sconquasso della finanza italiana. La sua maggioranza si è sfaldata sotto il peso di due fattori principali.
a) Le mosse dell’oligarchia finanziaria internazionale e dei gruppi dominanti in Italia, che hanno la necessità di evitare il contagio della crisi del debito e di adottare misure antipopolari più rapide e profonde; pertanto hanno scaricato Berlusconi, ritenuto ormai inaffidabile e troppo debole.
b) La capacità di resistenza della classe operaia e delle masse popolari, che con le lotte sviluppate negli ultimi due anni hanno impedito il consolidamento di un regime reazionario, incrinato il blocco sociale di riferimento di Berlusconi, e fatto scendere ai minimi il consenso della maggioranza di governo.
Il movimento operaio con le sue lotte ha dato un importante contributo alla caduta di Berlusconi, ma non è stato determinante, a conferma del celebre motto di Marx: «Il proletariato o è rivoluzionario o non è».
Ciò a causa delle debolezze e dei limiti politici, ideologici e organizzativi esistenti, nonché per la grave responsabilità dei riformisti, che hanno scongiurato con ogni mezzo la spallata decisiva della classe operaia, preoccupati delle conseguenze. L’ultimo regalo a Berlusconi è il via libera al pacchetto di misure economiche urgenti, ennesimo capitolo del saccheggio sociale.
La fine del governo Berlusconi rappresenta un importante passaggio politico, che salutiamo con soddisfazione, ma non del berlusconismo, inteso come predominio della politica neoliberista.
Non dobbiamo farci alcuna illusione, e tanto meno immobilizzarci, perché il quadro che si sta formando sotto i nostri occhi è preoccupante.
Anzitutto, dobbiamo osservare che, mentre il paese è stato commissariato da UE-BCE-FMI, il governo e il parlamento sono stati commissariati da “re Giorgio” Napolitano, il quale - facendosi interprete dei diktat dell'oligarchia finanziaria - ha imposto tempi e modi per la soluzione della crisi di governo e della stessa discussione parlamentare per l'approvazione delle misure economiche.
Sia pure in una situazione di emergenza, si è prefigurato il passaggio ad una repubblica presidenziale, sintomo di un’ulteriore involuzione autoritaria del sistema borghese.
Con il prevedibile incarico a Monti, si avvicina la costituzione di un governo di quasi tutti i partiti della borghesia di destra e di "sinistra", che confermano di essere un unico partito del capitale quando si tratta di salvare la classe dominante da pericoli mortali o di difendere i suoi interessi fondamentali.
Il governo di “emergenza” che si va formando sotto la pressione dei “mercati finanziari” sarà egualmente, se non più, antipopolare di quello Berlusconi. Esso nasce sotto il segno di una chiara egemonia della borghesia imperialista.
Il pedigree del neoliberista Monti parla chiaro: per anni commissario della UE (nominato sia da Berlusconi, sia da D’Alema), presidente europeo della Trilateral Commission, membro del Gruppo Bilderberg, consulente della banca d’affari Goldman Sachs, centri del potere imperialista.
Il neo-senatore a vita è un rappresentante dell’oligarchia finanziaria, responsabile e beneficiaria della crisi. A differenza di Berlusconi, egli sostiene gli interessi strategici, complessivi e a lungo termine, del capitalismo monopolistico finanziario.
Il suo programma è la lettera di Trichet e Draghi, l’aumento a tutti i costi della competitività (vale a dire del maggiore sfruttamento degli operai), l’attacco agli interessi e ai diritti delle masse lavoratrici, l’allungamento dell’età lavorativa, il taglio delle pensioni, le privatizzazioni, i licenziamenti facili.
La graduale liquidazione delle libertà democratiche, così come la riduzione della sovranità nazionale e la colonizzazione economica, proseguiranno. Tutto ciò in nome del “governo della globalizzazione e della crisi” e dietro il paravento della “economia sociale di mercato”.
Sul piano internazionale, l’esecutivo in gestazione continuerà ad accettare la leadership dell’imperialismo USA, a gestire il suo rapporto con le altre potenze europee, perpetuando il ruolo dell’Italia quale trampolino geo-strategico e paese vassallo per le aggressioni nell’arco di crisi che va dal Nordafrica al Golfo Persico, all’Afghanistan.
Il governo che la borghesia imperialista vuole imporre avrà l’appoggio dei riformisti, dei partiti centristi legati al Vaticano e di buona parte dei reazionari del PdL (la caduta del “cavaliere” accelera i contrasti interni). Ma non avrà vasto sostegno nelle masse lavoratrici e questo sarà il suo punto debole.
In questa situazione i dirigenti riformisti e socialdemocratici si confermano nel ruolo di puntelli del capitalismo, che nel corso della crisi si spostano sempre più a destra. Costoro nascondono alle masse il carattere di classe del governo “tecnico”. Fondamentale sarà il ruolo di disciplinamento e controllo delle lotte che svolgeranno il PD e i vertici CGIL (che si sono espressi a favore del governo di emergenza Monti). Tuttavia ciò aprirà contraddizioni più profonde nella base e nel sindacato.
Il cambio di cavallo non risolverà la crisi, che è del capitalismo mondiale e dell’intera classe dominante. Nessuno dei problemi economici, politici, sociali, ambientali, culturali, che colpiscono le masse lavoratrici e i giovani sarà risolto. Al contrario si aggraveranno le condizioni di vita e di lavoro della maggioranza della società.
Dietro il declino del capitalismo italiano, dietro i problemi strutturali, che vengono da lontano e affliggono le masse lavoratrici, c'è tutta la borghesia sospinta dalla difesa dei propri privilegi e dall’inettitudine verso la sua stessa rovina.
In questa situazione ribadiamo la necessità della politica di fronte unico proletario. Abbiamo bisogno dell’unità, ma non dell’unità con i collaborazionisti e gli opportunisti. L’unica politica valida per mettere un argine e preparare la controffensiva sta nel favorire la saldatura e la riorganizzazione delle forze di classe in un fronte unico anticapitalista, che si esprima su un programma di difesa intransigente degli interessi degli sfruttati e si appoggi su organismi come i Comitati operai e popolari.
Su questa base va costruito un ampio fronte popolare, per unire attorno al proletariato le classi e gli strati sociali oppressi dall’oligarchia finanziaria.
Occorre dare impulso a una politica di fronte unito contro il neoliberismo e il social-liberismo, per non pagare la crisi e il debito, contro le spese militari e la politica di guerra, per l’uscita dalla UE e dalla NATO.
Il fronte da costruire è anzitutto un processo di unità politica della classe operaia e delle masse popolari, da forgiare nelle lotta contro la politica reazionaria della borghesia, per rovesciare la crisi sulla testa dei capitalisti, dei ricchi, dei parassiti.
Questa battaglia per l’unità politica deve condursi negli incontri, nelle discussioni con le differenti forze della sinistra e del sindacalismo di classe, ma soprattutto nelle lotte da condurre insieme contro qualsiasi governo borghese, sulle base delle esigenze politiche che condividiamo.
Si conferma esigenza vitale quella di lavorare per un’alternativa politica di rottura rivoluzionaria con questa politica e il sistema che la produce.
Il governo per cui dobbiamo lottare è il governo degli operai e degli altri lavoratori sfruttati. Un governo che espropri i monopoli capitalisti, requisisca le fortune dei parassiti, socializzi i principali mezzi di produzione e di scambio, favorisca il controllo e la vigilanza della classe operaia, demolisca l’oppressiva macchina borghese e dia ai lavoratori i diritti e le libertà che gli spettano. Un governo che sia funzione della lotta del proletariato per battere la borghesia, per affrettare la sua sconfitta definitiva.
Gli interessi di classe operaia stanno in un’uscita rivoluzionaria dalla crisi. L’Italia rinascerà, sarà un paese libero, prospero, rispettato ed ammirato, darà il suo contributo alla ricostruzione economica e sociale del mondo, solo col socialismo.
Ma senza Partito comunista, non si può realizzare il passaggio degli operai e di tutti gli sfruttati a posizioni rivoluzionarie, non si può dirigere la lotta verso una nuova società.
Volgere lo sguardo al futuro significa dunque concentrare l'attenzione sulla funzione del Partito comunista, strumento indispensabile per guidare il processo di emancipazione e liberazione delle masse sfruttate ed oppresse.
La ricostruzione di un'organizzazione politica di avanguardia della classe operaia, richiede oggi l'impegno attivo e diretto dei sinceri comunisti e dei migliori elementi del proletariato.
Lavoriamo insieme per mandare avanti questo processo, rompendo una volta per tutte con l’opportunismo e unificandoci sulla base dei principi marxisti-leninisti e dell’internazionalismo proletario!
11 novembre 2011
Piattaforma Comunista
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