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“alleanza democratica col pd” o prospettiva rivoluzionaria ?

Lettera aperta del PCL per i congressi del PRC

(14 Novembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.pclavoratori.it

Cari/e compagni/e,

nel portare i saluti al vostro congresso, vogliamo evitare finzioni diplomatiche. La nostra piena disponibilità alla più ampia unità d'azione con il PRC, la FDS, ed altri soggetti della sinistra sul terreno delle lotte e dei movimenti, non può far velo delle divergenze di fondo che separano i nostri partiti. Divergenze che il documento congressuale della vostra segreteria nazionale conferma in tutta la loro rilevanza.

IL BLUFF DI CHIANCIANO SULLA “SVOLTA A SINISTRA”

L'ultimo vostro Congresso a Chianciano annunciava formalmente “una svolta a sinistra”. Vi ritrovate qualche anno dopo a discutere la proposta di ”alleanza democratica col PD”, mentre proseguono le alleanze locali di governo col centrosinistra ( talvolta estese alla UDC, come in Liguria). E questo nel momento stesso in cui il nuovo governo di unità nazionale chiarisce una volta di più l'organicità del PD agli interessi di fondo dei capitalisti e dei banchieri.

Domanda: quale “alleanza” potrà mai esservi con un PD alfiere delle banche e garante di Confindustria? Quale alleanza “democratica” potrà esservi con un PD talmente “democratico” da votare la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, le missioni di guerra, gli accordi sindacali con Confindustria contro i diritti democratici coi lavoratori? La verità è che un partito liberale che sposa le ragioni dell'impresa, in questa fase storica di crisi, non può essere neppure “democratico”. Non più di quanto possano esserlo i capitalisti alla Marchionne o i banchieri alla Profumo. Del resto: non hanno insegnato nulla le esperienze di governo del centrosinistra?

INSIEME CONTRO MONTI, MA CON QUALE PROSPETTIVA?

Qualcuno dirà:”Ma il PRC oggi si oppone al governo Monti, e quindi al PD!” E' vero, ci mancherebbe altro. Ma in quale prospettiva si pone questa opposizione? Quando cadde il primo governo Berlusconi, a vantaggio del governo “tecnico” di Dini (95), il PRC di Bertinotti e Cossutta fece una secca opposizione. Ma la fece con l'unico scopo di rimuovere uno spiacevole ingombro sulla via dell'accordo col centrosinistra di Prodi: quello che col voto del PRC varò il Pacchetto Treu e i campi di detenzione contro i migranti. Se oggi l'opposizione a Monti convive con la prospettiva dell' alleanza democratica col PD, non si ripropone forse lo stesso scenario di allora?

Si obietterà:” Questa volta non vogliamo entrare nel governo!”. Ma neppure nel 96/98 il PRC entrò nel governo. Semplicemente l'accordo elettorale col centrosinistra implicava l'ingresso nella maggioranza, quindi la rimozione dell'opposizione. Oggi l'”alleanza democratica col PD” non implicherebbe forse la stessa prospettiva? Se il PRC si impegna a votare il candidato Premier del Centrosinistra, quindi il programma della coalizione, sarà inevitabilmente coinvolto nel sostegno esterno al governo. Diliberto l'ha detto con chiarezza:” In cambio di dieci deputati ci impegniamo a sostenere il governo per tutta la legislatura”. Salvi e Patta non sono certo da meno. E Paolo Ferrero- non a caso- non ha mai smentito gli alleati della Federazione della Sinistra. Naturalmente i deputati sono importanti. Ma se sono vincolati a sostenere un governo confindustriale, non diventano forse ostaggio e strumento dell'avversario, contro i lavoratori e le loro ragioni?

Qualche compagno “critico” si consolerà pensando che con la caduta di Berlusconi e il nuovo asse PD-UDC a sostegno di Monti molte carte si rimescoleranno, il PD scaricherà la FDS, l'alleanza democratica finirà nel dimenticatoio, e il PRC sarà “salvo”. In realtà non è affatto certo. Ma supponiamo sia vero. Che giudizio dare di un partito che dovesse sopravvivere grazie al fallimento della sua linea politica e congressuale? Ma soprattutto: che giudizio dare di una linea politica e congressuale che ripercorre lo stesso orizzonte fallito e fallimentare degli ultimi 15 anni, senza alcuna sensibilità alle lezioni drammatiche dell'esperienza? In altri termini: il problema è “salvare” un partito riformista dalla sua stessa politica, sperando nella buona sorte, o costruire un partito comunista su una politica di classe indipendente?

LA PROSPETTIVA POLITICA E LE LOTTE: COI LAVORATORI O COL PD?

Altri compagni diranno che questa critica è “politicista” perchè ignora quello che il partito fa e propone nelle lotte. E' vero l'inverso. Sappiamo bene che il PRC ha una presenza nei movimenti e nelle lotte, dove non a caso ci troviamo spesso fianco a fianco contro padroni e governo. Ma se le ragioni che si sostengono nelle lotte sono in contraddizione con la prospettiva politica che si persegue, non sono proprio quelle ragioni e i movimenti che le sostengono ad essere sacrificati e traditi? Non è forse questo che è accaduto nell'ultimo decennio quando il giusto sostegno al movimento “no global” nel nome di Carlo Giuliani si è tradotto nell'ingresso in un governo che ha promosso De Gennaro e ha votato le guerre? E se oggi si sta con gli operai contro Marchionne, ma poi si persegue un alleanza con i partiti di Marchionne , è forse questa una forma di sensibilità verso i lavoratori?
Per di più la prospettiva che si persegue ha una ricaduta decisiva sul presente: ciò che spiega la scelta pilatesca del PRC nell'ultimo congresso della CGIL, dove si è scelto di non sostenere la mozione della FIOM nel momento stesso del massimo scontro fra la Fiom da un lato e padroni ( e maggioranza CGIL) dall'altro. Oppure la rinuncia a proporre una svolta radicale e unificante del movimento di lotta, nel momento stesso in cui le burocrazie sindacali lo parcheggiavano sul binario della pura resistenza in ordine sparso o di pure azioni simboliche. La verità è che se la prospettiva è la ricomposizione del centrosinistra- inevitabilmente basato sulla concertazione- non si può andare al di là di una critica platonica della concertazione senza indicazione alternativa.

RIFORMISMO O RIVOLUZIONE: IN MEZZO AL GUADO NON SI PUO' STARE

Tutte le nostre divergenze riconducono a un nodo di fondo: il programma generale da perseguire.

Il capitalismo è fallito. Lo spazio riformistico si è da tempo esaurito. Il mito dei governi amici, democratici, progressisti, basati sulla collaborazione con la borghesia “buona” è travolto dall'esperienza dei fatti. Prodi, Obama, Zapatero, e i loro programmi antioperai sono eloquenti, contro tutte le illusioni seminate ogni volta a sinistra. L'alternativa storica di fondo è inequivocabile: o il rovesciamento rivoluzionario del capitalismo, o la distruzione progressiva di conquiste e diritti sociali. O il governo dei lavoratori o la dittatura sempre più spietata degli industriali e dei banchieri( sotto la guida o di governi reazionario populisti,o di governi di salvezza nazionale, o di governi liberali di centrosinistra).

Sinistra e Libertà ha fatto la sua scelta organica sul terreno della collaborazione di classe: al punto che la prospettiva di centrosinistra e le ambizioni di Vendola trascinano SEL verso l'appoggio vergognoso a Monti. Al polo opposto, il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) persegue apertamente la prospettiva della rivoluzione e del governo dei lavoratori: e per questo lavora in ogni lotta in diretta opposizione al centrosinistra, per una direzione alternativa del movimento operaio, per un programma apertamente anticapitalista.

Si tratta di due prospettive opposte ma chiare. La pretesa di uno spazio intermedio, quale rivendicato formalmente dal documento congressuale del vostro partito, ci pare invece esclusivamente letteraria. E finisce fatalmente per coprire l'adattamento “critico” al riformismo senza riforme. Come dimostra per l'appunto la proposta dell'alleanza democratica col PD, ma anche la pretesa di conciliare l'antagonismo di fabbrica col sostegno a Lavoro e Società; l'annullamento del debito pubblico con la “riforma” della BCE; l'antimperialismo con la difesa dell'ONU.

I COMUNISTI COL LORO PARTITO

In mezzo al guado non si può stare. Occorre scegliere. I gruppi dirigenti del PRC dopo 15 anni si sono rivelati incapaci di farlo. Ma lo possono fare i militanti comunisti del PRC. Non si può stare tutta la vita “criticamente” da militanti comunisti dentro un partito riformista, per di più a fronte di una grande crisi capitalista e di un livello di scontro storicamente nuovo. E' necessario costruire un partito rivoluzionario su basi indipendenti e su un programma comunista.

Il Partito comunista dei Lavoratori (PCL) è nato e si sviluppa su questo programma. Vogliamo unire i comunisti: ma non su un richiamo simbolico, o su un evocazione di sentimenti, suggestioni, nostalgie, che finiscono magari col confondere il comunismo con la Cina dei miliardari o col chavismo; ma su un programma di rivoluzione, di potere dei lavoratori, di alternativa socialista in Italia e nel mondo. Sul programma di Marx, di Lenin, di Trotsky. Su queste stesse basi lavorano e si sviluppano nel mondo i partiti del Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale, in Grecia come in Argentina, in opposizione alla socialdemocrazia , allo stalinismo, al nazionalismo populista.

La grande crisi sociale spinge ovunque una giovane generazione a cercare le vie della propria liberazione. Occorre darle ovunque un progetto cosciente e un riferimento rivoluzionario. Se non ora quando?

Partito Comunista dei Lavoratori

Fonte

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