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Fiat voluntas Pomigliani

Fiat voluntas Pomigliani

(19 Giugno 2010) Enzo Apicella
A Pomigliano ci si prepara al referendum truffa che dovrebbe sancire il ricatto padronale

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SENZA PIETA'!

La B.C.E dispone, Marchionne impone, Monti ratifica.

(24 Novembre 2011)

La B.C.E. dispone, Marchionne impone, Monti ratifica,
la politica approva, il sindacato ( diviso ) balbetta.
Quando si dice violenza…….

SENZA PIETÀ!

Dopo l’uscita da confindustria, la chiusura di Termini Imprese e di Irisbus, ecco la disdetta del contratto nazionale dei metalmeccanici. Non c’e’ niente da fare.
Il nuovo, acceso clima competitivo impone alla crisi Europea riforme del mercato del lavoro e del welfare, subito accolte e ratificate dal traghettatore Monti, giustificate trasversalmente dalla politica borghese e, seppur con sfumature diverse, dal panorama del sindacato di stato.
E’ nelle cose, e nella storia Fiat degli ultimi anni
Nell’ultimo decennio la produzione Fiat in Italia è scesa del 54%, mentre in Brasile aumentava del 95%, producendo 846.000 veicoli là contro i 711.000 qua.
Nei 7 anni del “comando” Marchionne, mentre in Cina la produzione auto è cresciuta di 5 volte, in Italia è scesa del 35%, aumentando del 97% in Polonia e del 55,6% in Brasile.
Le vere motivazioni di fondo di questa svolta annunciata Fiat vanno ricercate piu’ che nella modifica di assetti societari, nell’impetuosa crescita asiatica che impone, insieme all’attuale processo di concentrazione multinazionale, l’”eguaglianza al ribasso” dei nostri operai con quelli polacchi, brasiliani, cinesi.
E cosi’, mentre in Grecia si rinuncia al contratto nazionale, in Italia si estende il modello Pomigliano, “riformando” l’intero sistema di contrattazione.

Insomma, è uno scaricabarile, tra un mondo in trasformazione, le sue nuove regole dettate dai nuovi equilibri in formazione, e il tentativo dei blocco continentale Europeo di stargli al passo, riducendo poteri e decisionalità statuali ed imponendo ai governi la sovranità limitata ed adeguata al salvataggio della U.E..

• Infatti, la commissione ed il consiglio U.E., nel giugno 2010, prima ancora della famosa lettera B.C.E sulla “flexurity”, ci invitavano a “modernizzare i contratti sul modello Fiat”.
• Il nuovo governo Monti si inchina “ I cambiamenti che spero avvengano nel sistema aiuteranno la Fiat a confermare la posizione di sempre rispetto alle riforme”.
• Marchionne commosso, ringrazia ed incassa “ in Monti non potremmo avere un premier migliore”.

Mentre il cielo politico bipartisan applaude, il sindacato vuole “sporcarsi le mani, stare al gioco, pronto alla sfida”, con l’eccezione della filosoFiom massimalista ma impotente, incapace di mobilitare sul serio la categoria e fossilizzata sulla fallimentare strada delle azioni legali, dei tribunali, delle denunce.
Di fronte alla oggettiva possibilità di un terreno di lotta internazionale degli operai che difenda le comuni condizioni di vita e di lavoro, viviamo i tempi del logoramento operaio arrampicato sulle torri, incatenato ai cancelli, autoincarcerato sulle isole, incastrato in vertenze locali di difesa di fabbriche e lavoro spesso già chiuse e persi, dell’isolamento, della cassa integrazione, della precarizzazione, della disoccupazione.

La vita degli operai torna ad essere schiavitu’, legata mani e piedi ai cicli di mercato, al comando militarizzato in fabbrica, all’insicurezza del futuro.
Questa scarnificazione dei rapporti sociali, questa ritrovata violenza dei rapporti di classe, questo uniforme panorama sociale e politico antioperaio può provocare una presa di coscienza anche in questa situazione di difficoltà.
Può far comprendere che non è piu’ possibile delegare a sindacati e politici venduti le sorti della propria esistenza, che invece va ripresa nelle proprie mani.
La crisi schiarisce le idee e spazza via ogni illusione: alla lotta di classe dei padroni contro gli operai si deve rispondere con la lotta di classe degli operai contro i padroni!
Alla loro violenza, con la nostra forza.
Al loro tentativo di riorganizzarsi, con la nostra organizzazione.
Smettiamo di “rappresentare il conflitto”, di simularlo.
Facciamo presto, e sul serio!

D’altra parte, senza una battaglia, ed un’organizzazione politica, che comprenda le cause ultime di questa situazione, che sappia leggere e contrastare i progetti generali della “riforma” capitalistica, che sappia stilare un programma internazionale di lotta contro la planetizzazione di mercato, che dia parole d’ordine semplici, chiare, unificanti e praticabili, si rischia la rotta, la dispersione, il passo indietro secolare.

I padroni , impegnati a salvare il loro sistema in crisi,
ce ne vogliono far pagare il prezzo.
Non possono avere pietà di noi, come noi di loro!

comunisti per l’organizzazione di classe
C O M B A T
( commissione lavoro )

Fonte

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