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(6 Gennaio 2011) Enzo Apicella
La Borsa premia il ricatto di Marchionne

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Il piano Marchionne riguarda tutti

Tutti dobbiamo unirci per respingerlo

(4 Dicembre 2011)

Avendo disdettato in questi giorni, cioè avendo fatto diventare carta straccia, ogni tipo di contratto collettivo in vigore in Fiat, il suo amministratore delegato, Sergio Marchionne, in appena un anno e mezzo ha esteso a tutto il gruppo Fiat quanto aveva già estorto col ricatto, prima agli operai di Pomigliano e poi a quelli di Mirafiori e dell’ex-Bertone, complici i sindacati Cisl-Uil-Fismic, il governo Berlusconi, l’ “opposizione” di centro-sinistra. E con la benedizione dell’allora “professor” Monti, che magari già si stava scaldando per entrare in campo.

L'obiettivo di Marchionne era chiaro fin dall'inizio, puntava dritto a instaurare un unico orizzonte possibile, quello della dittatura padronale, la cui posta in gioco era ed è: strappare agli operai ogni difesa e ogni tutela individuale e collettiva, eliminando la presenza di qualsiasi sindacato che non sia complice dell’azienda; sprofondare nella miseria più nera migliaia di lavoratori con la chiusura di fabbriche: a Imola (Bologna) nel settore trattori, a Termini Imerese (Palermo) nel settore auto, a Flumeri (Avellino) nel settore autobus.

Questo, mentre il neo-ministro del lavoro (professoressa Fornero, donna di Confindustria) progetta di affibbiarci mazzate sulle pensioni. E, di fronte all’incombenza di stabilimenti delle Partecipazioni Statali minacciati di smantellamento, come il cantiere navale di Sestri Ponente (Genova) e la fabbrica di materiale rotabile ferroviario di Pistoia, il neo-ministro per le attività produttive, il banchiere Passera, si è perfino rifiutato di ricevere una delegazione dei trecento operai pistoiesi, andati a manifestare a Roma. Un vero governo dei poteri forti!

Gli accordi-diktat, da Pomigliano in poi, impongono agli operai Fiat coinvolti una condizione complessiva di lavoro che non è altro che di moderna schiavitù: riduzione del 25% delle pause; fino a 18 turni settimanali di lavoro; pausa mensa spostata a fine turno per poterla far saltare in caso si debbano recuperare ritardi di produzione; aumento degli straordinari obbligatori da 40 a 120 ore all’anno; adozione di sistemi produttivi finalizzati all’intensificazione feroce dei ritmi di lavoro; non pagamento delle prime 3 giornate di malattia; sanzioni fino al licenziamento in caso di partecipazione a iniziative di sciopero tese a contestare quanto sancito dagli accordi-capestro; espulsione dalla fabbrica non solo dei sindacati di base, del resto mai ammessi interamente, ma anche della Fiom, se non firmataria di quegli accordi; ecc., ecc.

Quanto accade oggi in Fiat avrà ripercussioni su tutto il mondo del lavoro, pubblico e privato, in particolare sull’indotto-auto, da cui il modello Marchionne pretende di rifornirsi a prezzi stracciati. Per questo quel modello (che alla Magna di Guasticce ha già provocato un accordo che ha imposto agli operai e regalato all’azienda 7 minuti in più di tempo di lavoro per turno) va contrastato decisamente su ogni piano (sindacale, politico, sociale, culturale), per impedire che diventi una dittatura spietata sul sistema complessivo delle relazioni sindacali.

Mentre dev’essere respinto il diktat della Fiat, devono anche essere aboliti l'articolo 8 della manovra finanziaria del 13 agosto (che permette agli accordi aziendali di cancellare i contratti nazionali e le leggi in materia di lavoro) e l’accordo interconfederale Cgil-Cisl-Uil-Confindustria del 28 giugno (che prevede che gli accordi aziendali possano peggiorare i contratti nazionali e raffreddare e sospendere l’esercizio del diritto di sciopero).

Senza quell'articolo 8 e quell’accordo interconfederale, di per sé letali per il diritto sindacale e del lavoro, perché hanno calpestato ogni certezza in materia di diritti nel rapporto di lavoro, l’ultima operazione liberticida di un Marchionne sempre più accolto a braccia aperte dai suoi compari in prodezze sindacali (Cisl, Uil e Fismic) avrebbe forse trovato qualche difficoltà a esprimersi con tanta baldanza e prepotenza.

A questo punto diventa necessario mobilitarsi a tamburo battente contro il piano Marchionne e intanto estendere almeno a tutto l’indotto-auto le 2 ore di sciopero con assemblea che la Fiom nazionale ha proclamato per il gruppo Fiat, la cui NAZIONALIZZAZIONE potrebbe essere un obiettivo decisivo nella situazione di oggi. Tra l’altro, offrirebbe all’uomo dal maglioncino di cascemir l’occasione di acquistare un biglietto di sola andata verso la Svizzera o gli USA, a suo piacimento!!!

COBAS PUBBLICO IMPIEGO

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