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(13 Maggio 2012) Enzo Apicella

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“Tecnica” o “politica” è dittatura borghese contro la classe lavoratrice

(7 Dicembre 2011)

Il bene del paese, inteso come bene dei cittadini, al di sopra delle classi, è una mistificazione: esso è sempre e solo il bene dei profitti di industrie e banche, è il bene del Capitale e della classe che ne ha il possesso, la borghesia.

Tutto il regime borghese martella ogni giorno che dal buon andamento dell’economia nazionale dipenderebbe la vita dei lavoratori perché altra società non può esistere se non questa, fondata sul Capitale; i lavoratori perciò non avrebbero alternativa e devono essere disposti ad ogni sacrificio. “O capitalismo o morte” è il dogma della borghesia. Lavoratori e borghesi sono sulla stessa barca, ripetono i megafoni del regime.

A tenere incatenata la classe lavoratrice con questa ideologia reazionaria sono, più che i partiti apertamente padronali, quelli della cosiddetta “sinistra”, sia “moderata” sia “radicale”.

Questi partiti illudono i lavoratori che nel capitalismo sia possibile raggiungere benessere ed equità sociale, conciliando gli interessi delle opposte classi: basterebbe applicare un diverso modello di sviluppo. Affermano che il nemico da combattere non è il capitalismo ma un suo particolare modello: il liberismo. Sostengono che la causa della crisi è la disuguaglianza sociale, e che dunque riducendola il capitalismo ne uscirebbe equo, sano e salvo.

Questo è falso. Il capitalismo è fondato sulla disuguaglianza fra chi possiede solo la propria forza lavoro, e la deve vendere in cambio di un salario per vivere, e chi possiede il Capitale, e compra questa forza lavoro al fine di accrescerlo: è una società divisa in classi.

Il divario fra le condizioni dei lavoratori e quelle della borghesia non è eliminabile. La miseria del proletariato cresce quanto più il capitale si ammoderna e si perfeziona. Ma questa miseria non è dovuta ad un nuovo tipo di capitalismo, è conseguenza del suo corso naturale, non modificabile e di sempre.

Quando l’economia cresce, come ad esempio nel secondo dopoguerra, e i profitti sono enormi, la borghesia è disposta a concederne alcune briciole ai lavoratori, pagate con super-sfruttamento, perché questo è utile a realizzare profitti ancor maggiori. Ma nel capitalismo la crisi è inevitabile! Le sue cause sono la sovrapproduzione e il calo del saggio del profitto, malattia incurabile e degenerativa del Capitale.

Nella crisi diviene evidente che gli interessi dei lavoratori sono inconciliabili con quelli del Capitale, della borghesia, del cosiddetto “bene del paese”. Ciò che è un bene per il Capitale è irrimediabilmente dannoso per i lavoratori, e viceversa.

La borghesia, per cercare di tener in piedi la sua economia e rimandare il suo crollo, ha una strada obbligata: aumentare lo sfruttamento della classe lavoratrice.

Questo è quanto stanno facendo i governi di tutti i paesi, tutti nella stessa crisi: dall’Inghilterra alla Grecia, dalla Germania alla Francia, all’Italia, al Nord e Sudamerica, alla Cina... Si adottano provvedimenti riducibili ad un’unica misura, la riduzione del salario complessivo della classe lavoratrice: si taglia il salario diretto (quello in busta paga), indiretto (i servizi sociali), differito (la pensione). Anche l’aumento della disoccupazione riduce il salario complessivo percepito della classe lavoratrice: con un salario sono di più le bocche da sfamare.

Questo attacco è condotto in tutti i paesi a prescindere dal colore del governo: è la dimostrazione di come la contrapposizione fra “destra” e “sinistra” sia fasulla. Chi accetta il Capitale deve obbedire alle sue leggi e rinnegare ogni bel discorso sui “modelli di sviluppo”.

Il governo Monti è un nuovo governo del Capitale. I suoi obiettivi sono in perfetta continuità con quelli del governo precedente: piena libertà di licenziamento per le imprese (camuffata con la formula dell’annullamento delle differenze fra lavoratori stabili e precari), appoggio al padronato nella battaglia per la distruzione del contratto nazionale di lavoro, accelerazione del processo d’innalzamento dell’età pensionabile, proseguimento delle missioni militari all’estero, aumento della tassazione dei salariati.

Ciò che differenzia questo governo è che può attaccare i lavoratori più a fondo del precedente perché ha di fronte una classe operaia disarmata dalla “sinistra”, moderata e radicale, che per 17 anni ha indicato quale suo nemico solo il Berlusconi, la cui colpa sarebbe stata quella di badare ai propri interessi invece che a quelli “del paese”. Questo, vero o meno, non era certo un problema dei lavoratori, ma della borghesia!

Banchieri e industriali, invece, si sono ben volentieri serviti per 15 anni della maschera del “pagliaccio” affinché la rabbia dei lavoratori fosse deviata solo contro di lui e non contro il loro intero regime di classe.

La borghesia italiana è tanto vile e corrotta quanto maestra nel cambiare tutto affinché nulla cambi: dopo anni di onorato servizio, il burattino Berlusconi è stato licenziato dal vero padrone, il grande Capitale, industriale e finanziario, nazionale e internazionale, perché adesso serve la faccia seria di un Monti per far ingoiare sacrifici ancora più duri alla classe lavoratrice.

La macchina di potere del grande Capitale è il suo Stato, che sopravvive immutato ad ogni governo. Il teatrino parlamentare è tenuto in vita solo perché è utile per nascondere ai lavoratori la vera natura dittatoriale e di classe del regime borghese.

Sia che i lavoratori si illudano che per difendere i propri interessi serva un cambio di maggioranza parlamentare, votando a destra o a sinistra, sia che diano la colpa delle loro condizioni all’intera casta dei politicanti, in ogni caso è il dominio di classe del grande Capitale a uscirne rafforzato, perché può presentare ai lavoratori le false alternative: governo “tecnico”, di una maggioranza “diversa”, o, domani, un’aperta dittatura a parlamento chiuso e casta licenziata.

Il fatto che il governo Monti sia sostenuto da tutto l’arco parlamentare, in attesa di rientrare nel prossimo baraccone elettorale, come da tutte le principali forze politiche e sociali, primi fra tutti i sindacati confederali, è l’ulteriore dimostrazione che le differenze tra i vari partiti borghesi sono solo apparenza perché le varie bande di politicanti, in competizione per i loro affari di bottega, sono tutte al servizio del Capitale. Anche la fasulla opposizione al governo Monti della Lega Nord e della “sinistra” estraparlamentare è utile alla borghesia per confondere la classe operaia.

La vera contrapposizione può essere solo fra chi difende il capitalismo e chi lotta per il suo abbattimento: il comunismo rivoluzionario.

Il marxismo spiega, su basi scientifiche, che il capitalismo stesso da oltre un secolo ha creato le condizioni materiali per il suo superamento. Il Capitale, nella ricerca affannosa del profitto, ha condotto a uno sviluppo tale delle forze produttive che permetterebbe di soddisfare tutti i bisogni dell’umanità con poche ore di lavoro medio giornaliero per individuo. Ma questa forza è allo stesso tempo il suo limite e la sua condanna. Organizzare la produzione secondo un piano razionale, finalizzato solo a soddisfare i bisogni dell’uomo, è impossibile finché essa è subordinata al mercato e al profitto.

Emancipare il lavoro dal Capitale, abolire il lavoro salariato, è il fulcro del programma rivoluzionario comunista ed è la sola alternativa alla miseria del capitalismo.

Come con la formula propagandistica del bene del paese si camuffa il profitto del Capitale, così dietro al mito della democrazia si nasconde la dittatura della borghesia. Ad essere sovrano nel capitalismo non è il popolo, tutti i cittadini al di sopra delle le classi, come recita l’ideologia democratica, ma il Capitale, nazionale e internazionale. Lottare per una vera democrazia è un controsenso quanto lottare per un capitalismo più equo.

La sola politica della classe lavoratrice, fintantoché il potere è in mano alla borghesia, è la rivoluzione, per conquistare il potere e imporre la sua dittatura sulla borghesia, unico mezzo per liberare la società dal Capitale e far uscire l’umanità dalla preistoria delle società divise in classi.

La prospettiva del superamento del capitalismo, per quanto possa apparire ancora lontana, è necessaria anche per poter condurre, in particolare nella presente situazione di crisi economica, lotte efficaci per la difesa immediata dei lavoratori. Oggi, infatti, la difesa della classe lavoratrice non può avvenire che contro l’interesse nazionale, cioè del capitale.

La classe operaia ha una sola possibilità per difendersi: rispondere all’offensiva borghese attaccando, senza remore, il capitalismo, organizzando veri e potenti scioperi che mettano in ginocchio “il paese”, ossia l’industria e la finanza.

Su questa strada i lavoratori devono dotarsi dei loro organi di combattimento ricostruendo un vero sindacato di classe, fuori e contro i sindacati dei regime (Cgil, Cisl, Uil, Ugl), e militando le loro avanguardie nel Partito Comunista Internazionale.

Partito Comunista Internazionale

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