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Siria, razan ghazzawi resta in carcere

Si moltiplicano le campagne telematiche per la liberazione della blogger e attivista siriana arrestata cinque giorni fa. Ma queste iniziative rischiano aggravare la sua situazione.

(9 Dicembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Siria, razan ghazzawi resta in carcere

foto: nena-news.globalist.it

GIORGIA GRIFONI

Roma, 9 dicembre 2011, Nena News. Razan Ghazzawi, la blogger siriana arrestata la sera di domenica 4 dicembre mentre cercava di entrare in Giordania per presenziare a un incontro sulla libertà di stampa nel mondo arabo, si trova ora nella prigione di Adra, alla periferia nord-est di Damasco. “Un paradiso” in confronto ad altri centri di detenzione (come quelli dei servizi di sicurezza di Kafr Souseh e Mezzeh, per non parlare della prigione degli orrori di Tadmur), come ha lei stessa affermato sul suo blog Razaniyyat riguardo alla liberazione del blogger siriano Hussein Ghrer per il quale si era esposta in prima persona. Ad Adra ci vanno ufficialmente i prigionieri “civili” assieme a quelli politici, e non sembra essere, almeno a detta dei rivoluzionari e degli attivisti che ci sono stati, un luogo troppo oscuro. Si possono ricevere visite, ordinare del cibo, fare telefonate. E farsi coraggio a vicenda.

Il regime “mostruoso e criminale” di cui parla nel suo blog, aperto nel 2009, ci ha messo un po’ ad arrestarla, considerando che è una delle pochissime attiviste arabe della rete che firma con il proprio nome. La sua identità era di pubblico dominio, come le sue idee. Femminista, rivoluzionaria, laica. Per una libera sessualità, forse lesbica, che addirittura definisce se stessa “transgender”. In difesa delle minoranze senza diritti, siano essi curdi, palestinesi od omosessuali. Un calderone esplosivo che non ne ha fatto, però, la nemica numero uno di Bashar. Il tag “syrian regime” arricchisce i suoi post dalla metà di luglio, non dall’inizio delle rivolte o anche prima. Ma ora l’occhio di Damasco si è posato su di lei. E, a forza di appelli e di petizioni per liberarla, rischia di rimanere un bel po’ in carcere.

Seguendo i tweet di sua sorella @NadineGhazzawi, si nota un cambio di rotta nella pubblicazione delle notizie su Razan. La blogosfera vuole conoscere le sorti di un’attivista incarcerata, certo, ma dagli ultimi tweet, specialmente dalle raccomandazioni dell’ attivista per i diritti umani e media nel mondo arabo Fadi al-Qadi, si evince che le notizie che cinguettano sul web possano fare più male che bene. “Nadim, se Nadine ti contatta, dille di usare DM (direct message) e di non postare le informazioni pubblicamente su Twitter”. Questo è stato chiesto alla sorella di Razan dopo che aveva tweettato per filo e per segno i movimenti della blogger: dal luogo della prima detenzione (la prigione di Daraa), alla richiesta pubblica per chiunque avesse le chiavi d’accesso dell’account Twitter e del blog di Razan di chiuderli immediatamente, affinchè sua sorella possa uscire prima di prigione. Dalla smentita sul fatto che la famiglia voglia scappare dalla Siria alle informazioni sull’avvocato –“mio padre le ha preso uno dei migliori avvocati del paese”- sul cambio di prigione, sul giorno dell’udienza (domani, 10 dicembre) e sulle previsioni dell’avvocato: “non uscirà prima di due mesi”.

Difficile capire se le petizioni di Avaz, come gli appelli su tutti i social network, siano funzionali al rilascio immediato di un attivista scomodo per un regime. Secondo Salwa, giornalista, “quando partono queste campagne, le autorità si convincono di aver preso un pezzo grosso e sostanzialmente la prova che la persona arrestata ha tramato contro il regime. Conosco un paio di blogger le cui famiglie e amici hanno supplicato gli altri cyber-attivisti di chiudere quelle pagine”. Perchè ci vuole più tempo per liberarle. Ma come quasi tutti i blogger, Razan stessa è decisamente a favore delle campagne, come testimonia un suo tweet precedente all’arresto: “Se mi dovesse succedere qualcosa, sappiate che il regime non ha paura dei prigionieri, ma di quelli che non li dimenticano”. Nena News

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