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Grazie Londra

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(27 Marzo 2011) Enzo Apicella
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(Lotte operaie nella crisi)

Non c’è crisi per gli azionisti e i padroni farabutti!

dalla Francia

(12 Dicembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

Non tutti hanno le lacrime agli occhi, come la ministra del lavoro italiana, nell’annunciare i sacrifici per i lavoratori. I grandi padroni, per incrementare i dividendi degli azionisti, moltiplicano gioiosamente le « ristrutturazioni » e le altre operazioni di liquidazione, destinate a subappaltare i licenziamenti e a intensificare lo sfruttamento di quelli che rimangono.
Lunedì 5 dicembre, i lavoratori di diversi stabilimenti d’Arkema (industria chimica) hanno manifestato la loro collera di fronte alla sede del gruppo, a Colombes nella regione parigina. La direzione si vuole sbarazzare della fabbricazione del polivinilcloruro, che occupa un terzo dei 6.500 posti di lavoro dislocati in Francia. Non solo dà il « polo vinilico », ma offre 96 milioni di euro al sedicente « rilevatore » Klesch, un signore la cui specialità è di ricomprare fabbriche per smembrarle, vendere le macchine e il terreno, dopo aver licenziato al minimo costo i salariati. Quanto a quelli che resteranno nell’impresa, Arkema intende ottenere da loro una redditività dal 16 al 18 %!
Da Honeywell a Condé/Noireau (Calvados), da Fralib a Gémenos (Bouches-du-Rhône), questo genere di storie si moltiplica in tutte le regioni del paese.

Non vedono, non sanno...

Il grande padronato licenzia, direttamente o tramite prestanomi o filiali, ma fa di tutto per nasconderlo. Così, Peugeot-Citroën si vanta di sopprimere 6.800 posti senza licenziare. Tripla menzogna. Perché, per l’interinario il cui contratto non è rinnovato, per il prestatore di servizi il cui padrone non ha altri posti da proporre che una missione presso PSA (Peugeot-Citroën), dov’è la differenza? In ogni caso, è un semplice passaggio per gli uffici del Polo Impiego. Quanto ai lavoratori con contratto a tempo indeterminato, se le promesse di riclassificazione o di formazione bidone per un’ipotetica riconversione non bastano, questo non impedirà alla direzione di cercare di cacciarli via con tutti i mezzi, compreso il licenziamento.

La demolizione di posti di lavoro da parte dello stato padrone

Non c’è da stupirsi, allora, che il numero dei disoccupati di tutte le categorie aumenti, come dimostrano le statistiche pubblicate la settimana scorsa. Lo stato padrone non è l’ultimo a scavare la voragine della disoccupazione : non rimpiazzando uno statale su due quando va in pensione, priva del posto di lavoro intere fasce di giovani. Il piano dei 100.000 posti distrutti in dieci anni nella Pubblica Istruzione è appena giunto a conclusione, che il ministro Luc Chatel fa sapere di progettarne un altro per il prossimo rientro dalle vacanze.

Dicono «combattere» la crisi... mentre la fanno precipitare!

Il peggio deve ancora venire, sul modello del piano inglese: 710.000 posti di lavoro pubblici in meno, amputazione delle pensioni di 200 euro e aumento di altrettanto dei contributi, pensione a 67 anni invece di 60. ecc.
Simili piani non frenano la crisi, ma l’accelerano! In Grecia, l’applicazione dei piani successivi, aggravando la disoccupazione, ha così aumentato il debito! Lo stato ha in effetti perduto entrate e ha dovuto indebitarsi ulteriormente per chiudere il bilancio... il che giustifica le misure di austerità successive.
Quanto ai padroni, utilizzano la crisi per distruggere i diritti che i salariati hanno conquistato al prezzo di anni, di decenni di lotte.

Inglesi, Belgi, Greci, Portoghesi… tutti in piazza !

La settimana scorsa, due milioni di lavoratori britannici del settore pubblico hanno gridato la loro collera.
Due giorni dopo, 80.000 loro colleghi belgi hanno fatto altrettanto, preceduti da uno sciopero generale di un giorno, la vigilia in Grecia, la settimana prima in Portogallo. Ci mostrano la via attraverso cui trovare la soluzione. Le lotte.
Di destra o di sinistra, la spirale infernale dei piani d’austerità non resisterà a un movimento generale dei lavoratori del paese, e di tutti i paesi. Ragione in più per non farsi isolare impresa per impresa, ma per cominciare a cercare sistematicamente di rispondere insieme a i brutti colpi, ben oltre l’unica giornata di mobilitazione del 13 dicembre.

Editoriale del bollettino di fabbrica "l’Etincelle" pubblicato dalla frazione di minoranza di Lutte Ouvrière - 5 dicembre 2011

http://www.convergencesrevolutionnaires.org

traduzione di Michele Basso

Convergences Révolutionnaires

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