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Partito della fermezza, pesci in barile e paraculi

A proposito di guerra, ostaggi e manifestazioni

(28 Aprile 2004)

Dopo le scontate dichiarazioni del triciclo, il primo a pronunciarsi è stato Bertinotti, opportunamente invitato da Vespa. Con i terroristi non si tratta. Egli è arrivato a consigliare (come fece Ulisse con gli amici) al governo di tapparsi le orecchie per non ascoltare le sirene dei terroristi. Dunque nessuna manifestazione entro il 30 aprile.

Il secondo è stato Bernocchi. Ritenendo la richiesta del gruppo iracheno paradossale e inquietante, anche per lui la manifestazione entro il 30 aprile non va fatta, perché (accipicchia!) noi le manifestazioni le abbiamo sempre fatte e non ce le facciamo dettare da nessuno: quindi si va al primo maggio.

Chiunque abbia un briciolo di intelligenza politica capisce i motivi opportunistici che hanno portato Bertinotti e Bernocchi a bloccare qualsiasi mobilitazione "specifica". Bertinotti aspetta che l´Europa, vestita Onu, rientri nel gioco iracheno e quindi non può, in quanto terminale di sinistra di Prodi, consentire precipitazioni non controllabili. Il povero Bernocchi vive delle elemosine del "social forum" e quindi non può permettersi strappi.

Stupefacenti invece sono i vari pesci in barile e paraculi che vivacchiano all´ombra di Bertinotti e di Bernocchi. Pur sapendo cosa significano le prese di posizioni dei due dirigenti, non solo non hanno mosso loro una critica, ma si sono scatenati a trovare ogni sorta di motivazione ultrasinistra per aderire al partito della fermezza. Ne scegliamo alcune: si va tutti a Melfi; gli iracheni hanno moderato le loro richieste perché non hanno chiesto il ritiro delle truppe; ci sono giochi di potere tra le varie fazioni della resistenza; la manifestazione è ormai stata indetta a Roma dai familiari degli ostaggi e ha un carattere solo umanitario; è giusto che ammazzino gli ostaggi perché sono mercenari.

Avevamo da tempo intuito che una buona maggioranza della sinistra antagonista si è arrotolata su una linea di disimpegno e di adesione di fatto alle linee della sinistra istituzionale, dietro il paravento di una retorica reducista impudente quanto patetica. Sotto questo profilo, la linea è una sola, sebbene essa sia frantumata in un centinaio di rivoli che corrono divisi unicamente per grette ragioni identitarie o di mediocre leaderismo strapaesano. Torneremo in altra sede su questo argomento. Ora, ci preme sulla vicenda irachena mettere in chiaro alcune cose, perché anche sulla cronaca si sta cercando di cambiare le carte in tavola.

Il governo Berlusconi per circa venti giorni ha riempito giornali e tv con le immagini dei poveri ostaggi sperando di poterli liberare e così rafforzare la sua campagna elettorale. Improvvisamente, dal gruppo che tiene prigionieri i mercenari italiani arriva un messaggio, il cui scopo principale è quello di discreditare il governo italiano. Apertis verbis, si dice: noi non abbiamo trattato e non trattiamo con questo governo che occupa militarmente l´Iraq a scopo di rapina e quindi voi italiani non fate affidamento su di esso. Il messaggio viene echeggiato da tutti i resistenti iracheni, anche da parte di quelli che lottano a viso aperto alla testa di milioni di persone: insomma è a tutta evidenza un messaggio della "resistenza irachena" e non di un gruppo di terroristi.

A quest´ultimo proposito bisogna fare una precisazione, poiché si insiste con il definire terrorista chi userebbe gli ostaggi in modo ricattatorio. La facciamo in base alla Convenzione di Ginevra, che certamente impone il rispetto dei prigionieri di guerra. La resistenza irachena però ha ancora una volta precisato nel suo messaggio (e ciò non può essere smentito) che i tre italiani prigionieri non sono soldati regolari, bensì individui mercenari che avevano approfittato del loro apparente ruolo di civili per compiere proditoriamente operazioni di spionaggio e di killeraggio. Tuttavia, i resistenti, mostrando magnanimità, si rendono disposti a liberare i tre mercenari, ma non perché lo chiede o lo impone l´esercito occupante o il suo governo. La condizione per la loro liberazione è una manifestazione entro cinque giorni contro il governo Berlusconi e solidale con la resistenza irachena. Semplicissimo! Berlusconi l´ha capito, Bernocchi -ritenendosi improvvisamente e inopinatamente l´avanguardia del movimento antimperialista mondiale- la interpretata invece come un affronto. Voi "piccoli resistenti iracheni" volete insegnare a noi come si fa!?

Evidentemente, siamo al delirio tremens dell´onni-impotenza. Lo spiega molto bene Fabozzi nel suo articolo sul Manifesto, ma lo spiega benissimo persino la Morgantini. Sarebbe puerile pensare che gli autori dell´appello non sapessero che in Italia non ci siano state reiterate e grandiosi manifestazioni per il ritiro delle truppe (Bernocchi diceva appena qualche mese fa che queste manifestazioni erano state rese possibili proprio dalla tenace ed eroica resistenza armata irachena). Altrettanto puerile quindi sarebbe stato da parte degli iracheni cercare di ricattare il movimento contro la guerra. Si tratta invece di un tentativo che, mentre delegittima il governo Berlusconi, stabilisce un ponte diretto con due soggetti. Ai familiari (e a tutti quelli che hanno la stessa ideologia dei familiari) dice: noi vi restituiamo i tre prigionieri se voi scendete in piazza contro il vostro governo e solidarizzate con la nostra causa. Al movimento contro la guerra dice: apriamo un dialogo.

Il governo Berlusconi, temendo la frana che poteva assumere le dimensioni di quella spagnola, ha fatto appello a tutte le forze di opposizioni a non strumentalizzare il messaggio. Un eventuale manifestazione di piazza questa volta avrebbe aggiunto ai "pacifisti" anche settori di gente che ancora legittimano l´aggressione neocoloniale. E Bertinotti, con raddoppiata durezza pacifista (salvo a chiedere in Iraq la presenza delle truppe francesi) contro i terroristi, è andato subito in soccorso. Che si tratti di soccorso è dimostrato dalla sua dichiarazione dopo che si è saputo della manifestazione del 29 aprile: si può andare a questa manifestazione -egli ha detto- a patto che resti umanitaria. Come a dire: non mi turba che la gente scenda in piazza e sarebbe anche meglio scendere solo per sostenere la liberazione degli ostaggi; mi turba che si scenda in piazza contro il governo per il ritiro delle truppe. Spieghiamo meglio ai pesci in barile: se Bertinotti avesse sul serio voluto respingere i ricatto dei terroristi, avrebbe dovuto sostenere l´assoluta non partecipazione alla manifestazione del 29 aprile, giacchè questa -a tutta evidenza- è stata indetta su appello non dei genitori ma del cosiddetti terroristi. Egli invece, quando ha capito che c´è la possibilità di stemperare la manifestazione in termini umanitari, si è subito affrettato a dire: andiamo a stemperare. In sintesi, il problema non è quello di fare o meno una manifestazione su invito dei "terroristi", ma quello di evitare che una manifestazione politica faccia precipitare gli equilibri per una soluzione timbrata Onu.

Questo è il partito della fermezza e al riguardo solo un imbecille può menare dubbi. Contro di esso, la sinistra antagonista avrebbe dovuto scendere in piazza. Ma ha opposto i soliti pretesti estremistici. Che si tratti di pretesti questa volta è dimostrato, senza possibilità di smentite, da un´omissione clamorosa: nessun sinistro ha criticato il partito della fermezza!!! E tutto questo si svolge mentre su Falluja e Najaf si sta scatenando l´inferno.

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