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Primavera araba: dove a fare informazione, si rischia la vita

Pubblicati i nuovi dati di Reporters without Borders: sui 10 luoghi più pericolosi per i giornalisti nel 2011, 4 si trovano in Medio Oriente e sono stati teatro di manifestazioni, scontri e rivolte.

(27 Dicembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Primavera araba: dove a fare informazione, si rischia la vita

foto: nena-news.globalist.it

BARBARA ANTONELLI

Roma, 27 dicembre 2011, Nena News - Tra i 10 luoghi più pericolosi per una libera informazione, in termini di violenza contro giornalisti e mediattivisti e in termini di censura da parte di governi e regimi, figurano Manama, la capitale del Bahrein, Piazza Tahrir al Cairo (Egitto) e poi ancora le città siriane di Deraa e Homs e the Change Square, ovvero la piazza del Cambiamento a Sanaa, in Yemen. A stilare per la prima volta la mappa dei luoghi più rischiosi nell’anno che sta per concludersi, per gli operatori dell’informazione, e per media e cyberattivisti è stata l’organizzazione Reporters without Borders: sui 10 luoghi dove i giornalisti sono stati particolarmente esposti al rischio di essere uccisi, ma anche a violenze di vario genere, minacce e intimidazioni, 4 si trovano proprio in Medio Oriente. Al centro dell’indagine c’è proprio la “primavera araba”, dal momento che è nei paesi della regione mediorientale che sono stati uccisi 20 dei 66 giornalisti che hanno perso la vita nel 2011: vale a dire il doppio rispetto all’anno precedente.

Statistiche drammatiche: sono globalmente 1044 i giornalisti ( e 199 i blogger e i medi attivisti) ad essere stati arrestati nel 2011, un numero che è praticamente raddoppiato rispetto al 2010; di questi arresti, 252 hanno avuto luogo in Medio Oriente, dove –sempre secondo i dati dell’organizzazione - 553 operatori dell’informazione sono stati vittime di attacchi fisici, minacce, intimidazioni.

Per il secondo anno consecutivo però è globalmente il Pakistan il paese più “mortale” per chi voglia fare informazione. Seguono Cina, Iran e Eritrea.

Nella top ten del “rischio”, svetta Manama, dove secondo l’organizzazione “le autorità del paese hanno fatto di tutto per limitare o impedire qualsiasi copertura mediatica”. Secondo i dati, i visti di moltissimi giornalisti stranieri sono stati negati dalle autorità bahrenite e ad essere soprattutto vittima della censura, subendo minacce e violenze, è stata la categoria dei fotografi. Per Reporters without Borders, il Bahrein è l’esempio di come una totale censura dell’informazione sia stata portata avanti grazie alla complicità della comunità internazionale. Nella lista, figura poi Piazza Tahrir, dove i giornalisti stranieri come quelli locali sono stati sistematicamente attaccati, tanto che si registrano oltre 200 violazioni. Poi Misurata, dove sono stati uccisi 2 dei 5 giornalisti che hanno perso la vita in Libia nel 2011. E infine sempre riferendosi al Medio Oriente, Deraa, Homs e Damasco: per l’organizzazione, in Siria è stato (e continua tutt’ora) messo in atto un vero e proprio blackout mediatico, dal momento che il regime di Assad ha rifiutato di rilasciare visti in entrata alla stampa estera. Secondo i dati sarebbero almeno 30 i giornalisti detenuti attualmente. Nena News

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