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Un governo, e un parlamento, da buttare

(13 Gennaio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.cattolicesimo-reale.it

Un governo, e un parlamento, da buttare

foto: www.cattolicesimo-reale.it

Più composto e grigio di Berlusconi nello stile, molto simile, uguale o anche peggio nel resto. Così appare l’esecutivo dei professori nel giorno in cui vengono bocciati i referendum e viene negato l’arresto di Cosentino. E’ un giorno vagamente surreale in cui un governo che sembra non occuparsi di politica e di quanto gli succede intorno, parla d’altro, cioè delle liberalizzazioni truccate (dentro cui si nasconde l’attacco poi smentito all’articolo 18).

Fra il Caimano e Adamo Smith
Pure c’è uno stretto legame fra questi tre eventi apparentemente lontani: il no ai referendum, ritenuti destabilizzanti dal Colle e dai partiti che sostengono Monti, specialmente da Berlusconi e Bossi, che giudicano “buono” il Porcellum; il salvacondotto assicurato a Cosentino sempre dagli uomini di Berlusconi e Bossi, con l’aiuto di Scilipoti e degli ex-alleati radicali; il governo Monti Favero Passera (e Polillo tuttofare) che non si distingue in presunzione e arroganza da quello del Caimano, come mostrano gli spot autopromozionali «Salva Italia»,«Cresci Italia» e che ne continua, solo con più determinazione di classe, il reazionario liberismo alla Adamo Smith, gradito ai padroni e alle banche di cui Mister Spread & company sono ben pagati maggiordomi.
Il legame è Berlusconi, che controlla il parlamento, mantiene attraverso Bossi la sua presa sulla Lega, osu una sua parte, e delega a Monti il lavoro sporco, divertendosi a prenderne le distanze in attesa di tornare in sella. Mentre il Pd «si fa carico», fino a autodistruggersi.

L’iniquità come linea di governo
Il risultato è un parlamento allo sbando, sensibile solo quando si tratta di salvaguardare i privilegi dei suoi componenti o di tenerli fuori dalla galera, ridotto per il resto a un timbro da apporre sulle manovre antipopolari di un mediocre professorello buono al più per scrivere noiosi editoriali che nessuno legge fino in fondo e cucinare insieme alla moglie messe e cotechini – ma eletto salvatore della patria da un presidente della repubblica un po’ intronato.
Il risultato sono i buffetti della Merkel comprati con i soldi e gli anni di vita rubati ai pensionati, i favori alle banche, la conferma degli sprechi pubblici (dal ponte sullo stretto alla tav), il rifiuto di ridurre le spese militari o di tassare i capitali illegalmente esportati in Svizzera, lo smantellamento dei pool specializzati in lotta alla corruzione, ai reati ambientali e alla mafia con l’avvicendamento dei magistrati; e il rinvio di quanto può disturbare i poteri forti (l’asta sulle frequenze televisive, l’ICI della Chiesa, perfino una nuova politica sull’immigrazione che infastidisca la Lega).

L’attacco alla democrazia
E mentre si prepara la mitica fase due, cioè le piccole (ma non le grandi) liberalizzazioni, tendenti a favorire la grande distribuzione e le concentrazioni monopolistiche più che crescita e occupazione, si mira a vanificare l’esito del referendum sull’acqua (vergognosamente definito da Polillo «mezzo imbroglio») e a cancellare l’articolo 18, consentendo la deroga alle imprese che si fondono restando sotto i 50 addetti. Così intende la riforma del mercato del lavoro un governo che, con arroganza classista, celebra la flessibilità in uscita, cioè i licenziamenti e assiste complice alla perdita di posti di lavoro, allo smantellamento della Fincantieri e dei treni a lunga percorrenza, alle sceneggiate di Marchionne. Potendo contare, rispetto a Berlusconi, su un’opposizione silenziata e su ex-giornali di battaglia ridotti, come La Repubblica, a veline imbavagliate del regime. Si pensi al pressing di questo giornale e del Corriere sulla Consulta, suggeritori i partiti di regime (Pd, Pdl, Terzo polo), per imporre il No al referendum, ritenuto destabilizzante per Monti e sgradito a Napolitano.

Cosa si aspetta, a questo punto, a scendere in piazza? In tanti e subito. Da Italia dei valori a Sel ai verdi a Rifondazione, a tutti i movimenti della società civile e alla base del Pd. Ed è sperabile che anche i sindacati, dopo aver archiviato con mezz’ora di sciopero la riforma pensionistica, si mobilitino almeno adesso, la Cgil almeno, contro questo governo, contro l’esproprio dei referendum fatti e da fare, in difesa dei diritti e di una democrazia sempre più a rischio.

cattolicesimoreale.it

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