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Tunisia: un anno fa la fuga di ben ali

La sera del 14 gennaio 2011 il primo ministro Ghannouchi annuncia che il dittatore é fuggito. Il mondo arabo guarda attonito. E’ incominciata la primavera araba.

(15 Gennaio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Tunisia: un anno fa la fuga di ben ali

foto: nena-news.globalist.it

FABIO MERONE

Tunisi, 15 gennaio 2012, Nena News - 14 Gennaio 2011: viene confermato lo sciopero generale di Tunisi nonostante il discorso di apertura di Ben Ali il giorno prima. Il punto di partenza piazzetta Ben Ali, davanti la sede principale dell’UGTT (sindacato). La sinistra storica si ritrova all’appuntamento e cerca di sfondare il cordone di polizia che si é formato all’incrocio tra rue de Rome e l’Av Bourghiba. E’ l’inizio degli avvenimenti decisivi. In serata il primo ministro Ghannouchi annuncia che il dittatore é fuggito. Il mondo arabo guarda attonito. E’ incominciata la primavera araba.

14 Gennaio 2011, Avenue Bourghiba. Il popolo scende di nuovo in piazza, ciascuno con le sue appartenenze ed i suoi slogan in un clima sereno e festoso. Al palazzo dei congressi i festeggiamenti ufficiali presieduti dalle autorita’ e dagli ospiti d’onore: il presidente dell’Algeria, del consiglio di transizione libico, e l’Emiro del Qatar.

Il dibattito politico interno delle ultime settimane era stato aspro ed un certo clima di tensione poteva far temere che qualcuno volesse rovinare la festa. Lo stato d’emergenza, benché nei fatti non é mai stato applicato, é stato prolungato per fine marzo.

Le elezioni del 23 ottobre avevano determinato un ribaltamento dei rapporti di forza all’interno della societa’. Da cio’ ne é scaturito che il presidente della Repubblica é un ex esule in Francia ed il premier un ex detenuto politico. Un vero sconvolgimento. A pagare il prezzo in parte, la sinistra, anche se definire tale i partiti di opposizione é forzare troppo l’analisi ad uno schema di lettura occidentale.

Il Nahdha aveva chiesto da parte sua a queste componenti politiche di aderire ad un governo di unita’ nazionale per affrontare questa fase fondativo in uno spirito unitario. I comunisti, il PDP, ed il polo modernista si sono rifiutati collocandosi nettamente all’opposizione.

Questo schema ha messo in difficolta’ il Nahdha e quella parte della sinistra moderata che invece ha deciso di partecipare al governo di unita’ nazionale (Ettakatol). Soprattutto se a fare pressione dietro le quinte ci sono i misteriosi ed anquietanti “Salafati”.

Dopo lo schock, la parte piu’ laica della societa’ ha preso vigore ed ha incominciato a rispondere colpo su colpo alle sfide dei moralizzatori islamici. La battaglia campale é stata la questione del Niqab. Circa un mese fa un gruppetto di barbuti ha occupato la presidenza della facolta’ di lettere di Mannouba pretendendo che le studentesse col velo integrale fossero accettate alla sessione d’esame, cosa attualmente non prevista dall’ordinamento universitario. Per la sinistra é stata la linea gotica anti-islamista. Da qui non si indietreggia, le universita’ devono restare “libere”.

Secondo nostre fonti, all’interno del Nahdha si é scatenato un dibattito aspro tra coloro i quali sono per una trasformazione definitiva del partito in senso laico ed una frangia giovanile radicale che vuole marcare la societa’ dei segni di identita’ religiosa. Il “clivage” sarebbe anche tra i leader che sono ritornati dall’estero e quelli cresciuti sotto la dittatura. A volta la frattura é tra padri e figli, questi ultimi sarebbero tentati dalla via salafita.

Sul piano diplomatico a nessuno é sfuggito che gli ospiti d’onore siano i rappresentanti di Algeria, Libia e Qatar. Lo spazio vitale della Tunisia post-rivoluzionaria si gioca in questo quadro geo-politico. Al Qatar il ruolo di finanziatore, alla Libia di paese sfogo per la manod’opera tunisia e all’Algeria, quello di fedele partner regionale di cui sfruttare le potenzialita’ di mercato di sbocco di merci ma anche di turisti. Il piccolo paese nord-africano si costruisce le sue alleanze per proteggersi dalle turbolenze.La visita del Qatar si é fatta anch’essa precedere da innumerevoli polemiche legate al ruolo secondo molti ambiguo svolto dal minuscolo paese del golfo negli avvenimenti della primavera araba.

Il 14 Gennaio é pero’ soprattutto il giorno della memoria e per tutta la giornata si sono susseguite alle radio interviste-confessioni dei testimoni delle ore precedenti la fuga di Ben Ali. Una ricostruzione televisiva sotto forma di telefilm é stata diffusa dalla tv satellitare “El Arabiya”. Nonostante le polemiche accese che sono seguite all’interno dei social network tunisini, si tratta del primo tentativo serio di raccontare la verita’. A conferma di cio’ é intervenuta la testimonianza di Anis Mogaadi, portavoce del sindacato della sicurezza presidenziale. Non ci sarebbe stato nessuno scontro a fuoco nel palazzo il 14 gennaio e nessun corpo speciale che avrebbe tentato di seminare il disordina come era spifferato nei media nei giorni successivi il 14. Secondo questa testimonianza l’agente Sami Sik Salem sarebbe il vero “eroe” della transizione democratica insieme a Samir Tarhouni, il direttore della brigada anti-terrorismo. Sik Salem, una volta che il paese si trova senza presidente, avrebbe chiamato, anzi obbligato Mohamed Ghannouchi (allora primo Ministro) ad assumere la responsabilita’ che richiedeva il momento storico. Ironia della sorte quest’ultimo emerge come una figura di codardo che avrebbe telefonicamente ricontrattato il suo impegno televisivo, nel breve intervento del 14 sera. Ben Ali lo avrebbe chiamato la sera stessa e lui si sarebbe spaventato delle sue minacce.

E’ passato un anno da quegli avvenimenti. Nuove forze sono in campo ed il paese sta costruendo lentamente le istituzioni di un nuovo stato democratico. L’egemonia dello spazio pubblico si costruisce ancora intorno al tema religioso. La Tunisia é uno stato moderno che non nasce dal nulla, ma deve ricostruirsi su nuove coordinate. Per la sinistra si tratta di digerire che cio’ si puo’ fare soltanto con il Nahdha e non contro di esso. Da parte sua, il partito di Rached Ghannouchi deve prendere una posizione chiara verso le correnti islamiste estreme. Ne va della sua credibilita’.

Sullo sfondo ancora la questione economica e sociale. Secondo il main stream governativo il paese puo’ riprendersi economicamente e sfruttare la simpatia che gode a livello internazionale, a condizione di tornare alla stabilita’. Secondo il sindacato, al governo manca una visione di sviluppo. Intanto nella periferia del paese continuano le agitazioni sociali in nome del lavoro: da Gafsa a Jendouba, passando per Menzel Bouzaiene e Sidi Bouzid. Auguri Tunisia. Nena News

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