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    Kuwait al voto, riforme improbabili

    Il 10 per cento della popolazione chiamata a votare per il nuovo Parlamento. Che con una vittoria degli islamisti potrebbe mettere in difficoltà lo strapotere dell'emiro.

    (2 Febbraio 2012)

    anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

    Kuwait al voto, riforme improbabili

    foto: nena-news.globalist.it

    GIORGIA GRIFONI

    Roma, 02 febbraio 2012, Nena News – Si vota, per la quarta volta in sei anni, per il rinnovo del Parlamento in Kuwait. Un voto che arriva dopo la violenta contestazione all’emiro al-Sabah di ieri, che ha provocato 20 feriti e altrettanti arresti. Le previsioni danno la vittoria agli islamisti (Fratelli Musulmani e Salafiti) che, assieme a liberali, attivisti e laici formano l’opposizione all’emiro al-Sabah. Nelle ultime elezioni i rappresentanti dell'Islam politico avevano conquistato venti seggi su cinquanta, ma le stime di oggi sembrano attribuirgliene più di trenta. Un risultato che potrebbe cambiare le sorti della petromonarchia nella quale i primi venti di protesta sono stati soffocati dalla polizia e le contestazioni politiche risolte con dimissioni del primo ministro e scioglimento della Camera.

    Il Kuwait, pioniere tra gli altri emirati del Golfo, ha istituito un Parlamento già 50 anni fa. Questo non ha potere legislativo, ma può bloccare le leggi sottoscritte dal Consiglio dei Ministri. Può anche rimuovere dall’incarico il primo ministro e confermare la nomina del principe ereditario e emiro. Nel caso in cui il parlamento non confermi l’erede al trono, la famiglia reale deve proporre tre candidati tra cui scegliere. Quindi, in teoria, l’opposizione al potere potrebbe mettere in difficoltà lo strapotere della casa regnante che, da sempre, sceglie il candidato primo ministro tra i suoi principi o tra i suoi uomini di fiducia.

    Il piccolo emirato però, è anche tristemente famoso per la bassa percentuale della popolazione a cui è concesso votare: 10%, quindi circa 400 mila elettori su 3,8 milioni di residenti. Possono votare uomini e donne(dal 2009) cittadini da almeno 30 anni che non siano membri delle forze armate: sono escluse dalla vita politica, invece, intere generazioni di immigrati, per i quali ottenere la cittadinanza è praticamente impossibile. I beduini - circa 120,000 - d’accordo con la casa regnante, dal 1975 partecipano alla vita politica tramite elezioni dette “primarie”, che si svolgono nei cinque distretti dell’emirato: i candidati che partecipano alle elezioni parlamentari vengono scelti così tra gli otto gruppi tribali a cui è concesso concorrere. Gli sciiti - circa il 30% della popolazione - sono discriminati in molti frangenti della vita kuwaitiana, ma non per questo esclusi della vita politica: parte dell’opposizione, nelle elezioni del 2009 hanno conquistato circa 9 seggi.

    Una vittoria dell’opposizione potrebbe però, oltre a disturbare l’egemonia della casa regnante e dei suoi fedeli candidati, generare una serie di eventi che porterebbero a una nuova crisi politica: la conquista di più seggi per candidati sciiti provocherebbe un aumento dell’allarmismo per la “longa manus iraniana” negli affari del Golfo. Gli Stati Uniti, che in Kuwait hanno dispiegato circa 30.000 militari, hanno già promesso che aumenteranno il numero delle truppe per “il pericolo di un Iran sempre più assertivo”. Già lo scorso settembre, dopo violenti scontri tra forze dell’ordine e manifestanti che protestavano contro la corruzione dell’allora Primo Ministro, gli al-Sabah avevano gridato al complotto iraniano. Se in Kuwait oggi è un giorno storico, non vuol dire che agli eletti sarà permesso di governare. Nena-News

    Nena News

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