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Processo eternit: condannati a 16 anni schmidheiny e de cartier

I capi della Eternit continuarono - pur sapendo che l'amianto uccide - a mantenere operative le fabbriche pur di fare profitto.

(13 Febbraio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.radiocittaperta.it

Processo eternit: condannati a 16 anni schmidheiny e de cartier

foto: www.radiocittaperta.it

Mila Pernice 13/2/2012 - Sono stati condannati a 16 anni il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier, i due imputati del maxiprocesso Eternit, di cui è appena iniziata la lettura della sentenza da parte dei giudici della prima sezione del Tribunale di Torino. I due, entrambi ex vertici della multinazionale dell'amianto, rispondevano di “disastro doloso permanente” e “omissione dolosa di misure antinfortunistiche”. Il Tribunale ne ha deciso l'interdizione dai pubblici uffici.

“Comunque vada è un processo storico” aveva detto il pm Raffaele Guariniello arrivato nella maxi aula uno, aggiungendo – “è il più grande processo nel mondo e nella storia in materia di sicurezza sul lavoro. C'è stato un grande interesse da parte di tutti i paesi in cui si è lavorato l'amianto. Questa è la dimostrazione che si può fare un processo. Bisogna lavorare per fare giustizia, noi abbiamo avuto aiuto da tutte le istituzioni». Il pool dell'accusa, composto, oltre che da Guariniello, da Gianfranco Colace e Sara Panelli, in 62 udienze, dal 2009, ha dimostrato, secondo i giudici di primo grado, come i capi della Eternit avessero continuato - pur sapendo che l'amianto uccide - a mantenere operative le fabbriche per fare profitto. E che avrebbero omesso di far usare tutte quelle precauzioni - come l'uso delle mascherine o dei guanti - per evitare che migliaia di persone si ammalassero di tumore al polmone o di absestosi. Durante l'arringa finale Guariniello ha chiesto 20 anni per ognuno dei due imputati, che non si sono mai presentati al processo.

Il giudice Casalbore, che ha pronunciato la sentenza, ha disposto diversi risarcimenti provvisionali. In particolare, un risarcimento di 70mila euro per l'associazione Medicina Democratica e per il Wwf, di 100mila euro per l'Associazione nazionale esposti amianto, di 4 milioni per il comune di Cavagnolo e di 15 milioni per l'Inail. Risarcimenti mediamente di 100mila euro ciascuna per le sigle sindacali, parti civili nel processo. Inoltre 25 milioni per il comune di Casale Monferrato (che nei giorni scorsi, dopo le polemiche, aveva deciso di rifiutare la proposta di risarcimento dell'imputato svizzero), 30mila euro per ogni congiunto di ciascuna vittima e 35mila euro per ogni ammalato.

Nell’aula stracolma, alla lettura della sentenza, grida, lacrime e applausi da parte dei familiari delle vittime. Al palazzo di giustizia di Torino sono arrivati 26 pullman, non solo da Casale Monferrato, dove si è registrato il maggior numero di vittime, colpite dal mesotelioma pleurico o dall'asbestosi, ma dal resto del paese e dalla Francia, dove si sono verificate tragedie analoghe. Tre maxi aule sono state aperte per ospitare le oltre mille persone arrivate per ascoltare il verdetto con 160 le delegazioni da tutto il mondo. Le parti civili erano 6392, quasi tremila i morti e i malati per la fibra killer, almeno 2300 le vittime negli stabilimenti italiani, a partire dal 1952, di Casale Monferrato (Alessandria), Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). Ma c’è un “ma”: il dispositivo fa infatti una distinzione tra gli stabilimenti italiani, dichiarandoli colpevoli per quanto riguarda Casale Monferrato e Cavagnolo (Torino), mentre il reato sarebbe estinto per prescrizione per gli stabilimenti di Rubiera, in Emilia Romagna, e Bagnoli, in Campania.

«È una sentenza che ha sancito la colpevolezza dei responsabili ed è un monito di grandissima rilevanza, in questo momento di difficoltà finanziarie: ci dice che il dato economico è importante, ma che la vita umana lo è di più», ha dichiarato Bruno Pesce, presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime dell'amianto. La sentenza è "importante", può "servire a sviluppare in tutto il mondo una campagna di denuncia contro l'uso dell'amianto". Lo ha detto Nicola Pondrano, ex operaio Eternit e storico leader del movimento di lotta all'amianto di Casale Monferrato, commentando la condanna. "Oggi per noi è un momento di pacificazione – ha aggiunto Pondrano - si dà un messaggio storico: uniti si vince. Noi abbiamo difeso fino all'ultimo quel patto sociale costruito in 30 anni di lotta contro l'amianto a Casale".

Radio Città Aperta - Roma

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