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Yemen: faida in al qaeda alla vigilia del voto

Un cruento episodio accaduto giovedì mattina in una provincia del sud dello Yemen è l’ultimo esempio della lunga serie di contraddizioni e contrasti che animano lo zoccolo meno ricco della Penisola Arabica

(18 Febbraio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Yemen: faida in al qaeda alla vigilia del voto

foto: nena-news.globalist.it

ELEONORA VIO

Roma, 18 febbraio 2012, Nena News - Alle prime luci dell’alba il leader di Al-Qaeda Tareq al-Dhaba – genero del più famoso al-Awlaki assassinato dalle forze militari americane lo scorso anno – era concentrato nella preghiera mattutina nella moschea del piccolo villaggio di Al-Baydah nel sud dello Yemen, secondo l’agenzia AP, quando ad un tratto lui e le sue cinque guardie del corpo sono stati sorpresi dalla furia omicida del rivale fratello Hizam, e di altri combattenti della tribù di al-Dhaba.

La guerra fratricida non si ferma qui: gli assassini diventano presto vittime in una resa dei conti senza pari. I seguaci di Tareq al-Dahab decidono di vendicare il loro leader dando fuoco alla casa di Hizam e bruciando mortalmente lui e una decina di suoi seguaci.

Diciassette è il numero di corpi abbattuti in poche ore.

La nazione Yemen – che è in realtà un accorpamento avvenuto nel 1990 dei due ben distinti Nord e Sud – ha in seno una miriade di questioni religiose e politiche insolute. Per citare solo le più evidenti, il gruppo reazionario sciita degli Houthi è religiosamente conforme alle alte sfere della teocrazia iraniana e alla stra-grande maggioranza della popolazione bahreinita ed è in continua e strenua lotta con la controparte governativa, da un lato, e con Al-Qaeda, dall’altro, per ottenere il controllo di alcuni centri nevralgici del nord del paese. I sunniti salafiti, per contro, si schierano con l’inflessibile gigante saudita e le petro-monarchie del Golfo Persico quando si tratta di zittire con le armi, non quelle diplomatiche, i compaesani sciiti, ma la loro posizione nei confronti dell’annichilimento della ‘minaccia globale’ rappresentata da Al-Qaeda è alquanto incerta.

Se si guarda alle alte sfere di potere, l’ex presidente yemenita Ali Abdullah Saleh è un musulmano sciita simpatizzante della repubblica islamica iraniana ma internazionalmente impegnato con i compagni statunitensi e sunniti del Golfo per abbattere i militanti di Al Qaeda radicati nel sud del paese. Saleh recentemente ha commesso però un grave errore diplomatico. Invece di stringere a sé le diverse tribù stratificate che compongono lo stato yemenita concedendo, o illudendo di concedere, libertà e opportunità sociali e politiche senza distinzione di genere, nei mesi precedenti la sua dipartita avvenuta a novembre scorso si è fatto promotore di un vero e proprio massacro umano per mantenere il trentennale comando sul paese. Ha così condotto lo stato yemenita ancora una volta, dopo anni e anni di guerra civile, nel caos creato dal vuoto di potere.

Tornando per un attimo all’episodio di furia fratricida avvenuto ieri tra i membri di due diverse fazioni di Al Qaeda, un elemento complica ulteriormente le carte. Fonti locali riportate da AP dicono che lo spargimento di sangue è dovuto alla impari divisione dei beni seguita alla morte dell’anziano leader della tribù di al-Dahab. Ma, secondo quanto altri membri della tribù stessa hanno spifferato alla agenzia francese AFP, colui che ha innescato la macchina omicida, Hizam, era noto per essere un simpatizzante del presidente Saleh e sembra sia “stato spinto dalle autorità” a spodestare il fratello e aggiudicarsi la strategica poltrona. A prendere le redini del movimento alqaedista nella regione di Al-Bayneh sarà molto probabilmente il terzo fratello, Nabil al-Dahab.

Il 21 febbraio prossimo saranno indette le elezioni presidenziali in Yemen. L’unico candidato certificato dal parlamento, e perciò l’unico realmente in lizza per il potere, è ‘Abd Rabbuh Mansur Hadi, vice-presidente di Saleh dal lontano 1994 e supportato in queste elezioni – che sanno di referendum – sia dal Congresso Generale del Popolo (CGP) guidato da Saleh che dai rivali Joint Meetings Patries (JMP).

Saleh ha già affermato che farà ritorno al suo paese dall'esilio negli Stati Uniti per quella che si prospetta come una ‘giornata epica.’ Sebbene non sia chiaro quale sarà la sua posizione nel prossimo governo, c’è da aspettarsi che Saleh riesca ad infiltrarsi nelle sue retrovie in virtù del trattato stipulato con gli stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), che garantisce all’ex presidente immunità legale per i crimini compiuti durante i mesi di accese proteste.

I movimenti di opposizione al governo degli Houthi e del Movimento del Sud hanno detto che boicotteranno le elezioni perché non le trovano rappresentative del paese e perché appaiono come l’ennesimo tentativo di incrementare la centralizzazione del potere di Saleh nel nord del paese, lasciando poco o nullo potere decisionale ad altri partiti e al quasi interamente sunnita sud.

Le cellule di Al Qaeda – che controllano già l’area di Abyan nel sud del paese – stanno approfittando della situazione e espandendo progressivamente la loro influenza nella confusa fetta meridionale del paese. Nena News

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