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(5 Novembre 2010) Enzo Apicella

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Segnali di svolta nella guerra all'Irak?

Pugno di ferro e genocidio aprono le prime falle all'interno degli Usa e tra Usa e Gb

(24 Maggio 2004)

Sottolineo due notizie recenti, in quanto mi paiono indicative di possibili, reali segnali di svolta in Irak, a differenza di quelli contrabbandati dal nostro premier al ritorno dagli Usa. La prima, in quanto potrebbe rivelare come negli Usa stia montando la nausea e quindi la protesta contro la guerra in quanto tale, e non solo contro le torture. La seconda, in quanto rivelatrice di rapporti sempre più tesi tra Gb e Usa, sui metodi di conduzione della guerra (in parte, si tratta di critiche anticipate anche dal governo italiano, per continuità con la tendenza "filo-araba" della politica estera nostrana).

Prima notizia

Un ex sergente dei Marines americani, in un'intervista al quotidiano britannico 'The Independent', ha dichiarato che le truppe americane si stanno macchiando di così tante atrocità in Iraq che è ''come se stessimo commettendo un genocidio''. ''In un mese e mezzo con il mio battaglione abbiamo ucciso oltre 30 civili, abbiamo ucciso un sacco di innocenti'' ha detto Jimmy Massey che, con 12 anni di esperienza militare alle spalle, era arrivato in Iraq lo scorso marzo. L'ex marine racconta di aver espresso al suo superiore i suoi dubbi e le sue preoccupazioni: ''Gli dissi che mi sembrava che stessimo commettendo un genocidio, che stessimo colpendo un intero popolo. Non mi disse nulla e se ne andò: sapevo che la mia carriera era finita''. Poco tempo dopo, Massey fu convocato dal suo superiore che l'accusò di essere un 'codardo' e di non avere ''le qualita' di un leader''. Arrivò infatti puntuale il trasferimento ad un lavoro di ufficio: ma Massey lo scorso ottobre preferì congedarsi, e da allora è in cura psichiatrica per depressione e stress post-traumatico.

(Nel frattempo, secondo quanto rivela il quotidiano 'The Observer', che cita fonti militari, alle truppe britanniche e statunitensi dispiegate in Iraq sarà concessa l'immunità da qualunque incriminazione anche dopo il passaggio di sovranità al popolo iracheno, previsto per il prossimo 30 giugno. Il quotidiano precisa che i militari resteranno soggetti alle leggi in vigore nei Paesi di provenienza e non soggiaceranno all'autorita' del nuovo governo iracheno.)

Seconda notizia

Il governo e la diplomazia britanniche sono seriamente preoccupate per le conseguenze della ''linea del pugno di ferro'' adottata dagli Stati Uniti in Iraq. E' quanto rivela un documento riservato del Foreign Office, datato 19 maggio e pubblicato oggi dal 'Sunday Times', che mostra fino a che punto sia arrivata la tensione tra Washington e Londra per il disaccordo sulle tattiche da seguire in Iraq, nonostante in pubblico Tony Blair continui a ribadire la completa sintonia di vedute con l'alleato americano. ''Non dobbiamo sottovalutare le difficoltà attuali - si legge sul documento che si intitola ''Iraq, il medio termine'' - la linea del pugno di ferro adottata dagli Stati Uniti a Fallujah e Najaf nelle scorse settimane ha alimentato l'opposizione sunnita e sciita alla coalizione, e ci ha fatto perdere molto del sostegno popolare in Iraq''. E nel ''memo'' si sottolinea come ora ci sia bisogno di ''raddoppiare i nostri sforzi per assicurare un approccio americano alle operazioni militari più sensibile''. Non solo, si riconosce poi come lo scandalo delle torture abbia pericolosamente compromesso ''l'autorita' morale della coalizione in Iraq e nel resto del mondo''. In generale, il documento testimonia lo sforzo di Londra per cercare di convincere gli americani ad adottare un atteggiamento più cauto perche' bisogna impedire a Washington di compiere azioni che ''metterebbero a rischio i nostri obiettivi''. Dubbi e critiche però devono rimanere assolutamente riservate, si conclude nel documento che allega una sesta pagina riservata alle ''dichiarazioni pubbliche'' suggerite ai vari sottosegretari e funzionari di alto livello cui il memo è destinato. I quali, si sottolinea, dovranno limitarsi a dichiarare che ''la situazione in Iraq e' difficile''. (da Yahoo Notizie, 23.5.04)

s.b.

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