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Disuguaglianza e flessibilità: l’attacco al lavoro

L’aumento della disuguaglianza nei redditi disponibili

(24 Febbraio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.comunistiuniti.it

Disuguaglianza e flessibilità: l’attacco al lavoro

foto: www.comunistiuniti.it

Marco Elia* - 20 Febbraio 2012

Nelle scienze sociali, dopo decenni di scarso interesse, lo studio delle disuguaglianze ha guadagnato negli ultimi anni una posizione centrale nelle analisi e nelle ricerche.
Dalla vasta letteratura prodotta emerge chiaramente come, negli ultimi tre decenni, vi sia stato un aumento delle disuguaglianze sociali pressoché in tutti i paesi dell’OCSE (OECD 2011).
Con una certa approssimazione temporale è possibile notare come la disuguaglianza, dalla fine degli anni settanta, sia cresciuta inizialmente nei paesi Anglosassoni (dove ha continuato ad aumentare progressivamente fino ad oggi), per poi interessare in diverso modo, dalla metà degli anni ‘80, anche i restanti paesi OCSE.
Questo quadro generale presenta come accennato delle differenze interne all’insieme dei paesi considerati. In tal senso, si è soliti evidenziare come mentre i paesi Nord Europei presentano una relativa minor disuguaglianza, i paesi Anglosassoni fanno registrare una alta, e nel tempo crescente, disuguaglianza. Tra questi due macro gruppi andrebbero collocati i paesi Europei Continentali. L’Italia, insieme agli altri paesi Sud Europei ed il Giappone, registra livelli di disuguaglianza superiori al gruppo Continentale e prossimi a quelli Anglosassoni.
Pur volendo considerare tale suddivisione l’aumento delle disuguaglianze ha riguardato tutti i macrogruppi.
A conferma di quest’ultima osservazione è possibile notare come tra i paesi in cui più è aumentata la disuguaglianza, dalla metà degli anni ’80, vi siano la Finlandia, la Svezia e la Germania, paesi storicamente caratterizzati da una relativa minor disuguaglianza.

Finora ci si è riferiti alla disuguaglianza come evidenziata dal reddito disponibile a seguito dell’intervento pubblico redistributivo attuato attraverso la tassazione ed i trasferimenti pubblici (Indice di Gini).
Le cause principali per l’aumento della disuguaglianza nei redditi disponibili sono da ricercare nei mutamenti avvenuti nella distribuzione del reddito tra lavoro dipendente e capitale, con un sensibile aumento della quota di ricchezza a vantaggio del capitale e a svantaggio del lavoro dipendente, così come nella progressiva minore capacità redistributiva dei sistemi fiscali (principalmente a causa di una riduzione della progressività fiscale) e dei sistemi di politiche sociali presenti nei vari contesti nazionali (OIL 2008; OECD 2011).
Il reddito disponibile prima richiamato è esattamente il risultato della combinazione tra la distribuzione primaria tra lavoro e capitale e la successiva fase di redistribuzione attuata dallo Stato.

La distribuzione primaria del reddito ed il contesto italiano

L’Italia, come visto, è un paese ad alta disuguaglianza sociale. A ciò andrebbe aggiunto che è anche uno dei paesi in cui più bassi sono i salari percepiti dai lavoratori e dalle lavoratrici dipendenti(IRES CGIL 2010) e maggiore è la disuguaglianza nella distribuzione primaria.
Su questo dato è necessario soffermarsi. Per l’Italia, come per qualunque altro contesto nazionale, ciò che pesa maggiormente nella disuguaglianza delle condizioni sociali finali è proprio la distribuzione primaria.
La redistribuzione pubblica seppure riveste una indubbia rilevanza nel modificare la distribuzione primaria, in ogni caso, sulla disuguaglianza finale non può incidere nei termini di una inversione delle tendenze proprie della distribuzione di mercato.
Tale incapacità, come segnalato in diversi autorevoli studi, è facilmente rilevabile proprio dal trend relativo all’aumento della disuguaglianza nell’ultimo trentennio nei paesi a capitalismo avanzato: in presenza di un generale peggioramento nella distribuzione della ricchezza sociale prodotta a sfavore del lavoro dipendente i sistemi di politiche pubbliche e sociali non sono state in grado di invertire il trend stesso (OECD 2011: 12; ILO 2008: 127).
L’Italia fa parte di quei paesi in cui con più intensità si è mostrato il fenomeno in esame: dal 1977, anno in cui più alta è stata la quota del reddito destinata al lavoro, al 2006, i lavoratori e le lavoratrici hanno perso 15,1 punti percentuali rispetto al reddito prodotto. Una caduta della ricchezza destinata al lavoro più intensa di quella italiana si è verificata solo in Irlanda(-23%) ed in Giappone(-18%)(OECD 2008).

Diversi sono i fattori esplicativi di tali dinamiche individuati in letteratura(OIL 2008;Stirati 2006).
Tra gli altri, sicuramente, le riforme del mercato del lavoro, con la massiccia diffusione del lavoro flessibile, si evidenziano per importanza.

La flessibilità come componente nell’aumento delle disuguaglianze primarie e dei redditi disponibili

L’Italia è uno di quei paesi in cui, nell’ultimo decennio, più si è sviluppata la flessibilità occupazionale. A confermarlo vi sono i dati relativi alla percentuale di occupati con tali modalità contrattuali, così come l’evoluzione degli indici di protezione dell’impiego utilizzati dall’OCSE per analizzare i cambiamenti nel mercato del lavoro dei singoli contesti nazionali; ad una riduzione di tali indici corrisponde un aumento della flessibilità occupazionale. L’Italia, in tal senso, è il paese in cui si è avuta la più intensa riduzione dell’indice di protezione per l’impiego a tempo determinato. A seguito della riduzione ora evidenziata l’indice di protezione dell’impiego a tempo determinato italiano risulta essere pienamente in linea con quello degli altri paesi UE. A ciò va aggiunto che oltre ad un indice per il lavoro a tempo determinato l’OCSE utilizza anche un indice di protezione per il lavoro a tempo indeterminato. Il valore di quest’ultimo indice in Italia è particolarmente basso (il più basso dopo quello della Gran Bretagna, dell’Irlanda e della Danimarca) (Cfr. CNEL (2010), Rapporto sul mercato del lavoro 2009/2010: 283). Seguendo le considerazioni ora esposte, la tesi, da più parti sostenuta, di una particolare rigidità del merca

Comunisti Uniti

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