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(20 Gennaio 2012) Enzo Apicella

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L'impoverimento dei ceti medi

Quali sono le cause del declino economico-sociale dei ceti medi?

(3 Giugno 2004)

La causa principale è la caduta del saggio generale di profitto, avvenuta nell’ultimo decennio, a partire dalla crisi produttiva del 1992-93.

L’oligarchia finanziaria ha cercato di reagire alla diminuzione dei profitti in vari modi: distruggendo e svalorizzando i capitali (v. smantellamento della grande chimica e della siderurgia di Stato); aumentando l’esercito industriale di riserva, trasformandolo in un’armata mobile del lavoro, onde abbassare il livello medio dei salari; sviluppando l’espansionismo imperialistico, mediante la militarizzazione dell’esportazione dei capitali (spedizioni militari in ogni angolo del mondo). Ultimo, ma non meno importante, riducendo la quota di plusvalore destinato al consumo improduttivo dei ceti medi.

Gli strumenti utilizzati sono stati vari: soprattutto l’inflazione e, dal primo trimestre 2001, la stag-flazione. Ma, decisivo, è stato il processo, o ciclo, delle privatizzazioni iniziato nel 1993. La svendita dei “gioielli” di Stato alle grandi famiglie del capitalismo italiano e ai nuovi filibustieri della finanza “creativa” (v. Padroni d’Italia), ha inferto un vero e proprio colpo di maglio alle reni della classe operaia, in primis, e dei ceti medi, in generale. Il metodo dello “spezzatino” ha dato il via ad una riduzione, il più delle volte strisciante, ma inesorabile e crescente, degli occupati (non solo operai, ma anche impiegati, tecnici, piccoli e medi dirigenti), soprattutto con le c.d. “esternalizzazioni” che hanno aggravato precarietà e flessibilità, generalizzandole.

La vecchia politica elettoralistica delle assunzioni pletoriche, è stata sostituita da una politica del personale improntata a criteri di massima efficienza e produttività.

Questi processi hanno portato, per gli occupati così ricattati e indeboliti, al contenimento delle richieste economiche e ad un’intensificazione dello sfruttamento. Per una parte degli estromessi, alla loro trasformazione da lavoratori dipendenti a lavoratori solo formalmente autonomi, incrementando il “popolo delle partite iva”.

Per chi svolgeva già attività autonome, di tipo artigianale, commerciale, tecnico-professionale, il processo di privatizzazione ha comportato un drastico ridimensionamento delle commesse e degli emolumenti, prima elargiti a pioggia e generosamente dai manager pubblici (anche se su strette basi di lottizzazione partitica); ora contingentati col contagocce dai top manager del capitalismo parassitario e riservati ai mega studi tecnico-professionali (che sono imprese capitalistiche a tutti gli effetti, e i loro esponenti non rientrano nei ceti medi, bensì nell’alta borghesia).

Il fenomeno del declino dei ceti medi, con cause e modalità differenti, è ricorrente nella storia del capitalismo. Il precedente più noto è quello del periodo pre-fascista e pre-nazista. Nel primo dopoguerra le forze politiche di estrema destra, convincendo i ceti medi impoveriti che la causa delle loro disgrazie era il movimento operaio e le sue lotte, sono riuscite ad irreggimentarli in funzione anti-operaia ed imperialista.

Oggi, in Italia, il centro-destra, da una parte cerca in tutti i modi di mascherare la realtà, coi trucchi di prestigio mediatici. Dall’altra, soprattutto, opera mediante un reticolo capillare di affarismo e corruzione, cercando di irretire e tenere sotto controllo i ceti medi in declino. Il centro-sinistra, avendo guidato il processo di privatizzazione ed essendo, pertanto, corresponsabile del loro declino, non è in grado di offrire ai ceti medi alcuna alternativa valida al centro-destra. Entrambe, infatti, pur azzuffandosi tra loro, sono uniti in un unico “blocco anti-comunista” ed italo-imperialista, cementato e camuffato dalla bandiera dell’”anti-terrorismo”, spauracchio che dovrebbe tenere a bada classe operaia e ceti medi, atterriti dal “pericolo fondamentalista” (attizzato proprio dagli imperialisti Usa, loro amici: v. il battesimo di Osama Bin Laden e dei talebani afghani).

Pertanto, sembra che la storia si debba ripetere: il malumore dei ceti medi porterà al (ri)sorgere dell’estrema destra? Mille segnali in tal senso si percepiscono, non solo in Italia ma in tutta Europa (v. la momentanea vittoria elettorale dell’estrema destra in Francia nel recente passato). Ma la storia è storia di lotte di classi: spetta alla classe operaia e al proletariato in genere (di)mostrare ai ceti medi, con una lotta a fondo contro il capitalismo parassitario, che il loro vero nemico è l’oligarchia finanziaria, non gli operai o i comunisti, e che la soluzione ai problemi sociali risiede nel superamento di questo sistema sociale.

Conquistare alla prospettiva comunista gli elementi più seri e sensibili socialmente; neutralizzare gli indecisi; impedire di nuocere quelli più corrotti e legati al sistema: questo è l’unico modo per impedire che la storia si ripeta.

s.b.

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