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Algeria: 50 anni di indipendenza, a quale prezzo?

Il 19 marzo 1962 finiva la guerra tra la Francia e il FLN algerino. Mezzo secolo di sangue e di regime, che ha prodotto una guerra civile e una perenne richieste di democrazia. Il 10 maggio l'Algeria andrà alle urne: in testa gli islamisti, a cui è stato impedito di governare nel 1991.

(21 Marzo 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Algeria: 50 anni di indipendenza, a quale prezzo?

foto: nena-news.globalist.it

GIORGIA GRIFONI

Roma, 20 marzo 2012, Nena News. Il 19 marzo del 1962 è ricordato soprattutto come la data dell’uscita del primo disco di Bob Dylan. Ieri sul web si sono susseguite celebrazioni su celebrazioni delle nozze d’oro di Dylan con la musica, mentre è passato quasi sotto silenzio un altro anniversario: i cinquant’anni dalla fine della guerra d’indipendenza algerina. Una lotta per la liberazione dal dominio francese durata otto anni, che ha provocato quasi un milione e mezzo di morti tra gli algerini e l’emigrazione di circa un milione di pieds-noirs ed ebrei d’Algeria in Francia. Una decolonizzazione che non è ancora terminata, con la Francia che si rifiuta di chiedere scusa per il secolo coloniale e con quel mancato sviluppo politico autonomo che è proprio delle ex-colonie e che forma il substrato delle guerre civili del XX secolo.

E’ stato il primo possedimento francese nel mondo arabo, l’Algeria. Attaccata formalmente nel 1830, Parigi ha dovuto attraversare quasi quarant’anni di guerriglia per conquistarla totalmente, anzi per “pacificarla”, nel 1871. A partire dal 1852 fino ad allora, il numero delle vittime aveva raggiunto quota un milione, vale a dire un terzo della popolazione del paese. Il più grande stato del nord africa venne letteralmente riempito da francesi, in primis i profughi dell’Alsazia e della Lorena conquistate dai Tedeschi: poi cominciò la migrazione degli italiani e degli spagnoli che vivevano nei vicini protettorati di Tunisia e Marocco. Infine, venne concessa la cittadinanza francese a tutti tranne che agli algerini di religione musulmana: agli oriundi di religione ebraica (circa 37.000 persone), invece, vennero concessi tutti i diritti civili vigenti nella madrepatria. Era il cosiddetto code de l’indigenat, che distingueva tra cittadini (coloni, ebrei e qualche famiglia notabile di religione musulmana) e sudditi, privi della quasi totalità dei diritti politici e soggetti alla shari’a invece che al code civil.

Dopo la seconda guerra mondiale, mentre per gli altri paesi cominciava la decolonizzazione, la Francia provò a tenersi stretta l’Algeria, ricca di idrocarburi e patria di un milione di francesi. Ma gli algerini, organizzati in vari gruppi di guerriglia tra i quali spiccava il Front de Libération Nationale (FLN) riuscirono, dopo una lunga guerra di liberazione, a proclamare la propria indipendenza nel 1962. Cominciò allora una lotta per il governo del paese tra i vari gruppi che avevano guidato la guerra e la spuntò l’Armata Nazionale Popolare (ANP), con a capo Houari Boumedienne, che appoggiò la candidatura di Ben Bella, uno dei fondatori del FLN. Iniziò un’epoca di repressione destinata a durare fino ad oggi, con la messa al bando della quasi totalità di partiti politici e caratterizzata dalla censura e dagli assassinii mirati, che si intensificò dopo il colpo di stato del 1967 di Boumedienne.

Alla fine degli anni ’70 passò al potere Benjedid, che avviò un processo di democratizzazione e di apertura alle altre formazioni politiche che portò alle elezioni del 1991: queste, vinte dal Fronte islamico di Salvezza (FIS) con il 54% dei voti, vennero annullate dall’esercito, che prese di nuovo il potere con un colpo di stato l’anno successivo. Cominciò una nuova guerriglia, che vide contrapposti gli islamisti del Movimento islamico armato (MIA) e del più radicale Gruppo islamico armato (GIA, nel quale confluirono elementi qaedisti e salafiti) e che durò per gran parte degli anni 90. La nuova guerra civile si concluse, più di 150 mila morti dopo, con l’elezione-farsa di Bouteflika, braccio destro di Boumedienne, nel 1999. Tra i partiti islamisti, l’unico a sopravvivere agli anni ‘90 e 2000 è stato il Movimento della Società per la Pace (MSP) legato ai Fratelli Musulmani, che nelle ultime elezioni del 2007 ha conquistato 52 seggi in coalizione con il FLN.

Il 10 maggio prossimo, giorno delle elezioni parlamentari, arriverà la resa dei conti tra i partiti islamisti, recentemente legalizzati dopo le proteste che hanno insanguinato il paese l’anno scorso (e che hanno posto fine allo stato di emergenza in vigore da quasi 20 anni) e la miriade di partiti più o meno legati al FLN. I sondaggi danno la vittoria ai primi, ma bisogna aspettare per vedere se ai vincitori verrà permesso di governare. Nena News.

Nena News

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