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(10 Luglio 2012) Enzo Apicella

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    Assemblea operaia nazionale all’alfa di arese - 20 aprile, ore 10.00

    (6 Aprile 2012)

    anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.slaicobas.it

    La riforma del mercato del lavoro del governo Monti è solo un ulteriore, fondamentale, tassello di quell’attacco complessivo, economico e politico, che il capitale nazionale ed internazionale stanno attuando nei confronti della classe operaia e delle masse popolari del nostro paese. La situazione è già insostenibile per i lavoratori, ma nonostante questo si vuole procedere su una strada che non sembra avere più alcun punto limite di approdo. Con la modifica dell’art. 81 della Costituzione e l’introduzione del pareggio di bilancio già si delineano nuovi scenari in cui la cosiddetta riforma del mercato del lavoro non potrà non riguardare gran parte dei lavoratori del pubblico impiego, senza parlare di quello che una cornice giuridica di questo tipo va a prospettare in termini di ulteriore offensiva contro le condizioni di vita e di lavoro della maggioranza della popolazione.

    Tutto questo mentre all’orizzonte prende sempre più consistenza l’introduzione, sponsorizzata dall’Unione Europea, di nuove e radicali norme antisciopero. Non è un caso. Sempre più oggi si erodono non solo, genericamente, le basi del consenso sociale, ma le basi stesse della possibilità, per i lavoratori, di condurre una vita minimamente dignitosa. Il capitale, il suo Stato, i suoi governi, i suoi partiti, insieme all’Unione Europea, si aspettano che in un modo o nell’altro il malcontento e la rabbia degli operai e degli strati popolari cercheranno una strada per esprimersi ed affermarsi. E’ per questo che la repressione delle lotte operaie, il licenziamento dei lavoratori scomodi, l’introduzione di nuove misure liberticide, la prefigurazione di una sorta di partito unico al potere (si pensi a cosa significa l’attuale governo tecnico) e la limitazione della conflittualità tra le stesse forze politiche di potere, il disciplinamento autoritario della conflittualità sul territorio e quindi dei movimenti di lotta, del sindacalismo di base ed autorganizzato ed in parte della stessa Fiom, sono una necessità vitale per il capitale industriale e finanziario, FIAT in testa. Se la repressione è un lato, l’altro però è rappresentato dalla necessità che, il più possibile, i lavoratori continuino ad avere delle aspettative nei confronti dei sindacati confederali, della CGIL e dello stesso PD. La repressione non basta, ai padroni occorre anche l’egemonia, e se quest’ultima è sempre più difficile, allora a maggior ragione occorre puntare sulla demagogia della Lega e su quella dei Forconi, oppure, e soprattutto, sugli imbrogli degli accenni al dissenso di un Bersani e degli “scioperi generali” della CGIL. Proprio il centro sinistra, il sindacalismo confederale, con un ruolo di primo piano della CGIL, con il supporto sostanziale della sinistra sindacale e della FIOM e, spesso e volentieri, della stessa sinistra istituzionale (PRC, PdCI), sono stati tra i principali artefici dell’attuale situazione. La disastrosa situazione in cui versa la capacità di lotta e di mobilitazione dei lavoratori italiani, a differenza di quella di altri paesi europei, è un esito da un lato della distruzione dell’organizzazione e delle relazioni di solidarietà reciproca dei lavoratori e dall’altro della centralità assunta dal centro sinistra e dai sindacati confederali in decenni di offensiva antioperaia ed antipopolare. Si pensi agli effetti disastrosi delle varie riforme pensionistiche, delle privatizzazioni, della precarizzazione del lavoro con il Pacchetto Treu, ecc., per arrivare all’oggi, all’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 firmato tra Confindustria e CGIL-CISL-UIL (poi recepito in legge all’art. 8 dalla successiva manovra economica del governo Berlusconi) che ha prefigurato l’attuale operato del governo e che ha ulteriormente gravemente colpito la democrazia e la rappresentanza sindacale, ha già affossato i contratti nazionali, derogato l’insieme dei diritti soggettivi e collettivi dei lavoratori e aggirato l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (con la liberalizzazione dei licenziamenti per accordo sindacale ).

    E’ per questi motivi che non si può continuare ad imbrogliare gli operai ed i lavoratori facendo credere loro che c’è solo la possibilità del male minore e che questo “male minore” è di volta in volta rappresentato dalla CGIL e dai sindacati confederali, dal PD o dal populismo reazionario della Lega e delle destre. Oggi una volta per tutte, proprio per il carattere eccezionale dell’attuale situazione di crisi economica e politica, si deve dire ai lavoratori da che parte si sta e si vuole stare, se dalla parte dei padroni, dei sindacati confederali e delle forze di potere, oppure dalla parte di chi vuole rompere con questi interessi, con queste forze sociali e politiche, con queste istituzioni, per aprire una prospettiva di fuori-uscita dalla crisi sulla base di un programma proletario e popolare. Se questo è il nodo da sciogliere, se si tratta oggi di aprire la possibilità di una prospettiva di mobilitazione proletaria e popolare contro Monti, la Fiat, il capitale, la UE, i sindacati confederali, allora bisogna porre la centralità della questione operaia e quella della costruzione di un polo per il sindacato di classe e per il partito di classe. Gli operai, i lavoratori, gli strati popolari del paese, hanno ancora troppe poche effettive lotte di resistenza, e non hanno ancora un sindacato ed un partito che li rappresenti.
    L’assemblea del 20 aprile è una proposta rivolta in primo luogo a tutte le situazioni operaie che continuano a resistere, per questo abbiamo simbolicamente voluto indirla all’Alfa di Arese, dove è viva una rilevante realtà operaia che continua a lottare, in una situazione di generale accerchiamento, mettendo a nudo un sistema di potere dove vanno a braccetto la FIAT, il capitale finanziario, i partiti, i sindacati, la falsa sinistra, i servizi segreti e la mafia. In secondo luogo rivolgiamo la nostra proposta al sindacalismo di base e di classe, alla stessa minoranza FIOM, ed alle forze politiche di opposizione, per la formazione di una rete nazionale per la costruzione di un polo sindacale per il sindacato di classe e di un polo politico per il partito di classe. Come Slai Cobas siamo intenzionati a lavorare per andare a definire e concretizzare una prospettiva di classe con chiunque voglia sostenere, rafforzare ed organizzare la resistenza e la controffensiva dei lavoratori e delle masse popolari.

    SLAI Cobas

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