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(20 Agosto 2011) Enzo Apicella
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Benedetto XVI in America latina

(10 Aprile 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.cattolicesimo-reale.it

Benedetto XVI in America latina

foto: www.cattolicesimo-reale.it

Dal sito “Movimento operaio, la pagina di Antonio Moscato“, sempre molto attento alle vicende dell’America latina, riporto un commento di Antonio Moscato alla visita del papa a Cuba, insieme a due articoli di giornali cubani (uno dei quali apparso sul “manifesto”) da lui segnalati.

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La visita del Papa a Cuba di Antonio Moscato

Pochi mesi fa avevo segnalato sul sito In attesa del papa a Cuba alcuni commenti alla imminente visita del papa. Nel complesso molti commentatori concordano nel ritenere poco significativa questa visita, non più importante di quella in Messico, che sarà ricordata forse solo per il pastore tedesco in “papamobile” con in testa un sombrero “tipico”, di quelli utilizzati sempre meno dai messicani, e ricercatissimi invece dai turisti “gringos”.

Diversi siti ufficiosi cubani intanto hanno reagito con cauta irritazione alla meschina dichiarazione di Benedetto XVI sul marxismo: “è evidente che l’ideologia marxista, come è stata concepita, non corrisponde alla realtà, e per questo non può servire alla costruzione di una nuova società” (Hoy es evidente que la ideología marxista, tal como fue concebida, ya no responde a la realidad. De esta forma ya no puede responder a la construcción de una nueva sociedad.”)

Una frase di banale propaganda, con scarso rispetto per l’ideologia dei dirigenti cubani. Immaginiamoci cosa accadrebbe se essi rispondessero osservando che è interessante che sopravviva ancora ai giorni nostri un residuato di idee primitive e di concezioni medievali, per giunta organizzate sotto forma di monarchia assoluta… Ovviamente non lo diranno, perché hanno tanto bisogno dell’appoggio della gerarchia cattolica cubana e anche perché non sono poi davvero marxisti come immagina l’ex capo dell’Inquisizione, e grande persecutore della teologia della liberazione. Per giunta non possono criticare troppo la forma monarchica della Chiesa (per giunta almeno eletta da un conclave, cioè da una specie di senato oligarchico) avendo optato loro stessi per la successione familiare. D’altra parte a Cuba si considera paese “socialista” perfino la Corea del Nord, che è governata da una monarchia assoluta più classica di quella del Vaticano.

Ridicola menzogna poi quella di dare per scontato che la Chiesa cattolica stia sempre al lato della libertà (“Es obvio que la Iglesia está siempre en el lado de la libertad: la libertad de conciencia, la libertad de religión.”), cosa non vera in generale (finché ha potuto farlo, cioè fino al 1870, il papa ha governato col patibolo, e precedentemente anche con i roghi), e particolarmente falsa a Cuba, dove la Chiesa si era schierata sempre con la retrograda dominazione spagnola (che eliminò la schiavitù – ultima nel mondo - solo nel 1888!) e poi, dopo l’indipendenza, dalla parte dei governanti più reazionari, Batista incluso…

La dichiarazione di Benedetto XVI conteneva anche una gaffe che alcuni cubani cattolici hanno sottolineato: ha detto che alla lotta per la libertà contribuiscono anche i “semplici fedeli” (contribuyen también los simples fieles”). L’intenzione sottesa era di chiedere maggiori spazi non solo per la gerarchia, ma anche per un’organizzazione cattolica ramificata, ma gli è stato risposto che l’espressione rivela la concezione elitista che considera Chiesa solo la gerarchia, mentre i “semplici fedeli” dovrebbero essere loro in primo luogo “la Chiesa”…

Difficile immaginare che qualcuno osi rispondere per le rime al “pastore tedesco”: le autorità hanno troppo bisogno di un puntello da parte della gerarchia ecclesiastica, che si è prestata anche a collaborare facendo sgomberare alcune chiese da piccoli gruppi del dissenso che tentavano di rendere visibile la loro protesta. Gli esaltatori acritici del governo cubano risponderanno che quei gruppi sono piccoli e che la maggior parte della popolazione li ignora (vero) e che sono traditori pagati dagli Stati Uniti (falso, per la maggior parte di loro), e che quindi è giusta la collaborazione della Chiesa alla loro repressione. Penosissima argomentazione, che sottintende che le minoranze prima di avere il diritto a esprimere un’opinione dovrebbero raggiungere un certo quorum…

Parecchi cubani si sono irritati comunque non per queste vicende, ma per le spese destinate a presentare di Cuba una facciata gradevole e pulita, cosa in sé non negativa, se non comportasse il dirottamento delle poche risorse disponibili sulle “Grandi Opere” destinate ad accogliere il papa, lasciando in abbandono i quartieri adiacenti. Ad esempio, al grande palco costruito ai piedi della statua di Martí, che “più che per una messa sembra preparato per un concerto di Rock”… Intorno, gradinate e strutture che hanno impegnato per mesi progettisti e “brigate” di costruzione, per un evento che durerà solo poche ore. Il commento amaro di Isbel Díaz Torres, è che anche se la Chiesa può aver donato una parte delle risorse necessarie per costruire questo altare gigantesco “resistente a huracanes”, rimane chiaro che “la logistica e soprattutto la manodopera, è stata fornita dallo Stato… cioè sono risorse apparentemente nostre”…

Pare che oggi questa sia l’unica manifestazione di dissenso nei confronti di questa visita. È anche l’opinione di Leonardo Padura Fuentes, che riporto di seguito. Ma ne riparleremo a visita iniziata.

«Ma è vero che il papa sta per venire a Cuba?» di Leonardo Padura Fuentes - il manifesto, 24 Marzo 2012

Una domanda impensabile nel '98, segno che la mentalità dei cubani è molto cambiata

L'AVANA. Cominciato ieri il ventitreesimo viaggio all'estero del pontefice tedesco, prima in Messico poi a Santiago de Cuba e all'Avana: due tappe fondamentali per il suo predecessore Wojtyla. Oggi i cubani sembrano molto più presi da altri problemi che dalla visita papale Agghindata con luci e colori brillanti in un quartiere della periferia avanera la pasticceria La Caridad ha aperto i battenti da poco. Questa attività privata nuova di zecca occupa il locale anteriore di una modesta casa, ma basta vedere il suo aspetto e le sue offerte per avvertire che nutre aspirazioni di grandezza.
A pochi isolati, nello stesso quartiere lontano dal centro, funziona il lussuoso ristorante cubano-italiano il Divino, piazzato sulla terrazza di una mansion di stile campestre-coloniale. Fra le sue attrazioni c'è anche quella di essere la sede del Club dei sommellier di Cuba, che poggi anche sull'esistenza di una favolosa cantina in cui riposano varie migliaia di bottiglie di vini italiani, spagnoli, francesi, cileni, australiani, alcune di grandi annate e prezzi da capogiro...
Per le strade di quella stessa zona della capitale si contano a decine i venditori ambulanti di frutta, bigiotteria, articoli industriali, spuntini veloci.
Attività come queste e altre fra quelle permesse dalle recenti leggi destinate ad ampliare e sostenere il cosiddetto «lavoro per conto proprio» e anche la contrattazione di lavoratori da parte dei privati, fioriscono negli angoli più inaspettati e a volte periferici del paese, come un'esplosione di capacità e necessità per diversi decenni rinviate e demonizzate dal centralizzatissimo modello economico socialista, che in altri tempi le proibì e per anni le combatté come se fossero il nemico (almeno di classe).
Giusto in uno di questi esercizi commerciali emergenti, mentre aspettavo di essere servito, uno dei clienti chiedeva alla persona che era con lui qualcosa che, in quell'ambiente di efficienza e desiderio di prosperare, può rivelare molto bene i modi di pensare che oggi si rincorrono nell'isola caraibica: «Senti un po', ma è vero che alla fine il papa viene a Cuba?», domandava quella persona all'altro, e l'altro gli dava una risposta rivelatrice della situazione: «Mi pare di sì». Fra i due clienti, intanto, avevano consumato per un totale di 150 pesos cubani, qualcosa come un terzo del salario medio statale.
Quattordici anni fa, quando si stava approssimando la visita a Cuba del papa Giovanni Paolo II, probabilmente a pochissimi cubani sarebbe venuto in mente di fare una simile domanda. Tutti sapevano che veniva il papa e il giorno preciso del suo arrivo e, per di più, nutrivano qualche attesa per ciò che poteva provocare o lasciarsi dietro la sua visita. Però fra quei mesi del '97 precedenti all'avvenimento e i giorni di oggi, vigilia dell'arrivo di Benedetto XVI, la mentalità dei cubani sembra essere cambiata molto di più di quanto sia possibile raccontare.
Qualche settimana fa, concludendo la visita pastorale fatta per tutto il territorio nazionale dall'immagine della Vergine del Cobre, patrona di Cuba, la gente ha mostrato un fervore religioso, o quantomeno una curiosità, che sembrava impropria per un paese in cui si è promossa la pratica dell'ateismo scientifico come politica di stato. Nelle strade, nelle piccole cappelle o nelle chiese rinomate, le persone si sono riunite per avvicinarsi alla vergine e ascoltare i messaggi dei preti cattolici. La chiusura della peregrinazione è avvenuta davanti a una moltitudine raccolta in una grande avenida avanera prossima alla cattedrale.
Il sentimento religioso, da molti mantenuto in segreto durante anni, risulta, quindi, una realtà incontestabile. Ma, e la visita del papa?
A differenza di quanto accaduto fra il '97 e il '98, quando si avvicinava e poi si realizzava l'arrivo di Giovanni Paolo II, oggi i cubani hanno in molti casi gli stessi e, perfino, nuovi problemi. Solo che in quel tempo era ancor molto recente l'eliminazione delle discriminazioni politiche e sociali nei confronti dei cittadini che nutrivano un credo religioso, mentre una coltre di immobilismo era caduta sulla società cubana. Ora, carica di preoccupazioni terrene, le gente sembra aspettarsi meno (forse solo una benedizione celestiale) dalla visita del papa e molto di più dalla propria capacità e dal proprio zelo. E' come se molti avessero deciso di applicare la vecchia massima ebrea: quando qualcuno soffre una disgrazia, deve pregare, come se l'aiuto potesse venire solo dalla provvidenza; pero deve anche muoversi, come se solo lui potesse trovare la soluzione alla disgrazia...
La più lieve rottura degli stretti margini fissati dallo stato socialista nella pratica dell'iniziativa individuale e la conseguente possibilità di ricercare vie indipendenti per migliorare le condizioni di vita delle persone, hanno liberato molte più energie e preoccupazioni che questioni di alta politica e, anche, di fede. A un notevole quantità di cubani sembra interessare molto poco se viene il papa e quando. Quei cubani in molti casi sono gli stessi che, mesi fa, mentre correvano dietro l'immagine di una vergine cubana, si aspettavano anche di sentirsi dire dalle autorità che finalmente, come cubani, avrebbero avuto l'eventuale possibilità di accedere a internet grazie a un cavo di fibra ottica che sembra essersi perso nel mare, o di viaggiare liberamente all'estero grazie alla riforma di alcune leggi che invece, fra gli altri sogni svaniti o rinviati, pare non arrivino mai a cambiare.
La gente sembra pensare che i problemi materiali di quelli che guadagnano poco e vivono male, difficilmente si potranno risolvere, qui e ora, con visite pontefice. Quelli che guadagnano poco e aspirano a migliorare devono considerare che gli approvvigionamenti, le imposte e la concorrenza sono i loro problemi più urgenti. Non c'è da meravigliarsi quindi che non ripongano eccessive aspettative con simboliche presenze papali nell'isola caraibica. Adesso i loro bisogni sono terribilmente terreni.

Tutti pazzi per il papa di Yasmín Silvia Portales Machado

Questo testo (dal titoloGrande agitazione a Cuba per il Papa, del 26 marzo), è stato tradotto da Titti Pierini con un lavoro arduo, per i molti usi gergali, i riferimenti allusivi, e la necessità di sfuggire ai giochi di parole intraducibili (come quelle sulle varie sfumature di baba, bava), da cui sbavare, eccitarsi, ecc., rende comunque bene l’idea della reazione di una parte dei cubani di fronte a questa visita, e della protesta per l’assegnazione arbitraria di un ruolo di rappresentanza dell’intera popolazione a una Chiesa che ne rappresenta sulla carta solo il 5%, e anche meno se si considera chi segue davvero i suoi insegnamenti etici. (a.m. 26/3/12)

Si sa che molta gente, nel mondo, si eccita per sua Santità Benedetto XVI. Non tutto è segno di gioia, alcune sono agitazioni velenose o francamente violente, ma sono pochi quelli che non siano eccitati.

In questi giorni, l’eccitazione cresce a Cuba e nelle zone in cui si concentra la sua comunità di emigranti, perché lunedì arriva Joseph Aloisius Ratzinger! Non è entusiasmante?

Solo il 5% della popolazione di Cuba si dichiara cattolica e solo la metà di questo 5% si identifica con l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio, l’aborto e il controllo delle nascite (il 2,5% del paese), eppure siamo arrivati a due visite papali in meno di 15 anni.

Davvero abitiamo in una nazione singolare.

E poiché a Cuba siamo molto collettivisti, il governo abbraccia senza esitare la gioia delle 550.000 persone di fede cattolica e assume come compito dell’intera nazione quello di accogliere in gran pompa e clamore il Pellegrino della carità. In che modo?

Adorna l’isola di manifesti multicolori, mentre aumenta il costo dei libri e chiudono istituti culturali.

Ripara viali e facciate delle principali strade dell’Avana e di Santiago, mentre crollano edifici del Centro della capitale, Cerro e Vedado (e questo è ciò che dice Radio Bemba [la voce popolare NdT] per l’Avana, non so come stiano le cose nelle province).

Proclama tre giorni di festa, mentre fa disperati appelli perché crescano l’efficienza e la produttività.

E ovviamente consente – o raccomanda? – al Sistema Informativo della Televisione cubana di riferire sugli “eccellenti” rapporti dello Stato cubano con le Chiese, rapporti che non si sono mai offuscati, perché la Chiesa si dedica alle attività sociali e non si intromette nella politica…

È chiaro che la Chiesa dell’Operazione Peter Pan era un’altra. E che era un’altra la Chiesa che scomunicò Fidel Castro. E che erano di un’altra Chiesa i templi dove andavano le persone cui si negò l’accesso all’Università, o ne furono espulsi, o a cui si permise di laurearsi in un clima di sorveglianza e di persecuzione, per poi negargli la possibilità di insegnare o di accedere a incarichi di direzione “per deviazioni ideologiche” o perché “inaffidabili”.

E la Chiesa che consentì di usare i propri locali a Yoanis Sánchez per promuovere l’uso di blogs malvagi era un’altra.

È la Chiesa Cattolica Apostolica e Romana, ma è un’altra. Non è la Chiesa anticomunista che ha patteggiato con Franco e schiaffeggiato Ernesto Cardenal, questa è una Chiesa umanista, che si oppone all’aborto, ai contraccettivi e ai diritti delle persona non eterosessuali in nome del Piano Divino.

Questa Chiesa rappresentata da Benedetto XVI è una meraviglia d’istituzione per quanto riguarda il progresso e i diritti.

E poiché la gente di Cuba è molto progressista, si eccita. Le eccitazioni non sono tutte uguali: ve ne sono di piacere, di grossolano piacere per i guadagni che si ricaveranno da questa visita per i trasporti, le soste e i consumi.

Vi sono entusiasmi per calcolo, perché accogliere il papa significa l’appoggio del Vaticano, la cui influenza politica è inversamente proporzionale all’estensione di questo Stato.

Vi sono schiume di rabbia, perché Benedetto non intende parlare con i dissidenti di destra, né dirà in pubblico che il comunismo va rovesciato. Si contentino di questa poco gradevole dichiarazione aerea: “Ormai è chiaro che l’ideologia marxista, per come è stata concepita, non corrisponde alla realtà. Perché non ha risposte per la costruzione di una nuova società. Vanno ricercati nuovi modelli”.

Vi sono sentimenti di sfiducia: perché i cattolici possono entrare nel gioco politico e noi no?, si lamentano i gruppi protestanti.

C’è amaro fiele d’umiliazione, perché ancora una volta le religioni di origine africana sono escluse: dall’agenda papale – è gente che è a un passo dall’esser dichiarata scismatica – e dalla rappresentazione “plurale” che offrono i media dell’esercizio delle religioni nel paese.

Ci si morde di paura le labbra e diventano umide in cerca di pace in ogni dispaccio letto sobbalzando. Quanto diventeranno forti gli ostacoli nella lotta, ora che c’è luna di miele tra il Partito verticista e il Clero patriarcale? Quanta parte del discorso sarà dedicato all’unica famiglia “corretta” se non può scagliarsi contro lo Stato?

Agitazioni di ogni tipo, di svariati colori, sapori e ragioni. Per le recenti pavimentazioni e pitture delle vie dell’Avana e di Santiago per rendere più piacevole l’andirivieni del papamobile, blindato contro le pallottole yihaidiste e gli odori sgradevoli dei lastricati del tropico.

Come se non bastasse. L’intera militanza del Partito Comunista Cubano è mobilitata per accoglierlo, perché la sua tensione crescente nasconda ogni minima buca, ogni minimo errore, comprensibile visti i tempi record con cui sono avvenute queste riparazioni di strade e pitture di facciate

C’è eccitazione all’Avana. In particolare perché, essendo la capitale di Cuba, ha grande responsabilità nell’indirizzo e nel carattere del modo di presentare e giustificare questa visita, queste spese, questa dissennata riscrittura della storia e dei nostri rapporti internazionali.

Una cosa è dire che ci troviamo nel punto migliore dei rapporti con il Vaticano dal 1959, altra che non abbiamo mai smesso di essere amici e che a Cuba non si è mai impedito a nessuno di esercitare la propria fede E allora, come mai si è dovuto chiarire il diritto alla religione di chi entra nel PCC?

Una cosa è dire che possiamo - e io credo che sia indispensabile cercare di farlo – dialogare per una migliore comprensione dei nostri punti di vista; altra, ben diversa, è trasformare la Chiesa Cattolica nell’unico interlocutore politico di fronte allo Stato, tornare a stravolgere la possibilità di dialogo sociale plurale a beneficio di un determinato gruppo con specifici interessi – gli interessi del 2,5% della popolazione.

Una cosa è riconoscere al cattolicesimo il suo ruolo importante nella formazione spirituale della nazione e la sua presenza come credo personale di eroi ed eroine della patria, altra è negare la storia razzista, contraria alla scienza, antidemocratica, antilibertaria, misogina, anticomunista e di complicità con il fascismo e altre dittature che grava su questa istituzione.

Per alcune di queste posizioni la Chiesa non si è scusata – le ha solo discretamente accantonate, mentre altre le difende ancora, dicendo di non poter lasciarsi andare all’abbandono sociale dei mandati divini. Non è coerente, e io richiamo alla coerenza…

E comunque non mi rallegro neanche un po’.

Sicuramente, a Cuba siamo persone ospitali, ma lo Stato non deve sottrarre risorse alla popolazione per accogliere chiunque – lo Stato non può funzionare come una casa privata.

Sicuro che l’appoggio del Vaticano è necessario alla nostra diplomazia sotto assedio, ma il prestigio di Cuba come Stato laico e impegnato con tutti i diritti viene ancora una volta messo in forse.

Certo che Benedetto viene presentato come messaggero di Cristo, ma il suo amore, la sua predicazione, le sue benedizioni non riconoscono né si rivolgono a tutte le famiglie, a tutte le ideologie, a tutta la gente che abita qui. E sicuramente non intende farlo.

In queste omelie dove sta il travestito che ieri ha ispezionato la casa contro le zanzare? Dove sta la famiglia di miei amici: il medico e il meccanico con il suo figlioletto? Dov’è la gente che difende Marx? Dove, chi abita quella casa in cui non nasceranno mai figli?

Dove la protesta degli Abakua? [una società maschile di neri presente all’Avana e in occidente] Dove i circoli di spiritismo che innalzano le loro preghiere in tutta l’isola? Dove le donne maltrattate che un giorno dissero basta e alzarono la mano? Dove gli adolescenti che osano acquistare preservativi in farmacia? Dove il collettivo Carrito por la Vida [Progetto mobile per la prevenzione dell’AIDS]?

Dove sono io?

cattolicesimoreale.it

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