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(7 Febbraio 2012) Enzo Apicella

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1° maggio di lotta! l'articolo 18 non si tocca!

(28 Aprile 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.pclavoratori.it

Questo Primo Maggio cade in una fase di inasprimento della crisi capitalistica mondiale, una crisi che ormai dura da cinque anni e che le banche, le imprese e i loro governi hanno scaricato sui lavoratori e le masse popolari. Nell'Unione europea il mantra di questa politica è il rigore e la crescita.
La politica del rigore imposta dalla trojka (Ue, Bce, Fmi) ai paesi europei ha avuto una doppia caratterizzazione: dal lato delle imprese e delle banche finanziamenti per migliaia di miliardi di euro (oltre 2.600 miliardi tra finanziamenti statali e della Bce); dal lato dei lavoratori e delle masse popolari tassazione indiretta e tagli lineari dei servizi sociali, scolastici, sanitari, previdenziali e dei trasporti attraverso processi di liberalizzazione e privatizzazione. Inoltre per garantire la continuità di queste politiche ed assicurare i finanziamenti alle banche e alle imprese la trojka ha chiesto ai governi europei l'inserimento nella legge fondamentale della norma sul pareggio di bilancio e del fiscal compact. In linea con questa tendenza il presidente della Bce, Mario Draghi, ha dichiarato morto il welfare europeo, mentre il Fmi lancia l'allarme sull'aumento dell'età media e sui costi insostenibili sanitari e previdenziali.
La politica della crescita uscita fuori dagli incontri ai vertici europei si è caratterizzata in una sola direzione: svalutare il lavoro salariato europeo mettendolo in concorrenza direttamente con i lavoratori della periferia capitalistica e per questa via aumentare i profitti. A questo mirano le politiche di smantellamento dei contratti nazionali di lavoro, di riduzione salariale, di precarizzazione, di liberalizzazione dei licenziamenti e perfino di limitazione del diritto di sciopero.

A questo attacco al salario, ai diritti e alle tutele, conquistati con dure lotte nei diversi paesi europei, la classe operaia e le masse popolari hanno reagito con rivolte, mobilitazioni e scioperi: la sollevazione e gli scioperi dei giovani e dei lavoratori greci, gli scioperi in Portogallo e Spagna, lo sciopero dei metalmeccanici in Italia, la rivolta degli studenti londinesi, la rivolta popolare in Romania, la mobilitazione a Praga. Quello che ancora manca è il necessario salto nella mobilitazione per mettere in campo una forza all'altezza dello scontro: unitaria, radicale e concentrata. La sola che possa mettere in questione un sistema capitalistico regressivo nell'intero continente e nel mondo.

In Italia in questi anni abbiamo assistito ai contratti separati, all'accordo di Pomigliano, Mirafiori e alla sconfitta alla Bertone, quindi alla disdetta del contratto unitario dei metalmeccanici del 2008, alla cancellazione del contratto nazionale di lavoro, sostituito alla Fiat con un contratto aziendale che mette fuori la Fiom dagli stabilimenti e abolisce la rappresentanza e l'agibilità sindacale nelle fabbriche.
Infine ma non per gravità, il governo Monti dopo aver incassato senza una reale opposizione sindacale di massa (appena tre ore di sciopero da parte di Cgil, Cisl e Uil) la peggiore riforma previdenziale vigente in Europa, ha ritenuto possibile l'affondo sul mercato del lavoro, mantenendo sostanzialmente i livelli di precarietà in entrata, aprendo alla libertà di licenziamento con l'abolizione dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e riducendo pesantemente le coperture ed i sostegni in caso di crisi e licenziamenti (mobilità, cassa in deroga, straordinaria e ordinaria). A questo attacco i lavoratori, soprattutto i metalmeccanici sostenuti dalla Fiom, hanno risposto con mobilitazioni, scioperi e blocchi stradali. La burocrazia dirigente che fa capo alla Camusso in CGIL, invece di unificare e concentrare la forza operaia e popolare contro il padronato e il governo Monti mettendo in campo lo sciopero generale prolungato, in accordo con il PD ha operato una funzione di contenimento e soffocamento della mobilitazione dei lavoratori.
Sulla questione della difesa dell'art 18 all'interno della Cgil si è differenziata un’area di forte dissenso alla linea della Camusso, a cui chiediamo di trasformare questo dissenso in opposizione nei luoghi di lavoro, nelle fabbriche e nelle categorie. In questo quadro riteniamo che la necessaria convergenza della mobilitazione in Italia con il resto dell'Europa necessita della costruzione di un fronte unico di lotta, contro il governo e per la difesa “senza se e senza ma dell'art. 18”, di tutte le forze della sinistra politica, sindacale e di movimento. In questa prospettiva il PCL mentre propone alla FdS di rompere con i liberali (PD, IDV) e costruire il fronte unico di classe, mantiene ferma la proposta del No Debito e del governo dei lavoratori, nella prospettiva degli Stati Uniti Socialisti d'Europa.

Partito Comunista dei Lavoratori

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