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Algeria al voto tra astensionismo e disillusione

Quasi 19 milioni di persone sono chiamate alle urne. Le previsioni più ottimistiche danno la vittoria all'Alleanza Verde, nonostante lo spauracchio delle elezioni del 1991 degenerate in guerra civile. Quelle più pessimistiche danno un'affluenza del 10% e un'Algeria sempre più sfiduciata.

(10 Maggio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Algeria al voto tra astensionismo e disillusione

foto: nena-news.globalist.it

GIORGIA GRIFONI

Roma, 10 maggio 2012, Nena News - Era il 1991. Le elezioni parlamentari avevano consegnato il governo al Fronte Islamico della Salvezza (Fis) con il 54% dei voti. In teoria, finiva l’egemonia del Front de Libération nationale (Fln) che aveva cacciato i Francesi e guidato la politica dell’Algeria libera, tra repressione e autoritarismo, per trent’anni. Ma in realtà non è andata così. L’esercito, sotto pressione francese, ha annullato le elezioni e si è scatenata una guerra civile lunga 10 anni e 200.000 morti. Il Fis, dissolto nel 1992, è rimasto fuorilegge, come tutti gli altri partiti islamisti a eccezione del Movimento della Società per la Pace (Msp) legato ai Fratelli musulmani, che ha governato fino a qualche mese fa in coalizione con il Fln. Alle elezioni del 2007, quelle che registrarono l’affluenza più bassa della storia algerina (35%) coalizioni di islamisti non ce n’erano. Ma oggi, dopo le rivoluzioni in Nord Africa e in Medio Oriente che li hanno visti trionfare, i partiti religiosi vogliono concorrere e il presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika, li ha dovuti legalizzare. Oggi, come nel 1991, l’Algeria ci riprova. Eppure sembra che pochi abbiano voglia di andare alle urne.

I DUE BLOCCHI. Nonostante i 44 partiti politici in lizza, secondo gli analisti saranno due i blocchi che si giocheranno il Parlamento: quello del sempiterno Fln, veicolo del pouvoir retto dall’esercito – di cui il governo è solo una facciata – e della cosiddetta Alleanza Verde, che raggruppa una serie di partiti islamici quali Ennahdha, al-Islah e Msp. Quest’ultimo, che nelle elezioni del 2007 – le prime dopo la guerra civile - aveva ottenuto 52 seggi su 389, si è ritirato dalla coalizione di governo per le scarse riforme attuate dopo le proteste del 2011. Percepito però più come un fedele del regime che come un avversario – alcuni suoi leader sono stati ministri nell’attuale governo - non gode della stessa popolarità del defunto Fis. Ma dalla sua ha la ‘Primavera araba’, che ha spodestato i regimi laici di mezzo mondo arabo in favore dei partiti islamisti: proprio questa tendenza, secondo un articolo della rivista Foreign Policy, ha spinto l’Msp a staccarsi dalla coalizione.

ASTENIONISMO. Il trionfo degli islamisti sta anche nell’affluenza che si registrerà oggi. Secondo le previsioni di alcuni attivisti dell’opposizione, alle urne potrebbe presentarsi anche solo il 10% degli aventi diritto. Un risultato ancora peggiore di quello del 2007, quando a votare ci andò solo il 35% dei quasi 19 milioni di algerini aventi diritto. La Primavera araba era ancora lontana, ma la diffidenza nei confronti del pouvoir era già forte. Il Fln ha già chiarito che un’affluenza inferiore al 45% delegittimerebbe la tornata elettorale. Eppure non lo fece nel 2007, quando lo stesso partito si aggiudicò una solida maggioranza in Parlamento grazie a una minoranza di elettori. Gli algerini - come riportano numerosi quotidiani quali al-Jazeera e al-Arabiya – non credono che queste elezioni possano portare il cambiamento sperato. Particolarmente sfiduciati sono i giovani, che hanno infiammato le piazze dello stato nordafricano quando l’avenue Bourghiba di Tunisi bruciava e Piazza Tahrir al Cairo esplodeva. Sono loro che, con un tasso di disoccupazione del 25% pagano il prezzo più alto per la crisi. E sono loro che, secondo gli esperti, domani se ne staranno a casa.

NECESSITA’ DI RIFORME. Chiunque sia il vincitore delle elezioni, dovrà confrontarsi con un paese bisognoso di riforme radicali. Riforme che Bouteflika ha promesso lo scorso anno e che per ora hanno riguardato solo la legge elettorale – con l’ammissione di alcune formazioni a concorrere - e il finanziamento ai partiti. Aveva altresì concesso l’ingresso nel paese a una missione dell’Unione Europea di 500 osservatori, guidata da Jose Ignacio Salafranca, a cui è stata però negata la consultazione del registro nazionale dei votanti: potrà avere accesso solo ai registri regionali. Le misure adottate per arginare l’ondata di proteste del 2011 – abolizione dello stato d’emergenza istituito nel 1992, intervento governativo per fermare l’aumento dei prezzi – non sono sufficienti. Il carovita, la disoccupazione, l’emergenza abitativa, la povertà sono materie su cui il popolo chiede di agire al più presto possibile. E non sono ancora chiare nell’agenda governativa. Ma c’è un piccolo particolare che sfugge a molti: oggi si vota per eleggere i rappresentanti dell’Assemblea nazionale del Popolo (Camera Bassa), le cui decisioni possono essere bloccate dal Consiglio della Nazione (o Camera Alta), composto per un terzo da membri nominati dal Presidente e per due terzi da membri eletti indirettamente su base regionale. Il sistema di governo algerino, presidenziale e non parlamentare, fa si che sia Bouteflika a detenere sempre e comunque il potere. E per quanto democratiche siano queste elezioni, la popolazione è scettica sul reale cambiamento che porteranno. E oggi agirà di conseguenza. Nena News

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