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Pubblicate le motivazioni del processo Eternit

(16 Maggio 2012)

Lunedì 14 maggio 2012 sono state rese note le motivazioni della sentenza del processo Eternit emessa il 13 febbraio 2012 dalla Prima Sezione Penale del Tribunale di Torino che ha condannato I padroni della multinazionale – lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Louis De Cartier De Marchienne a 16 anni di reclusione ciascuno, e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici oltre al risarcimento per le parti civili e le spese processuali.
Dalle motivazioni si evince che sono stati condannati,“In particolare, per aver omesso di collocare impianti, apparecchi e segnali destinati a prevenire malattie-infortuni, e in particolare patologie da amianto (carcinomi polmonari, mesoteliomi pleurici e peritoneali, asbestosi o patologie asbesto correlate non di natura tumorale). “Per aver omesso di adottare: idonei impianti di aspirazione localizzata; idonei sistemi di ventilazione dei locali; sistemi di lavorazione dell’amianto a ciclo chiuso, volti a evitare la manipolazione manuale, lo sviluppo e la diffusione dell’amianto; idonei apparecchi di protezione; organizzati sistemi di pulizia degli indumenti di lavoro all’interno degli stabilimenti con l’aggravante che dal fatto derivano più casi di malattia infortunio in danno dei lavoratori addetti presso gli stabilimenti; ad operazioni comportanti esposizione ad amianto, e deceduti o ammalatisi per patologie riconducibili ad amianto”.

La partecipazione ad ogni udienza, la pressione dei famigliari delle vittime, dei lavoratori, della popolazione di Casale Monferrato e delle Associazioni e Comitati ha portato nelle aule del Tribunale la voglia di giustizia di chi la verità storica l’aveva provata sulla sua pelle, rivendicando con forza anche quella giuridica.

I padroni della multinazionale dell’Eternit Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier De Marchienne sono stati condannati perché negli stabilimenti di Cavagnolo, Casale Monferrato, Bagnoli, Rubiera hanno privilegiato il profitto prima della salute e della vita dei lavoratori, delle loro famiglie e dei cittadini.

Condannati per aver ucciso, mogli, figli, fratelli, sorelle, madri e padri e cittadini che non sono mai entrati in fabbrica, lavoratori che portavano a casa le tute piene di fibrille d’amianto avvelenando i famigliari, perché hanno “omesso di organizzare la pulizia degli indumenti di lavoro in ambito aziendale, in modo da evitare l’indebita esposizione ad amianto dei familiari conviventi e delle persone addette alla predetta pulizia”. “Con l’aggravante che il disastro è avvenuto in quanto l’amianto è stato immesso in ambienti di lavoro e in ambienti di vita su vasta scala e per più decenni, mettendo in pericolo e danneggiando la vita e l’integrità fisica sia di un numero indeterminato di lavoratori sia di popolazioni e causando il decesso di un elevato numero di lavoratori e di cittadini”.

Condannati per “omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro” e per “disastro ambientale” , e perché “hanno continuato e non si sono fermati, né hanno ritenuto di dover modificare radicalmente e strutturalmente la situazione, al fine di migliorare l’ambiente di lavoro e di limitare per quanto possibile l’inquinamento ambientale”. Inoltre Secondo i giudici, “gli imputati hanno pure cercato di nascondere e minimizzare gli effetti nocivi per l’ambiente e per le persone derivanti dalla lavorazione dell’amianto, pur di proseguire nella condotta criminosa intrapresa, facendo così trasparire un dolo di elevatissima intensità”.

Il picco delle morti da amianto è previsto tra il 2020 e il 2030.
Alle migliaia di morti e di ammalati si aggiungeranno quelli che nel frattempo sono stati esposti alla fibra killer. L’abbiamo imparato sulla nostra pelle e su quella dei nostri compagni di lavoro.
Le malattie causate dall’amianto non sono solo quelle più evidenti come le placche pleuriche, l’asbestosi polmonare, i carcinomi polmonari, i mesoteliomi.
Ci sono molti altri tumori, non ancora tabellati, che ogni anno fanno migliaia di vittime senza alcun riconoscimento.

Questa è solo una tappa, è il processo di primo grado e chi ha il potere economico e politico di vita e di morte sugli esseri umani cercherà con ogni mezzo di invalidare questa condanna nei successivi gradi di giudizio.

La mobilitazione, la lotta, perché tutte le vittime abbiano giustizia, deve continuare, anche se non dobbiamo mai dimenticare che esiste un sistema economico, politico, giudiziario che quasi sempre, attraverso condoni e prescrizioni, favorisce i colpevoli e non le vittime.

Sesto S.Giovanni, 14 maggio 2012

Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio

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