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Controriforma del lavoro. non votate quella legge

(16 Maggio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in confederazione.usb.it

Controriforma del lavoro. non votate quella legge

foto: confederazione.usb.it

Nazionale – mercoledì, 16 maggio 2012 Il Senato si appresta al voto sulla “Controriforma del Lavoro” dopo che, per tener conto delle richieste di Confindustria, il passaggio nella Commissione Lavoro del Senato sta peggiorando il già pesantissimo testo arrivato dal governo.

Tra le modifiche troviamo l'allungamento del primo contratto a termine “acausale” da sei mesi ad un anno, contratto che può essere reiterato attraverso l'accordo con i sindacati; la sostanziale cancellazione delle presunzioni antifraudolente sulla partita Iva; l'espansione senza alcuna limitazione del lavoro intermittente per under 25 e over 55; il definitivo affossamento della possibilità di reintegra per i licenziamenti disciplinari venendo tolto ogni riferimento alla legge e molto altro ancora.
Tutto ciò anche con l'appoggio del PD e in molti casi proprio su proposta di questo partito, mentre Cgil, Cisl e Uil borbottano e programmano una manifestazione senza senso per il 2 giugno.
La gente non ha più un euro in tasca (*) e ci si preoccupa di come far fare ancora più soldi alle banche e ai padroni e come poter meglio ricattare e licenziare i lavoratori.
USB invita tutti i senatori a non votare questa legge: con quale faccia potrebbero più chiedere il voto ai lavoratori, ai disoccupati, ai precari ed ai pensionati, dopo aver avallato un provvedimento che parla di ingiustizia, di iniquità, di rapina di diritti e di salario?

(*) A questo proposito riportiamo un articolo di Stefano Porcari

Chi paga l'80% delle tasse? Lavoratori e pensionati!

Un dato che grida vendetta. Il sistema fiscale attuale preleva la maggior parte del reddito dai lavoratori e dagli ex lavoratori. Il boom negli ultimi sette anni. I lavoratori hanno pagato 74 miliardi in più. Le imprese praticamente zero. Ecco perchè non basta indignarsi!!
Oltre la metà dell'Irpef arriva dai lavoratori dipendenti, se a questi si aggiunge il contributo dei pensionati si sfonda il tetto dell'80%..In sette anni (2003-2010) si è registrato un aumento di ben tre punti percentuali del prelievo fiscale, mentre il reddito nello stesso periodo è cresciuto solo di due punti. I dati sono contenuti nel rapporto Lef (Associazione per la legalità e l'equità fiscale), presentato oggi nel corso di un convegno. Nello stesso periodo, invece, cala il peso percentuale del reddito di lavoro autonomo, d'impresa, di partecipazione e degli altri redditi. I risultati acquisiscono ancora più rilievo considerando che non ci sono grandi variazioni nella frequenza dei diversi redditi negli anni considerati.

Il reddito Irpef dichiarato dai contribuenti italiani passa da 655 miliardi del 2003 a 792 mld del 2010. Una crescita alimentata sostanzialmente da lavoro dipendente, sul quale il prelievo fiscale è passato da 344,5 mld del 2003 a 418,1 mld del 2010, e da pensioni, sulle quali è passato da 177,3 mld a 228,2 mld. Meno significativo l'apporto degli altri redditi: il lavoro autonomo passa da 27,4 mld a 34,2 mld, quello d'impresa passa da 30 mld a 30,1 mld e quello di partecipazione passa da 33,7 mld a 35,6 mld.
Dal 2003 al 2010 il peso dell'imposta sulle persone fisiche, quindi, si è spostato su lavoratori dipendenti e pensionati, passando dal 75,59% del 2003 all'78,4% del 2010. Intanto il reddito delle due categorie, nello stesso periodo, è aumentato di soli due punti percentuali, passando 79,66% all'81,55%. Il maggior aggravio si registra per i pensionati,: a fronte di un aumento del reddito del 28,67% (da 177,3 mld del 2003 a 228,2 mld del 2010), si registra un aumento dell'imposta del 41,33% (da 25,2 mld a 35,6 mld).Una situazione inaccettabile in uno scenario che vede già i salari dei lavoratori italiani tra i più bassi nei paesi a capitalismo avanzato.

Il contributo Irpef dei lavoratori autonomi, invece, registra una lieve contrazione passando dal 6,34% del 2003 al 6,17% di sette anni dopo. Mentre la percentuale del reddito sul totale cresce lievemente, passando dal 4,19% al 4,33%. Significativa la forbice anche per il lavoro dipendente che, a fronte di una crescita del reddito del 21,37% (da 344,5 mld del 2003 a 418,1 mld del 2010), fa registrare un aumento dell'imposta del 25,71 (da 64,8 mld del 2003 a 81,5 mld del 2010). Per contro il lavoro autonomo presenta un andamento inverso, con una maggiore crescita del reddito rispetto all'imposta. A fronte di un reddito che sale del 25% (da 27,4 mld del 2003 a 34,2 mld del 2010) l'imposta sale del 22% (da 7,5 mld del 2003 a 9,2 mld del 2010).

E' evidente come questa radiografia indichi un sistema fiscale basato su espliciti criteri di classe che sottrae reddito ai lavoratori e agli ex lavoratori e lo trasferisca al capitale. Una tendenza rafforzata, tra l'altro, dalle scelte recenti in materia di imposte locali e tariffe.

USB Unione Sindacale di Base

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