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Bollettino Difesa Sindacale, aprile 2012

(19 Maggio 2012)

"[...] I lavoratori hanno tradizioni di lotta e di sacrificio e non si deve, come fanno i generali, attribuire agli eserciti le perdite provocate dagli ufficiali. Quando si parla di ripresa ci sono dei dirigenti che affermano che la classe operaia non risponde. Date delle indicazioni e abbiate delle iniziative ben preparate e vedrete che il proletariato darà una buona lezione a tutti i temporeggiatori"

Così il nostro compagno Attilio Sassi, rappresentante della Corrente Anarchica di Difesa Sindacale e già segretario generale della Federazione Italiana Minatori e Cavatori, si esprimeva al IV Congresso della CGIL (Roma, 27 febbraio - 4 marzo 1956). Oltre 50 anni sono trascorsi da questo pronunciamento, ma esso conserva ancora intatto il suo valore di monito nei confronti della subalternità e delle esitazioni che i gruppi dirigenti sindacali esprimono, oggi come ieri, nei confronti del sistema capitalistico e costituiscono ancora una concreta indicazione per l'azione sindacale di classe.

Da molto tempo denunciavamo le pressioni dei settori più moderati del Partito Democratico sul gruppo dirigente della CGIL per il suo riallineamento con la deriva neocorporativa già intrapresa da CISL e UIL: il risultato del Direttivo Nazionale del 19 Aprile 2012 è un passo deciso in questa direzione.

L'ordine del giorno proposto dalla Segreteria Nazionale, un ordine del giorno che suona come oggettivo sostegno al Governo Monti, uno dei più reazionari dal secondo dopoguerra, è passato con 90 voti favorevoli, 35 contrari e 6 astensioni.

Nonostante questo voto un terzo della CGIL non condivide, apertamente, le posizioni "nazionali" degli altri due terzi.

Ciò avviene in una fase acuta dell' attacco del capitale alle conquiste del lavoro, una fase in cui i singoli governi europei sono tutti subalterni al dettato del capitale finanziario che consiste nel far pagare la crisi ai lavoratori ed alle classi sociali subalterne cancellando storiche conquiste, diritti e tutele.

Accettando le posizioni richiestegli dal Partito Democratico in materia di riforma del mercato del lavoro l'attuale maggioranza della CGIL ha replicato quella subalternità al quadro politico parlamentare che già nel 1978 condusse alla svolta dell'EUR e nel 1993 alla cosiddetta "politica dei redditi".

Anche in quelle occasioni i gruppi dirigenti del sindacalismo confederale italiano convennero con le forze del capitale, con il governo e con i partiti politici parlamentari nel realizzare "quell'unità nazionale" per rilanciare la competitività dell'Italia sui mercati internazionali. Quelle scelte di "moderazione salariale" ebbero almeno il pregio della chiarezza, nonostante i disastri e le sconfitte che ne conseguirono. Anche in quelle occasioni il patto era: ripresa prima e riforme poi. Ma le riforme non vennero.

Al contrario si incrementò la ristrutturazione capitalistica che in Italia avrebbe assunto, più che in altri paesi europei, la dimensione della deindustrializzazione e della politica di rapina propria della finanziarizzazione dell'economia, del progressivo smantellamento dello stato sociale, delle privatizzazioni selvagge nell'interesse delle clientele e della corruzione. I salari sarebbero rimasti al palo e rinnovare un contratto nazionale sarebbe divenuto un vero problema.

Quella disponibilità ai sacrifici dei lavoratori, a suo tempo concessa anche dai gruppi dirigenti della CGIL al fine di consentire il rilancio dell'economia nazionale, non avrebbe prodotto altro che il naturale rafforzamento del capitale finanziario drenando la ricchezza sociale prodotta verso la rendita a scapito dei salari, così è che dopo tanti anni da quelle scelte i salari dei lavoratori italiani sono tra i più bassi d'Europa.

Anziché porsi alla testa delle lotte su di un coerente programma di difesa degli interessi dei lavoratori, anziché sostenere efficacemente la tenace opposizione della FIOM, anziché recepire la grande spinta unitaria rivolta verso la mobilitazione impressa dai lavoratori pubblici nelle recenti elezioni delle RSU, anziché recepire la spinta dei suoi settori di sinistra e della sua opposizione interna il gruppo dirigente della CGIL spaccia sconfitte per vittorie e apre un pericolosissimo credito al governo.

Con questo comportamento la CGIL si contraddice, rinuncia all'opposizione perseguita in questi anni per recuperare un'inefficace unità sindacale con i vertici sindacali confederali legati ai partiti politici.

Ancora una volta, anziché imparare dalla storia e dalle sconfitte subite, la maggioranza del gruppo dirigente nazionale della CGIL omette l'autocritica e si schiera per l'unità nazionale, dalla parte dei partiti politici parlamentari che sostengono il governo Monti coerente espressione del capitale finanziario Europeo.

Per questo motivo noi definiamo il gruppo dirigente nazionale della CGIL subalterno, debole e confuso, ed è del tutto condivisibile l'unità dei settori di sinistra e dell'opposizione interna alla CGIL, che ha schierato un terzo del Direttivo Nazionale contro l'intenzione di replicare quell'unità della nazione che svende la difesa degli interessi dei lavoratori e delle classi subalterne per delle improbabili riforme che non si realizzeranno.

Bene ha fatto quindi l'opposizione interna a replicare che l'articolo 18 non si tocca dimostrando nei fatti che esiste anche un'altra CGIL, viva presente e combattiva.

Si tratta di dare maggiore visibilità a questo progetto, contrapponendo all'unità perseguita tra i vertici confederali contigui ai partiti politici e sempre più distanti dalla difesa degli interessi delle classi subalterne, un grande processo unitario e di classe dei lavoratori italiani.


Aprile 2012

Link esterno: http://www.difesasindacale.it/

Difesa Sindacale

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