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Iraq, lo spettro di abu ghraib sul governo maliki

Human Rights Watch accusa Baghdad: nel carcere segreto di Camp Honor detenuti illegalmente e torturati prigionieri politici, baathisti e sunniti. Mentre si apre il processo in contumacia contro il leader sunnita Hashemi, il premier Maliki consolida il suo potere con arresti di massa

(18 Maggio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Iraq, lo spettro di abu ghraib sul governo maliki

foto: nena-news.globalist.it

CHIARA CRUCIATI

Roma, 18 maggio 2012, Nena News (nella foto, Camp Honor, ex base militare Usa e ora centro di detenzione segreto iracheno) – L’Iraq non si sa liberarsi dei suoi fantasmi: un governo sempre più autoritario si lancia contro le minoranze etniche e politiche e, mentre prosegue il processo in contumacia contro il vicepresidente Hashemi, spunta lo spettro di Abu Ghraib.

Ma stavolta a gestire il carcere della vergogna sarebbero le autorità irachene. A lanciare l’allarme è stato martedì scorso Human Rights Watch: in Iraq il governo utilizza segretamente un carcere di Baghdad per detenuti politici, sistematicamente torturati e abusati. Dopo il ritiro delle truppe statunitensi lo scorso dicembre, il sistema carcerario è completamente gestito dalle autorità irachene. Tra i centri di detenzioni, spunta il nome di Camp Honor, ex base militare Usa chiusa ufficialmente un anno fa.

O almeno è quello che il Ministero per i Diritti Umani ha fatto sapere dopo l’accusa di Human Rights Watch: Camp Honor non è un centro di detenzione segreto. Basta guardare, secondo Baghdad, al luogo in cui si trova: la Green Zone, il centro della capitale, accanto a ambasciate straniere e uffici governativi. La base consiste di oltre 15 edifici fortificati, controllati dalla 56° Brigata dell’esercito iracheno.

“Le forze di sicurezza irachene – insiste l’organizzazione, portando come prova le interviste raccolte tra 35 ex detenuti a Camp Honor – tengono prigionieri dei civili violando la legge, senza processi né accuse formali”. “Bugie – risponde Kamil Amin, portavoce del Ministero per i Diritti Umani – Camp Honor è stato chiuso un anno fa e tutti i detenuti sono stati trasferiti in altre prigioni”.

Ma le associazioni per i diritti umani continuano la battaglia: insieme a Camp Honor, il governo starebbe utilizzando altre due carceri segrete, dove i violenti e brutali interrogatori verrebbero condotti da funzionari dell’esecutivo e dalle forze di sicurezza, direttamente gestite dal premier Nouri al-Maliki. Un altro dei poteri che il primo ministro iracheno è riuscito ad accaparrarsi nel corso della legislatura: una volta posto al potere dall’amministrazione di Washington, lo sciita Maliki ha avviato una campagna di indebolimento delle opposizioni sunnite, contribuendo a esasperare un clima di settarismi e violenze che sta insanguinando il Paese.

Arresti di massa e torture

L’accusa di Human Rights Watch è grave. Le interviste agli ex detenuti, a familiari e avvocati parlano chiaro: il governo di Baghdad sta compiendo arresti di massa e molti dei detenuti per ragioni politiche finiscono nel carcere segreto, dove subiscono torture e abusi fisici e psicologici.

Dallo scorso ottobre, l’esecutivo guidato da Maliki ha portato avanti arresti di massa, ondate di detenzioni definite dalle autorità “precauzionali”. La più recente campagna di arresti risale a marzo, in occasione del summit della Lega Araba, ospitato da Baghdad dopo oltre vent’anni: centinaia gli arresti preventivi per evitare atti terroristici o semplici manifestazioni di protesta che potessero “imbarazzare il Paese” e svelare la reale situazione della sicurezza. Molti testimoni raccontano di veri e propri raid compiuti dalle forze di sicurezza che, una volta individuato il target, circondano interi quartieri delle città irachene per poi andare porta a porta alla caccia dei “ricercati”, i cui nomi sono forniti direttamente dal governo.

Difficile quantificarne il numero: una media che si aggira sui 100 arresti ogni mese. Tra gli obiettivi, iracheni legati al partito Baath e fedelissimi dell’ex dittatore Saddam Hussein, ma anche membri o semplici simpatizzati delle fazioni sunnite. Tra ottobre e novembre 2011, sarebbero stati arrestati ben 1.500 iracheni considerati baathisti: per il governo, terroristi pronti al colpo di Stato. Arresti di massa dello stesso tenore nei quartieri sunniti di Baghdad e del resto delle province irachene.

Stesse anche le storie raccontate dagli ex detenuti: torture, elettroshock, pestaggi, isolamento prolungato, minacce di violenze a mogli e figlie, per costringere i prigionieri a firmare false confessioni. A confermare le testimonianze, c’è una lettera del Comitato Internazionale della Croce Rossa che documenta i metodi di tortura praticati a Camp Honor, lettera pubblicata sul Los Angeles Times e successivamente smentita dallo stesso Comitato.

Il processo al vicepresidente sunnita Hashemi

Prosegue intanto in un tribunale di Baghdad il processo al vicepresidente iracheno Tareq al-Hashemi. Il leader del partito sunnita Iraqiya è accusato di terrorismo, omicidio e tentativo di colpo di Stato. Il premier Maliki ha spiccato un mandato d’arresto contro Hashemi lo scorso dicembre: da allora il vicepresidente è in fuga, prima in Kurdistan, poi nel Golfo e ora in Turchia.

Mercoledì, durante l’udienza, una delle guardie del corpo di Hashemi ha affermato di aver ricevuto tremila dollari dal leader di Iraqiya per assassinare un funzionario governativo, uno degli oltre cento omicidi di cui il vicepresidente è accusato. La scorsa settimana l’Interpol ha spiccato un proprio mandato d’arresto internazionale. Maliki respinge tutte le accuse, definendole un complotto dell’esecutivo a maggioranza sciita per tagliare fuori la compagine sunnita. Nena News

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