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Egitto, presidenziali: bye bye first lady

Tutti i 13 candidati in lizza per le presidenziali egiziane hanno affermato nero su bianco di volere che le loro compagne stiano distanti dagli affari di stato del paese.

(23 Maggio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Egitto, presidenziali: bye bye first lady

foto: nena-news.globalist.it

ELEONORA VIO

Roma, 23 maggio 2012, Nena News (le ultime first lady dell'Egitto, da sinistra Suzanne Mubarak e Jihan Sadat) - Il popolo egiziano è chiamato a votare liberamente il suo nuovo presidente dopo quindici mesi dal rovesciamento di Hosni Mubarak.

Che si tratti di un rappresentante dell’elitaria cerchia orbitante attorno all’ex presidente Hosni Mubarak, o che il popolo egiziano dia fiducia a un candidato della controparte islamista sottomessa per anni, l’Egitto è in fermento ed è desideroso più che mai di farsi liberamente sentire. Se il nuovo presidente egiziano sarà per forza di cose uomo, ci si domanda però che ruolo assumerà la sua partner donna.

Ricordando il noto aforisma di Julio Valentin Ferreira Gonzalez, cioè che “A fianco di un grande uomo c’è sempre una grande donna,” è impossibile non ricordare la moltitudine di eminenti personalità femminili che la storia politica globale annovera. Eleanor Roosevelt, Indira Ghandi, Benazir Bhutto o Hillary Clinton. Solo per citarne alcune.

Lo stato egiziano non è stato da meno negli anni passati. Dalla rivoluzione nasseriana del 1953, il panorama politico femminile egiziano ha visto succedersi tre eminenti personalità – Tahiya Abdel-Nasser, Jihan el-Sadat e Suzanne Mubarak – provenienti da un simile e privilegiato milieu ma interpreti di tempi e costumi differenti.

Le elezioni di quest’anno, pur rappresentando un importante traguardo della lunga e per tanti versi sofferta Primavera Araba, lasciano diverse questioni in sospeso. Oggi come oggi, fare pronostici sulla situazione economica egiziana, sul ruolo crescente dell’Islam nel territorio, sul futuro della tanto auspicata democrazia, sulla relazione dell’Egitto con gli Stati Uniti o con Israele, è pressoché impossibile.

Una cosa però è certa.

“Se vinco, non manterrò assolutamente la tradizione della first lady”, ha affermato Amr Moussa, ministro degli affari esteri sotto Mubarak e tra i più forti candidati in corsa, sulla televisione privata egiziana CBC. A fargli immediatamente eco, Hamdeen Sabahi, della cerchia dei candidati indipendenti, “Se vinco, mia moglie non sarà coinvolta in politica.”

Le motivazioni dei candidati egiziani dietro una presa di posizione così forte e decisa nei confronti delle compagne di una vita potrebbero essere duplici.

E’ con un sorriso sulle labbra che si ripensa al momento in cui Suzanne Mubarak – moglie del presidente egiziano Hosni Mubarak, regnante dal 1998 al 2011– accusò un mancamento e forti dolori al petto nell’attimo in cui le fu consegnato un ordine di detenzione per aver beneficiato economicamente dell’alta carica ricoperta dal marito.

Se le autorevoli voci che la accusano di aver nascosto un capitale pari a 2.5m di euro e aver acquisito i diritti di un numero imprecisato di lussuose ville e proprietà sparse per il mondo fossero fondate, sarebbe lecito simpatizzare per i 12 potenziali presidenti e il debole ruolo che intendono conferire alle loro mogli una volta eletti.

“Una delle ragioni per l’insoddisfazione del popolo nei confronti di Mubarak era il potente ruolo ricoperto dalla moglie negli affari pubblici,” ha detto Amr Moussa a CBC. “Quello che è successo a Mubarak e alla sua famiglia renderà il prossimo presidente più impegnato nei confronti della legge e della costituzione, dove non vi è menzione alcuna del ruolo della cosiddetta first lady.”

Per nulla sottovalutando la lunga serie di trucchetti adottati da Suzanne Mubarak, che amava esser chiamata “Hanem,” o “Madam”, negli ultimi dieci anni per acquisire potere all’interno del ristretto e altresì corrotto scenario politico egiziano, vanno comunque ricordate alcune opere da lei compiute, come il progetto ‘Leggere per Tutti’ o la campagna per il vaccino anti poliomielite.

Se la Signora Mubarak ha sfruttato al meglio le potenzialità del suo tempo, coincise con il boom del mondo telematico, per guadagnare soldi e potere, il ruolo di first lady, in quanto tale, nacque con Jihan al-Sadat, moglie del presidente egiziano Anwar al-Sadat in carica dal 1970 al 1980.

Musulmana di aristocratica famiglia, Jihan al-Sadat decise di sposare il suo idolo di sempre, Anwar al-Sadat, benché divorziato, scontrandosi con il fermo volere del padre. Respirando già l’aria libertaria dell’anti-conformista decennio a seguire, negli anni ’50 Jihan Sadat si fece pioniera della causa dei diritti delle donne nel suo paese facendo passare due importanti leggi ancora in vigore – le ‘quote rosa’ in Parlamento e il diritto delle donne al divorzio e alla custodia dei figli.

Quando Anwar al-Sadat divenne presidente d’Egitto, Jihan al-Sadat implementò il suo coinvolgimento in progetti umanitari supportati dal marito e, cosa del tutto estranea prima alle mogli di leader musulmani, cominciò a viaggiare all’estero da sola. La sua emancipazione a livello privato e pubblico fu apprezzata da molti ma ampiamente criticata da quegli arabi tradizionalisti e fondamentalisti che non vedevano di buon occhio il suo manierismo occidentale e la sua frequente e voluta apparizione nei media esteri.

Non ci sarebbe potuto essere distacco più netto tra i coniugi Jihan e Anwar al-Sadat e la coppia simbolo del nuovo Egitto, Tahiya e Gamal Abdel-Nasser. I tempi stavano cambiando e i protagonisti della scena politica e storica egiziana con esso. Come ha detto il sociologo egiziano Farghaly Haroon a The Gazette Online un anno fa, “Mentre Abdel-Nasser seguiva un modello di tipo sovietico, al-Sadat preferiva quello occidentale.”

Così Tahiya Abdel-Nasser non partecipò mai alla vita pubblica o ad alcuna attività sociale. Se le mogli dei due successivi presidenti egiziani si forgiarono del titolo di first lady, Tahiya non fu mai più di una ‘signora’, quel prototipo di donna borghese tradizionalista degli anni ’40 e ’50 devota alla cura del marito e dei figli e distante anni luce dalla sfera pubblica e professionale del compagno.

Nel presente, la decisione degli attuali candidati alle presidenziali egiziane di non volere che le loro donne diventino protagoniste attive nel complicato scacchiere politico potrebbe derivare dalla mala esperienza precedentemente vissuta con Suzanne Mubarak e i suoi tranelli. E in tal senso andrebbe a confermare ciò che Talaat el-Hakim, assistente di psicologia, afferma, cioè che “Psicologicamente il pubblico desidera che si proclami la fine della nomenclatura di first lady.”

Oppure, poiché ognuna delle precedenti figure femminili egiziane citate è specchio del suo tempo, sarebbe da intendersi come prodotto di un’involuzione interna alla società egiziana, di un ritorno al ruolo tradizionale della donna, questa volta in senso più strettamente religioso rispetto ai tempi di al-Nasser, in vista di una probabile tornata islamista.

Citando le parole di Nagla Mahmoud, moglie del candidato alle presidenziali e rappresentante dei Fratelli Musulmani Mohamed Mursi, “L’Islam ci ha insegnato che i governanti dei popoli sono loro servi, come la moglie. Il suo ruolo è quello di servire e aiutare il marito, esattamente come il marito serve il suo pubblico. Ogni titolo innovativo come quello di first lady d’Egitto è respinto.”

In questa giornata storica per il futuro del popolo egiziano si è pronti a tracciare una linea di demarcazione netta con il passato per ciò che concerne la gestione dello stato, ma si ripesca dalle sue lontane compagini il limitato ruolo della donna all’interno della vita pubblica.

In una società più conservatrice come quella egiziana d’oggi, sta bene che la donna del presidente sia coinvolta in affari di natura sociale o umanitaria, ma è suo preciso dovere non intromettersi in quelle questioni politiche adatte per convenzione a soli uomini. Con un po' di malcontento si può perciò affermare: bye bye first lady. Nena News

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