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Arsenico Lupin

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Roma, l’altro 2 giugno

(3 Giugno 2012)

Ieri, a Roma si è avuta un’ulteriore conferma della vitalità del movimento a difesa dell’acqua pubblica e dei beni comuni. Un segnale incoraggiante, vista la volontà di ignorare l’esito del referendum del giugno 2011 espressa tanto dal governo Monti quanto da amministrazioni locali come la Giunta Alemanno (intenzionata – assecondando i poteri forti della città - a ridurre il comune di Roma ad azionista di minoranza di Acea). Ma la manifestazione ha avuto un significato ancor più complessivo, indicando – come ci ha spiegato, al termine del corteo, Andrea Maggi del Coordinamento romano per l’acqua pubblica – un modo alternativo di intendere la Festa della Repubblica.

nasone 2 giugno

Intanto, ci puoi spiegare il rapporto fra questa manifestazione e la parata di stamattina?
Il punto è che purtroppo, da un bel po’ di anni, la parata delle forze armate va a rappresentare, per giunta in modo esclusivo, la Festa della Repubblica. A noi questo profilo militarista non piace e riteniamo, invece, che questa sia anzitutto la giornata delle cittadine e dei cittadini che da tempo si battono per mantenere la gestione pubblica dei beni comuni. A partire dall’acqua, che oggi è il tema principale. Ciò perché circa un anno fa, il 12 ed il 13 giugno, la maggioranza assoluta del popolo italiano si è espressa chiaramente sulla gestione di questo bene essenziale, dicendo che l’acqua deve essere posta fuori dal mercato. Ad oggi, l’esito referendario non è ancora rispettato. E’ per questo motivo che abbiamo voluto fare una manifestazione il 2 giugno, sulla base dello slogan “La Repubblica siamo noi”, perché la Repubblica sono anzitutto i cittadini che ora si battono per un più avanzato assetto sociale ed istituzionale, in continuità con coloro che, il 2 giugno 1946, votarono per il definitivo superamento della Monarchia.

Oggi in piazza vi sono diverse realtà territoriali che – oltre alla difesa dell’acqua pubblica – richiamano alla necessità di una diversa gestione del ciclo dei rifiuti e denunciano l’aggressione all’ambiente in diverse parti d’Italia. La partecipazione di questi comitati locali è un dato occasionale, oppure è il frutto di un rapporto che si è creato in questi anni?
Naturalmente, non si tratta di una partecipazione occasionale. Già prima della vittoria referendaria, il movimento per l’acqua pubblica si è sempre mosso in modo inclusivo, cercando la più ampia collaborazione con le altre realtà che si battono per i beni comuni. Per giunta, alcuni discorsi sono intimamente connessi. Si pensi alla questione dei rifiuti: molto spesso le discariche – che auspichiamo non siano più permesse in Italia – vanno ad inquinare le falde acquifere. Inoltre, oggi, come negli anni precedenti, hanno partecipano alle manifestazioni contro la privatizzazione dell’acqua, anche tutti quei comitati che si battono per il mantenimento di una gestione pubblica dei trasporti. Un tema, questo, che proprio a Roma è molto caldo…

Sì, perché rimanda tanto al rincaro dei biglietti, già in atto, quanto alla possibilità che molti lavoratori vengano licenziati. Ora, proprio riguardo ai lavoratori, anche ad Acea qualcosa si muove. Il 28 maggio c’è stato uno sciopero interno all’azienda. Dunque, il discorso sui beni comuni si sta intrecciando con altre istanze sociali…
Questo è indubbio e rimanda anzitutto ad una spinta che viene dai lavoratori stessi. Noi come movimento per l’acqua pubblica cerchiamo di sviluppare un ragionamento complessivo, che tiene conto del fatto che – rispetto ad Acea – un ingresso ulteriore dei privati non può che rendere più precarie ed instabili le condizioni dei lavoratori. In generale, è necessario avere chiaro che – al di là del tema portante delle manifestazioni – in questo momento è in atto una complessiva lotta che dobbiamo assolutamente vincere, perché riguarda la sostanza stessa della democrazia: una lotta fra le esigenze dei cittadini e dei lavoratori da un lato ed i diktat dei mercati e delle istituzioni finanziarie italiane ed europee dall’altro.

A proposito del fatto che in Acea i privati già ci sono…nella manifestazione romana del 5 maggio era presente anche il Pd, che oggi si oppone alla linea Alemanno, ma che ieri ha promosso la prima fase della privatizzazione della gestione dell’acqua nella capitale. Non è una contraddizione?
Certo: le forze del centrosinistra su questo tema non hanno un atteggiamento lineare. Si pensi pure alla recente, scandalosa, dichiarazione di Vendola includente l’acqua tra i servizi pubblici da privatizzare. Poi si è smentito, dicendo che questo discorso varrebbe solo per trasporti e rifiuti. La nostra logica, come è noto, è diametralmente opposta. Il primo quesito referendario (è bene ricordarlo) escludeva dalla privatizzazione non solo l’acqua, ma tutti i servizi pubblici locali. Per quanto riguarda il Pd, va detto che, ultimamente, a livello romano le sue dichiarazioni sono state in linea con le nostre posizioni. Magari si tratta della salita sul carro dei vincitori dopo l’esito referendario, però in Consiglio Comunale tutta l’opposizione si sta battendo per evitare che venga approvato quel Bilancio che vede tra i suoi punti qualificanti l’ulteriore privatizzazione di Acea e la creazione di una maxi holding comprendente Atac ed Ama. Diciamo che a noi interessa soprattutto continuare a parlare con i cittadini, al di là delle loro appartenenze partitiche. Poi, se certe forze politiche, come il Pd o altre, non si muovono in modo coerente, è normale, ed anche giusto, che esplodano le contraddizioni fra loro e l’elettorato di riferimento, che non vede pienamente rispettata la volontà popolare.

Bene. Come intendente proseguire questo percorso?
Io vi posso parlare in particolare di quello che faremo a Roma, dove il nostro impegno sarà anzitutto volto a sventare il disegno di Alemanno di vendere il 21% di Acea, facendo così scendere il Comune al 30% del capitale aziendale. Se già adesso che il Comune è azionista di maggioranza non è garantita una gestione veramente pubblica e vicina ai bisogni dei cittadini, con questa vendita la situazione peggiorerebbe. Per giunta, si calpesterebbe l’indicazione espressa nel giugno 2011 da oltre 1.200.000 di romani, rendendo chiaro una volta per tutte che quello che decidono i cittadini non ha alcun valore. Per cui si tratta di opporsi in modo chiaro all’approvazione del Bilancio voluto dalla Giunta, seguendo passo dopo passo i lavori del Consiglio Comunale.

A cura de Il Pane e le rose – Collettivo redazionale di Roma

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