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(4 Febbraio 2011) Enzo Apicella
La rivolta in Egitto infiamma il mondo arabo

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Il fantasma di Mubarak su un Egitto diviso in due

(14 Giugno 2012)

donne egit

Per due giorni consecutivi le voci lo davano spacciato: condannato a morte dalla natura anziché dai giudici. La rianimazione, la visita dei figli scampati alla galera e della consorte Suzanne risollevano le condizioni di salute del vecchio faraone. Lui resta vigile sull’ultimo scontro fra la coppia che si contende lo scranno dov’era rimasto seduto per trent’anni. Il fantasma di Mubarak aleggia sulle battute finali d’una campagna infuocata, seppure in questi giorni senza le fiamme di piazza, più per quello che succederà dopo il voto di domenica che per quanto è accaduto la scorsa settimana con la sentenza solo carceraria. Chiunque dovesse vincere (l’anziano delfino del regime Shafiq o l’islamico Mursi) dovrà fare i conti con l’altro Egitto che desidera l’esatto contrario di quanto vorrà fare il presidente in carica. I sondaggi sono aperti e opposti, non solo quelli della propaganda occulta pilotati dai due schieramenti. Se si osserva l’effetto chiusura col passato potrebbe vincere Mursi, ora anche Ahmed Maher, uno dei leader del Movimento 6 Aprile, ha dato l’indicazione ai suoi di convogliare sul candidato della Fratellanza una preferenza da “meno peggio”. Se si parla di sicurezza Shafiq calamita un’infinità di voti in maniera trasversale.

Anche quelli dei poverissimi, non solo i copti zabbaleen che lo scelgono in funzione antimusulmana, pure altre fasce economicamente depresse sono orientate a dargli fiducia in base alle promesse di ripresa economica e lavoro. Basterebbe vedere i lussuosi hotel dove l’ex generale ha organizzato i propri comizi e l’auditorio dei ceti agiati che lo applaude per comprendere il vero target cui si rivolge. Ma la scheda nell’urna sembra travalicare ogni logica razionale. Né c’è da attendersi che la Suprema Commissione Elettorale, già magnanima con lui, gli impedisca il ballottaggio a quarantott’ore dal voto in base alla Disenfrachisement law. Se così fosse almeno una parte dei cinque milioni di suoi elettori (quelli del primo turno) si riverserebbero in strada, le contestazioni sarebbero ingovernabili. Seppure ieri in funzione preventiva la Giunta ha annunciato che l’Esercito ha la facoltà di arrestare qualsiasi cittadino si dedichi a tumulti. Ormai bisogna scegliere, e quei laici progressisti che non amano né l’uno né l’altro candidato, bollando entrambi come fautori di un “fascismo-militare o un fascismo-religioso”, dovranno turarsi il naso e votare. Oppure astenersi ancora e vedere un presidente comunque eletto, anche con basse percentuali d’affluenza che invece non sono previste. Anzi.

Nel voto all’estero sta prevalendo Musri e molte dichiarazioni egiziane riportate dai media ripetono il refrain che lui è un uomo pacato e responsabile. Ma sempre pesa l’ossessione che se diverrà Capo di Stato a cadenzargli i passi e orientarne l’agenda saranno i teologi e personaggi come Badie. Fra l’altro Mursi non avrà vita semplice fra gli stessi Fratelli che impugneranno coltelli politici contro la fazione che lo sostiene. Lui ha cercato alleanze in ogni direzione, fra i pretendenti esclusi Fotouh ha annuito senza rancori, mentre Sabbahi ha dribblato l’offerta della vicepresidenza. Alcuni commentatori ieri suggerivano all’uomo della Confraternita di divulgare l’idea di una duplice rinuncia da parte sua e del partito sia al premierato sia alla vicepresidenza. Con quest’effetto stupirebbe gli indecisi dando prova di reale pluralismo e potrebbe accaparrarsi i voti che lo separano dalla presidenza. Ma altri sostengono che certi tatticismi esistono solo nelle congetture politologiche. L’anti-islamismo politico resta un punto fermo di una metà dell’Egitto che va alle urne e di quello che lo rappresenta, infatti mentre veniva presentata una nuova lista dei 100 membri dell’Assemblea Costituente già si riaccendevano polemiche sul rilanciato monopolio islamico. In quella lista stavolta i parlamentari della schiera musulmana sono 27, ma anche fra i professori, gli esperti legali, le figure pubbliche e i giovani, i pensatori e scrittori gli anti islamisti trovano una schiacciante maggioranza che s’opporrebbe a uno Stato secolare. Le donne in lista sono solo sette, col tacito assenso del tradizionalismo laico e confessionale. Il percorso costituzionale appare ben più contrastato del conflittuale passo della presidenza.

13 giugno 2012

Enrico Campofreda

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