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(2 Giugno 2010) Enzo Apicella
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Diario da Rio+20 - Il Brasile tenta di ravvivare il negoziato.

(21 Giugno 2012)

Da l'Unità del 20 giugno 2012

rio-20

Il primo testo negoziale presentato ieri dal governo brasiliano al summit Rio+20 ha fatto infuriare tutti. Tante raccomandazioni ma nessun impegno concreto. Sull’energia e sulle attività estrattive il documento sembra redatto direttamente dalle multinazionali del settore, come accusano le organizzazioni ambientaliste presenti. Quando manca un giorno all’arrivo dei capi di Stato ed è difficile attendersi qualche cambiamento di rotta. Il capo negoziatore brasiliano, Luiz Alberto Figueiredo, ha già iniziato il gioco delle responsabilità per il fallimento del summit. Il governo di Dilma cercherà di evitarlo con ogni mezzo, anche se questo dovesse significare un documento palesemente incapace di affrontare la sfida richiesta. Le accuse sono rivolte ai paesi ricchi, colpevoli di non volere assumere nessun impegno concreto per garantire lo sviluppo sostenibile, mentre invece nelle stesse ore il G20 elargisce sussidi per ben 1000 miliardi di dollari ai combustibili fossili. Al Summit mondiale dei popoli per la giustizia ambientale e sociale, nessuno si attendeva miracoli. Uno dei temi centrali riguarda la necessità di un nuovo modello energetico per uscire dalla crisi. Le reti di ong si sono incontrate per iniziare a discutere su come costruire una rete internazionale che sappia porre al centro dell’agenda politica il tema della riconversione energetica. In Brasile il MAB, movimento contro le dighe, porta avanti da anni insieme ai sindacati battaglie contro la costruzione di mega dighe. Il 90% dell’energia elettrica viene dall’idroelettrico, le tariffe sono le quinte più costose al mondo, le privatizzazioni degli anni ’90 hanno consegnato l’energia ad un cartello cheinclude Santander e City Group, Suez, Duke, Endesa, General Eletric, Siemens, General Motor. I salari si sono ridotti tra il 40 ed il 60% e quasi un terzo dei lavoratori mandati a casa. Movimenti simili contro i colossi della dark economy ci sono in India, Nigeria e anche in Italia, da Civitavecchia al Monte Amiata.

Giuseppe De Marzo

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