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Nessuna alleanza con il PD

(1 Luglio 2012)

Firenze 27/6/2012
Al Partito dei Comunisti Italiani - Federazione di Firenze
E p.c.
Comitato Politico Regionale
Direzione Nazionale


Cari compagni,

vi sono momenti inderogabili per un comunista nei quali è giusto e necessario
verificare lo stato dei rapporti con il partito, il ruolo ed i caratteri della
sua militanza.
Per un comunista, per ogni comunista, infatti, il rapporto con il proprio
partito non può e non potrà mai esaurirsi semplicemente in un generico senso di
appartenenza, né in una per quanto vissuta cultura identitaria.
Appartenere ad un partito comunista significa prima di tutto condividere la
responsabilità politica di un progetto strategico per il rovesciamento ed il
superamento del capitalismo, della liberazione dal lavoro salariato e dalla
società divisa in classi.
Solo a partire da tutto questo è legittimo parlare di identità comunista come
capacità e volontà di riappropriazione totale, rigorosa e coerente degli
strumenti di analisi, della teoria e della prassi marxista e di orgogliosa
rivendicazione di una propria concezione del mondo e delle proprie prospettive
storiche.
Mai come in questo momento si è mostrata a scala globale tutta la potenza e la
violenza dell’avversario di classe nei confronti del proletariato
internazionale, un proletariato che nel nostro terzo millennio si presenta in
forme e composizioni tecniche estremamente complesse, non più riconducibile
solo all’operaio di linea, ma a settori sempre più estesi di lavoratori del
terziario, del pubblico impiego, della scuola e della università.
Così come si è confermata l’evoluzione del sistema nella sua fase estrema e
cioè quella dell’imperialismo del capitalismo finanziario.
E la crisi che stiamo vivendo e pagando è la crisi strutturale di questo
sistema, che per salvare la sua armatura economico-statale è disposta a
distruggere e a decimare i suoi stessi fattori produttivi, così come avvenne,
anche se in una fase e con caratteristiche diverse, nella guerra dichiarata
dalla borghesia di allora nella Parigi della Comune, dove essa arrivò ad
uccidere 30.000 operai, pur di confermare il proprio dominio.
La decimazione di oggi si chiama precarizzazione, impoverimento, distruzione
delle forme della rappresentanza, della sicurezza sul lavoro, annientamento
progressivo dello stato sociale per arrivare a mettere in discussione ed
affondare, come borghesia, le stesse leggi della sua democrazia formale e
sostanziale.

Questo insieme di condizioni oggettive va mostrando tutta l’attualità di un
progetto comunista: della ricostruzione di un blocco sociale antagonista, della
necessità di ricomposizione dei conflitti e dei tragitti politici intorno ad un
nuovo soggetto in grado di rappresentarsi come vettore di questa ricomposizione
e di questo processo.
In questo quadro generale si pongono le urgenze, da una parte della
ricostruzione di una dimensione strategica, una forma partito ed una classe
dirigente adeguata agli scenari del presente, rimettendo in moto tutta l’
organizzazione, federale per federale, sezione per sezione, compagno per
compagno, puntando soprattutto sulle nuove generazioni coinvolgendole
direttamente in questa ricerca, cercando di produrre insieme formazione, prassi
e nuovi strumenti dell’azione politica all’interno dei conflitti diffusi e,
dall’altra, dell’avvio di un processo costituente per la costruzione di un
fronte politico unitario della sinistra comunista ed anticapitalista.
Tutto questo era e sarebbe ancora materia e sviluppo coerente delle tesi che
erano alla base del nostro penultimo congresso, il quinto del 2008, ma che poi
hanno finito col rimanere sullo sfondo, una sorta di quinta teatrale, mentre
tutta la sostanza del dibattito e del contendere si è declinata ed inaridita
intorno alla necessità di un nostro ritorno in Parlamento e quindi ai
meccanismi convulsi ed intricati delle possibili alleanze.
Il nostro partito, a partire dal suo gruppo dirigente, ha così rinunciato ad
ogni forma di volontà di leggere lo scenario delle trasformazioni in atto nella
società attuale, di farsi soggetto propositivo di mettersi in gioco in un
progetto reale di ricomposizione di una sinistra di classe.
Certo, è indiscutibile che in uno scenario drammatico come quello attuale,
nell’agenda politica si ponga il problema delle alleanze, sia sul piano
strategico che tattico, certo che per abbattere lo Zar ed il suo sistema
feudale ci si può alleare con le forze antizariste della democrazia liberale,
ma il fatto è che il nostro Zar non è più Berlusconi, ma la BCE, che le forze
con cui noi dovremmo cercare alleanze non dovrebbero limitarsi semplicemente a
quelle che nuotano nel mare magnum dell’antiliberismo, ma soprattutto in quello
più cogente dell’opposizione al dominio della finanza internazionale ed ai
capisaldi politici che la governano.
E nella compagine di quelle forze cui noi, secondo il nostro gruppo dirigente
dovremmo far riferimento nella politica delle alleanze quanto è presente questa
posizione? Certamente non il PD che non solo ha avallato e sottoscritto quell’
atto dichiaratamente eversivo dell’introduzione della norma sull’obbligo della
parità di bilancio nella nostra carta costituzionale, distruggendo per sempre
ogni forma ed ogni prospettiva di consolidamento e rilancio dello stato sociale
nel nostro paese, ma si è di fatto eletto al più zelante sostenitore del
governo Monti.
I comunisti hanno sempre posto sul piatto della politica la questione del
potere, anche nelle forme specifiche dell’essere o riconoscersi come forza di
governo all’interno della dialettica parlamentare, ma questa dialettica deve
avere un senso ed una sua coerenza in un rapporto non contraddittorio tra ruoli
istituzionali e natura ed obbiettivi strategici del partito.
Se il prezzo che dobbiamo pagare oggi per riottenere, costi quel che costi, le
briciole di una nostra presenza in Parlamento è vedere il nostro partito privo
di qualsiasi autonomia politica strangolato negli irreversibili terreni del
pragmatismo organizzativo, dell’opportunismo e della subalternità culturale,
deciso a sacrificare e negare sull’altare di questo unico fine, ogni forma di
dialettica interna, considerando qualsiasi voce critica, inaccettabile,
intollerabile e quindi da “espellere”, allora noi non ci stiamo.
Di fronte a questa prospettiva non riusciamo più a trovare il senso di una
appartenenza e la concretezza di un utile apporto militante. Per noi si è rotto
definitivamente il rapporto fiduciario e quindi ci troviamo costretti, dopo
tanti anni di militanza, di lotte e di lavoro comune, ad uscire dal Partito dei
Comunisti Italiani.

Laura Bartoli – FGCI Firenze
Fabrizio Borchi - FGCI Firenze
Guido Calosi – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Guido Del Re – CPF; PdCI Firenze
Sara Eisa - FGCI Firenze
Simone Faini – FGCI Firenze
Niccolò Fontanelli – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Lisa Gabellini – PdCI Mugello Valdisieve
Luciana Gherardini – PdCI Firenze
Lidia Giannelli – Segretario Sez. PdCI Mugello Valdisieve; Consigliere
comunale FdS Dicomano
Lisa Goffi – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Massimo Grandi – CPF; Esecutivo FdS Firenze e Fiesole
Alessio Marangi – FGCI Firenze
Giampaolo Marangi – PdCI Mugello Valdisieve
Desirèe Parenti – FGCI Firenze
Costanza Parigi - FGCI Firenze
Lorenzo Piattelli – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Maria Pintucchi – CPF PdCI Firenze
Gianfranco Polvani – PdCI Firenze
Michele Quadernucci – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Ambra Roncucci – CPR; Coordinatore FGCI Firenze
Augusto Scaglioso – CPR; Segretario Sez. Centro PdCI Firenze
Cinzia Taccini – CPF; Coordinamento FGCI Firenze
Marco Tangocci – CPR; Segretario Sez. Stalingrado PdCI Firenze
Alberto Topini - FGCI Firenze
Mieke Verbert – PdCI Firenze

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