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Intervista a Sarsak. “Non é la mia vittoria. É la vostra.”

(17 Luglio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.caunapoli.org

Intervista a Sarsak. “Non é la mia vittoria. É la vostra.”

foto: www.caunapoli.org

Pubblichiamo una nostra traduzione di alcuni passaggi di un’intervista a Mahmoud Sarsak, il calciatore della nazionale palestinese rilasciato la scorsa settimana da Israele dopo tre anni di “detenzione amministrativa”, realizzata nelle ultime ore. Ancora una volta, l’occupazione sionista e tutte le pratiche, legali ed illegali che essa utilizza, non riescono a piegare la resistenza di un popolo. In questo senso, la determinazione di Mahmoud a lottare ancor piú di prima per la liberazione della propria terra é il simbolo di quella di tutto il popolo palestinese, a Gaza, in Cisgiordania e nella diaspora.

tratto da electronicintifada.net

Mahmoud indossa due medaglie d’oro ed una sciarpa che é al contempo una bandiera palestinese ed una kefiah.“Grazie a Dio per il tuo rilascio” – gli ho detto. Come ci si sente ad essere di nuovo liberi?”

“La mia felicitá non é completa, visto che la rivoluzione degli stomaci vuoti continua. Il mio pensiero va ai miei compagni Akram, Rikhawi, Samer Al-Barq e Hassan al-Safadi, che sono in condizioni critiche presso l’ospedale-prigione Ranla. Io sono stato rilasciato da li’ e so perfettamente lo stato di abbandono medico che i detenuti patiscono. Il Servizio Carcerario Israeliano non ci trasferisce li’ affinché possiamo ricevere cure, ma per torturarci.”


La sua umiltá aggiunge molto al suo fascino. Continua a ripetere che non avrebbe raggiunto la vittoria senza la solidarietá popolare ed internazionale che ha ricevuto. Non é la mia vittoria, é la vostra. La mia forza e la mia sicurezza derivano da voi.”

[…] Un sorriso non abbandona il viso di Mahmoud per tutto il tempo. Ci rivolge tutta la sua attenzione. Quando gli chiedo se Gaza gli sembra diversa dopo tre anni, ride e dice: “Mi sembra cosi’ diversa. Gaza é una cittá molto bella malgrado sia piccolo. Amo le sue spiagge, la sua aria pulita e la sua meravigliosa gente. Mi mancava tutto di Gaza. Mi mancava essere a casa.”

Chiediamo a Mahmoud se si aspettava di essere arrestato tre anni fa quando si stava recando al valico di Erez.“Assolutamente no! Ero entusiasta perché avrei raggiunto il sogno di giocare in un torneo nazionale nella West Bank, nel campo profughi di Balata. Quando mi hanno ordinate un controllo per la sicurezza, non avevo paura. Pensavo mi avrebbero chiesto di collaborare con loro. Ero fiducioso e pronto a rifiutarmi. Sono rimasto scioccato quanto mi hanno ammanettato con violenza.”

Lo interrompo chiedendogli: “Perché pensi che ti abbiano arrestato se non hai mai partecipato alla resistenza?”

“La resistenza non é solo lotta armata. Si puó resistere usando una penna, un pennello, la voce e lo sport. Siamo tutti combattenti per la libertá, ma ognuno di noi ha la sua arma. […] Lo sport é una forma di resistenza non violenta. Essere un rappresentante della nazionale di calcio palestinese fa di me una minaccia per Israele. Sono sempre stato appassionato a proposito della costruzione di una presenza della Palestina nel mondo dello sport. Ho rappresentato la Palestina in alcune partite di calcio, a livello locale ed internazionale, e ho avuto l’onore di sventolare questa bandiera ovunque abbia giocato.”

Piú gli parlo, piú lo ammiro, soprattutto quando alla fine gli chiedo cosa sia cambiato nel suo carattere dopo la galera. “La mia fede nella nostra causa é diventata piú profonda e piú forte. La determinazione di svelare la inumane e fasciste pratiche sioniste, e la violazione dei nostri basilari diritti umani, é diventata la mia ragione di vita."

Collettivo Autorganizzato Universitario – Napoli

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