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La costituzione violata e le illusioni legalitarie

(23 Luglio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.webalice.it/mario.gangarossa

Molti s’indignano per le sempre più sfacciate violazioni della costituzione, da parte del governo e delle alte cariche istituzionali. E il parlamento, svolge la sua funzione? Basterà citare alcuni brani di Matteo Bartocci, riguardanti la votazione di una delle più pericolose decisioni mai prese in epoca repubblicana:

“Senza discutere e con i banchi semi vuoti, la camera ha dato il via libera definitivo alla ratifica del «fiscal compact» e del Mes. L'Italia si obbliga al pareggio di bilancio e alla riduzione forzata del debito per oltre 40 miliardi l'anno per vent'anni. Di fatto, la sovranità sulla politica economica e fiscale passa a Bruxelles e, soprattutto, al giudizio degli stati dell'eurozona (cioè la Germania).” “Il dibattito alla camera (come quello al senato) è stato di una povertà ai limiti della decenza istituzionale. Aula mezza vuota, ipocrisia a gogò, tecnicismi incomprensibili per l'opinione pubblica. Risultato: su appena 433 presenti, 368 sì, 65 no, 65 astenuti. Banchi vistosamente vuoti:”(1)

Venti anni di sacrifici decisi da un parlamento privo di spina dorsale, servile e incosciente! Zombi politici. Non è neppure necessario che un “uomo forte” minacci di fare di quelle aule sorde e grigie un bivacco, ci pensano da soli a dimostrare la loro inconsistenza politica. Sono capaci solo di chiassate e punzecchiature per scopi elettorali.

L’art. 11 non è neppure preso in considerazione, e i “nostri” aerei lanciano bombe e razzi democratici in Afghanistan. Eppure, in gran parte della popolazione resta l’illusione di poter restaurare la legalità ricorrendo allo spirito e alla lettera della costituzione stessa.

Il diritto non ha uno sviluppo indipendente dalla struttura della società, e ne segue, sia pure con un vistoso ritardo, i cambiamenti. L’adattamento del diritto alla fase imperialistica del capitalismo procede lentamente. Non è una questione solo italiana. Difficilmente, ad esempio, si potrebbero trovare, nella costituzione americana o nei suoi emendamenti, giustificazioni per gli assassinii mirati, che sono diventati ormai un modo ordinario per far fuori avversari politici, all’estero e persino in patria, utilizzando i sempre più sofisticati mezzi che scienziati e tecnici ultramercenari mettono loro a disposizione.

L’Italia fu uno dei più avanzati laboratori politici dell’imperialismo. Per prevenire la possibilità di una rivoluzione, la borghesia italiana usò contemporaneamente metodi democratici e metodi fascisti. Mentre i politici liberali illudevano il popolo e persino i dirigenti socialisti sulle loro intenzioni di salvaguardare la legalità, il governo, nella persona dell’ex socialista Bonomi, con una circolare del 20/10/1920, invitò i circa 60.000 ufficiali in via di smobilitazione ad aderire ai fasci, assicurando loro i 4/5 dello stipendio. Non furono i fascisti a vincere contro il proletariato. Ogni volta che le bande nere erano messe in fuga, intervenivano contro i lavoratori carabinieri, Guardia regia ed esercito, con mitragliatrici e cannoni, e, nel caso di Bari, persino la flotta, che bombardò i quartieri proletari.

I comunisti compresero pienamente il problema, il PSI no: “Invocare come fanno i socialdemocratici il ritorno all’autorità dello Stato ed al rispetto della legge indica che essi, pur affermando che lo Stato democratico parlamentare è uno stato di classe, non giungono a comprendere che proprio per ciò esso assolve oggi il suo compito essenziale violando le leggi scritte che furono necessarie al suo progressivo consolidarsi, ma che danneggerebbero oggi la sua conservazione”(2)

Lo stato è innanzitutto uno strumento della borghesia, e quindi ne segue gli sviluppi e le esigenze, che sono spesso molto diverse da quelle di età precedenti, e i fatti precedono i mutamenti giuridici. Può giovare un paragone ...astronomico. La luce di astri lontani ci giunge con forte ritardo, vediamo stelle o intere nebulose, che in realtà sono già scomparse. Qualcosa di simile accade nel rapporto tra le leggi e la realtà politica o sociale. Certe parti del diritto hanno dimostrato in pieno la loro caducità – si pensi alle norme sulla dote - ma se il carattere della legge è più generale e più astratto - è il caso delle costituzioni – sembra resistere più a lungo.

Nel dopoguerra, a breve distanza dalla terribile batosta subita, i governi e la borghesia italiana avevano bisogno di un periodo di pace. Avevano l’esigenza di rafforzare la polizia, per tenere a bada la rabbia del proletariato, che doveva sopportare tutto il peso della ricostruzione. Le avventure esterne, invece, erano impensabili, e l’articolo 11 della Costituzione era la consacrazione giuridica di questo fatto.

Durante l’impetuoso sviluppo economico, che fece dell’Italia uno dei più importanti paesi manifatturieri, i governi democristiani elogiavano ogni guerra degli Stati Uniti, ma si guardavano bene dall’intervenirvi.

Ancora al tempo della guerra di Reagan senior, il PCI era contrario all’intervento, salvo la corrente di destra migliorista di Napolitano; costui fu sempre favorevole agli interventi militari, prima della Russia, poi della Nato. Cossuttiani e verdi fecero un po’ di teatro al tempo della guerra contro la Jugoslavia, ma si guardarono bene dal lasciare gli incarichi governativi, e col secondo governo Prodi toccò a Rifondazione. Oggi, nel parlamento e dintorni non ci sono forze che possano raccontare di essersi opposte seriamente al militarismo.

Ecco la strana condizione dell’Italia: un imperialismo mercenario, che ottiene commesse e fa affari partecipando alle guerre americane, ma si deve legare sempre più alla potenza dominante.

L’opinione pubblica non riesce a comprendere questo processo perché hanno cancellato la sua memoria storica. Un bambino non può comprendere gli sviluppi storici, e tutto quello che precede la sua nascita è posto sullo stesso piano, si tratti di avvenimenti relativamente recenti o antichi. I media perseguono una sorta di infantilizzazione della società. Gli eventi del passato, in TV, sono presentati come medaglioni, isolati dal contesto economico sociale, per non parlare degli autentici svarioni (Stalin nato a Baku, secondo un documentario TV).

Il regime sa che la storia può insegnare qualcosa a chi riflette su di essa. Senza conoscenza del passato, si spezza il filo logico–storico che ci permette di capire il presente. Per il capitale, pure l’ignoranza naturale e genuina, che non soffoca l’istinto e la capacità di ribellarsi, è pericolosa. Diffonde perciò una pseudocultura, fatta di conoscenze tecniche funzionali esclusivamente al processo produttivo e di un falso umanesimo, mortifica la scuola sottoponendo la conoscenza al letto di Procuste dei test.

La società è cambiata, sotto la spinta dell’imperialismo, e non è più possibile tornare indietro in virtù della carta costituzionale. Lo stato, lungi dal combattere l’illegalità, la copre. Lo vediamo dallo sviluppo pauroso del lavoro nero, dalle sanatorie per gli evasori, dalla depenalizzazione del falso in bilancio, dalla trattative stato mafia (il perbenismo Rai parla di “presunte trattative”, ma ormai sono provate). Lo stato punisce con una tassazione brutale chi rimane nella legalità, spesso suo malgrado, ovvero salariati, pensionati e impiegati, mentre riduce al minimo il controllo sulle banche e imprese, trascura il controllo sulle condizioni di lavoro, rendendosi così corresponsabile degli omicidi bianchi. Protegge, con una serie infinita di ostacoli, i parlamentari inquisiti per reati comuni, usa nel cosiddetto ordine pubblico gas proibiti come il CS (clorobenziliden-malononitrile), vietato in guerra dalla convenzione sulle armi chimiche di Parigi del 1993.

Non si tratta di affrontare la questione sotto il profilo morale, non è un problema di semplice corruzione, e neppure di complotti. L’adattamento dello stato all’imperialismo è crescente, e non ha molto senso parlare di servizi deviati, di parlamentari infedeli, di politici cinici, perché questo presupporrebbe uno stato ancorato a una difesa intransigente della legge e della costituzione, di cui costoro sarebbero le “mele marce”. E’ proprio il contrario, lo stato emargina chi difende i vecchi principi , e, se qualche funzionario o giudice dà veramente fastidio, viene eliminato, come Falcone e Borsellino.

Non sono ancora maturate le condizioni di una rivoluzione, l’unica soluzione che potrebbe spazzare via questa cancrena, ma non è un motivo per ricadere nel sogno impossibile della restaurazione costituzionale. La storia va avanti, in questo periodo verso soluzioni disumane, ma per combatterle bisogna prendere atto della trasformazione. I rivoluzionari francesi compresero che non era possibile risanare le vecchie corporazioni, i vecchi ordini, la monarchia assoluta, gli Stati Generali, e passarono ad un nuovo sistema economico, sociale, politico e costituzionale.

Non possiamo attenderci la salvezza da uomini forti, e neppure da intellettuali che inventano una dottrina nuova ogni giorno. La speranza è che i lavoratori, costretti a lottare con le unghie e con i denti per sopravvivere, tornino nell’agone politico, rompendo con i partiti collusi e con i sindacati doppiogiochisti, e ricostituiscano quelle organizzazioni di lotta, politica ed economica, senza le quali non è possibile nessuna reale opposizione alla classe dominante e nessuna possibilità di uscire dal girone infernale del tardo capitalismo.

21 luglio 2012

NOTE

1) Matteo Bartocci, “TAGLIADEBITO - Fiscal compact in vigore, metà Pdl non vota il patto negoziato da Berlusconi. E il bilancio si farà a Berlino”, il manifesto, 2012.07.

2)”La tattica del Partito comunista (Tesi di Roma), VIII. Il Partito comunista italiano e il momento attuale, tesi 51.” Rassegna Comunista, anno II, n. 17 del 30- 1-1922. Presente anche nel IV volume della “Storia della Sinistra Comunista”.

Michele Basso

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