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Pace, lavoro e libertà

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(16 Ottobre 2010) Enzo Apicella
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(Contratto Metalmeccanici)

Da Federmeccanica una concezione schiavistica del lavoro

(30 Luglio 2012)

È ormai dalla sconfitta dei 35 giorni di lotta in Fiat (ottobre 1980) che continua la lunga marcia dei padroni dell’industria metalmeccanica, nel segno della piena restaurazione del dominio assoluto dell’organizzazione del lavoro sugli operai, i loro diritti, la loro tutela dall’intensificazione dei ritmi produttivi, la loro libertà.

Stavolta, in tempi di rinnovo contrattuale, Federmeccanica, la loro associazione, ha pensato bene di proclamare che il contratto nazionale (CCNL) non deve contare più niente, per fare posto di fatto ai soli accordi aziendali.

Accordi aziendali, che tornerebbero fortemente a vantaggio dei padroni, com’è previsto dagli accordi interconfederali del 2009 (tra Confindustria e Cisl-Uil-Ugl) e del 28/6/2011 (tra Confindustria e Cgil-Cisl-Uil), i quali stabiliscono che direzione e sindacati possono accordarsi per rendere carta straccia i contratti nazionali, peggiorandoli a man bassa. Addirittura, l’art. 8 del decreto legge del 13/8/2011 prevede di fare aziendalmente carta straccia anche delle leggi.

Venendo a mancare il CCNL, è facile immaginare in quale regno della giungla si troverebbero i lavoratori delle aziende (circa il 75% del totale) in cui non c’è un barlume di contrattazione aziendale.

Ma se proprio il CCNL si deve rinnovare, sarà bene -dice Federmeccanica- che esso stabilisca:

* che non si parli più di applicare i salari previsti dal CCNL; * che siano cancellati gli automatismi dei passaggi di livello, quelli salariali relativi agli scatti di anzianità e ai passaggi temporanei di mansione; * niente salario per i primi 3 giorni di malattia, e salario legato alla presenza (non meglio precisato); * che l'orario di lavoro, i turni, i giorni lavorativi siano regolati dal criterio della massima flessibilità degli orari individuali e collettivi e da quello del massimo utilizzo degli impianti (24 ore al giorno per 7 giorni); * che le RSU non abbiano nessun ruolo nella definizione e contrattazione degli orari, compreso il sabato lavorativo e ogni tipo di straordinario, che deve diventare obbligatorio fino a 200/250 ore all'anno; * che l’accordo aziendale sia alternativo al CCNL e a quelle poche leggi che ancora tutelano chi lavora.

Ecco dove vogliono che gli operai sprofondino, dopo che hanno avuto mano libera per qualche decennio, e sempre più negli ultimi anni, dai sindacati bene attenti (per essere accettati a “corte”) a non organizzare una lotta adeguata a fare rispettare bisogni, diritti e dignità dei lavoratori.

Con la conseguenza che il modello Marchionne dalla Fiat si estenderebbe (e in buona parte si è già esteso) a tutta l’industria metalmeccanica, che rappresenta da sempre una sorta di fortezza per la resistenza operaia.

Cosa se ne fanno oggi i padroni della riduzione delle pause, dell’intensificazione dello sfruttamento del lavoro e dei ritmi lavorativi, di 24 ore di produzione al giorno per 7 giorni e di tutta la ferocia dei loro piani, se i volumi produttivi sono sempre al ribasso, se la cassa integrazione non accenna a diminuire, se la disoccupazione imperversa, se la riduzione del monte-salari globale è tale che solo la follia padronale del profitto potrebbe immaginare che sia all’ordine del giorno dei mercati un aumento vertiginoso della domanda di merci da soddisfare con un aumento altrettanto vertiginoso della produzione?

È chiaro che essi stanno approfittando della debolezza in cui si è venuto a trovare il mondo del lavoro dipendente (sopraffatto dalla loro gestione terroristica della crisi economica e dal sostegno dei partiti e dei governi loro amici e dei sindacati loro complici), per imporre nuove regole, basate su una concezione schiavistica del lavoro, con cui schiacciare oggi gli operai in modo tale da non fargli rialzare mai più la testa.

Questa strategia da anni si sta avvalendo della totale disponibilità di Fim/Cisl e Uilm/Uil a legittimare ogni diktat padronale, firmando contratti separati forcaioli (Pomigliano, e non solo, docet).

Così, il 23 luglio Federmeccanica s’è incontrata con loro per fare finta di iniziare la trattativa, mentre il 24 l’incontro è stato con la Fiom. Al momento non è dato sapere cosa si sia detto in questi incontri: segno, questo, che la democrazia sta riprendendo fiato!

La Fiom, nel frattempo, aveva proclamato scioperi, assemblee e presidi per il 23, più -com’è dato di capire- in segno di protesta per essere stata messa in seconda fila, che non per far valere le ragioni di un rinnovo di CCNL all’altezza delle esigenze operaie. E non è affatto chiaro cosa ne sarà della sua piattaforma rivendicativa, varata a Cervia nel settembre 2011 e approvata nelle fabbriche il mese successivo, che già conteneva elementi poco accettabili, tant’è vero che alla Piaggio di Pontedera quella piattaforma fu sonoramente bocciata dalle assemblee. Cosa che fu usata dalla segreteria nazionale per mettere in croce, su un volantino diffuso ai cancelli, i delegati Fiom che erano stati i promotori della bocciatura.

Ma come potere accettare perle, come la durata triennale, al posto di quella biennale, per la parte economica; la sospensione del diritto di sciopero durante le trattative; una implicita apertura al “salario d’ingresso” per i nuovi assunti; aumenti salariali, certo meno irrisori di quelli richiesti da Fim e Uilm, ma in ogni caso bene aldisotto di quanto fosse adeguato a rispondere alla rapina del caro-vita?

Intanto, la piattaforma fimmina-uilmina di quest’anno non ha niente da invidiare a quella di 3 anni fa: allegria!

In questa situazione, c’è da impedire con forza che si ripeta ciò che è successo col pacchetto Fornero, su cui la Fiom ha fatto tanto rumore per niente. E diventa necessario resistere, mandare al diavolo padroni e loro piani, rivendicare meno sfruttamento, riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, anzi con forti aumenti salariali uguali per tutti, più occupazione.

Cobas Lavoro Privato – Pisa

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