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Il capitalismo spiegato ai bambini

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(17 Novembre 2011) Enzo Apicella

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Report sull’assemblea/dibattito “No Monti! No IMU! No Equitalia! Costruiamo l’Alternativa!” tenutosi il 27 luglio presso la Festa di Riscossa Popolare 2012

(8 Agosto 2012)

07/08/2012

L’assemblea/dibattito è stata organizzata dal P-CARC, dall’ASP e dal SLL nell’ambito della Festa di Riscossa Popolare che si è svolta a Napoli presso il Parco Robinson, nel popolare quartiere di Fuorigrotta, dal 19 al 29 luglio. La Festa di Riscossa Popolare costituisce un appuntamento consolidato dell’estate napoletana, un momento di aggregazione, socialità, cultura, dibattito e protagonismo popolare oramai giunto alla sua 6° edizione e, contemporaneamente, un’occasione per affermare nella pratica che gli spazi pubblici come il Parco Robinson sono un bene della collettività, sono beni comuni (appartengono al popolo) e non una proprietà ad uso e consumo dell’Amministrazione comunale o di qualche politicante di turno. Quest’anno, in particolare, la FRP ha potuto infatti svolgersi soltanto grazie alla lotta condotta dalle sue forze promotrici per ribadire nei fatti cosa significa patrimonio pubblico: infatti il Presidente della X Municipalità, Giorgio De Francesco (PD), prima ha fatto carte false per impedire la FRP e poi nel corso della festa ha continuato nel suo lavoro di sabotaggio al servizio dei poteri forti cittadini.
L’assemblea-dibattito del 27 luglio era stata preparata con l’obiettivo di promuovere il confronto e il dibattito tra esponenti della società civile, del movimento delle organizzazioni operaie e popolari, delle reti e dei comitati attivi sul fronte della promozione dell’opposizione alle politiche del governo Monti e della costruzione dell’alternativa politica ad esso. Lo stato e le prospettive di un movimento contro l’accoppiata IMU – Equitalia (divenuti simbolo delle politiche fiscali vessatorie nei confronti delle masse popolari portate avanti dal governo Monti) è stato lo spunto iniziale della discussione sulla costruzione dell’alternativa politica al governo Monti che si è incentrato sulle risposte alle seguenti domande:
- è possibile fermare e resistere efficacemente ad ogni singolo attacco del governo contro i diritti delle masse popolari senza mettere all’ordine del giorno la costruzione dell’alternativa a ogni governo emanazione della classe dominante?
- qual è il ruolo delle organizzazioni operaie e popolari, degli esponenti della sinistra sindacale e della società civile?
- quale ruolo devono assumere le Amministrazioni Locali in questa battaglia?
- quale la sostanza e la forma dell’alternativa che bisogna costruire per fermare la catastrofe verso cui oggi il governo Monti e domani i prossimi emissari della classe dominante stanno conducendo le masse popolari?
Il dibattito è stato presieduto e moderato da Fabiola D’Aliesio (Segretaria Federale campana del P-CARC e candidata della lista “Napoli è Tua” alle ultime elezioni amministrative napoletane) che ne ha presentato le finalità e ha diretto la discussione in modo da evitare il “parlarsi addosso” e la “passerella” che molto (troppo!) spesso contraddistinguono gli appuntamenti di dibattito di movimento.
Nell’ordine sono intervenuti Alberto Lucarelli (Assessore ai Beni Comuni e Democrazia partecipativa del Comune di Napoli, estensore dei testi dei vittoriosi referendum popolari di un anno fa e promotore dell’Alleanza per Lavoro Beni comuni Ambiente - ALBA), Nico Vox (esponente dell’area programmatica “Opposizione Organizzata in CGIL” e del Comitato Nazionale No Debito), Aldo Romaro (esponente del “Comitato No Debito” di Padova), Michele Franco (dirigente nazionale della Rete dei Comunisti ed esponente USB), Pietro Rinaldi (Consigliere Comunale della lista “Napoli è Tua” ed esponente del centro sociale “Insurgencia”) e Pietro Vangeli (Segretario Nazionale del P-CARC); è intervenuto in collegamento telefonico Mariano Ferro del Movimento dei Forconi e hanno inviato un messaggio di saluto Federico Giusti dei COBAS di Firenze e il Comitato No Debito di Pisa; contrariamente a quanto previsto, non hanno potuto partecipare Moreno Pasquinelli (Movimento Popolare di Liberazione), Franco Grisolia (Partito Comunista dei Lavoratori) e Felice Floris (Movimento Pastori Sardi) per via di problemi logistici sopraggiunti all’ultimo momento.
Nell’ordine si riportano i contenuti principali emersi nel dibattito, il cui inizio è stato preceduto da un minuto di silenzio in ricordo di Sandro Bianchi, dirigente nazionale della FIOM-CGIL nonché tra i fondatori della Rete 28 Aprile e della sinistra sindacale in CGIL, di recente scomparso.
Nella sua introduzione Fabiola D’Aliesio ha contestualizzato il dibattito nel quadro della fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo che prefigura l’intensificarsi anche nel nostro paese dell’offensiva delle classi dominanti sul modello di quanto accaduto prima in Grecia e oggi in Spagna, ha indicato nel governo Monti il governo più autorevole, autoritario e reazionario imposto alle masse popolari del nostro paese da parte dei poteri forti, ha messo l’accento sul ruolo del protagonismo e della mobilitazione delle organizzazioni operaie e popolari per cacciarlo via e ha concluso chiamando i relatori a esprimersi sull’alternativa al governo Monti e sulle esperienze messe in campo in questi mesi (reti, coordinamenti, Amministrazioni comunali in rottura con il sistema PD-PDL-UDC).

Quando stava per prendere la parola, Alberto Lucarelli è stato contestato dal Movimento Disoccupati Flegrei (MDF), una delle forze promotrici delle Festa di Riscossa Popolare 2012. I compagni del MDF hanno ammonito Lucarelli e tutta la Giunta De Magistris a non recarsi più nel Municipio di Bagnoli-Fuorigrotta in quanto ospiti indesiderati vista la loro inadempienza rispetto alle promesse fatte in campagna elettorale in tema di creazione di posti di lavoro e risanamento dei territori devastati da decenni di speculazioni e abusi ambientali (come nel caso della zona di Bagnoli e Fuorigrotta). I disoccupati del MDF hanno messo il dito nella piaga: l’attivismo o meno della Giunta per la creazione di posti di lavoro è la principale e reale linea di demarcazione tra vecchio e nuovo modo di amministrare, tra un’Amministrazione Comunale (AC) che è esecutrice delle misure dettate dal governo centrale e curatrice degli interessi delle solite clientele cittadine e un’AC che mette in cima alla propria agenda politica gli interessi delle masse popolari e la tutela del territorio, dando così seguito pratico a quanto proclamato a gran voce in campagna elettorale (e che ha permesso la vittoria della Giunta De Magistris). L’irruzione del MDF è stata per Lucarelli un’esperienza concreta del fatto che la democrazia partecipativa (di cui il suo Assessorato vuole essere promotore) non si esaurisce né nella proclamazione della sua necessità né nella creazione di un Assessorato: non c’è democrazia partecipativa senza mobilitazione e partecipazione delle masse popolari alle scelte dell’AC. Se continuano a essere inattivi su questo fronte, l’AC De Magistris e lo stesso Assessorato ai Beni Comuni apriranno la strada alla mobilitazione reazionaria, che fa leva sulla delusione e sul malumore per gli arretramenti che l’AC De Magistris va accumulando.
Per quanto riguarda il MDF, è importante che avanzi sul terreno della lotta politica per incalzare l’AC De Magistris a dare seguito pratico agli impegni assunti in campagna elettorale e per mobilitarsi e mobilitare a realizzare direttamente quello che l’AC recalcitra ad attuare: in questo modo se la Giunta De Magistris non diventerà un’Amministrazione Comunale d’Emergenza, la sua cacciata non creerà il terreno per l’avvento di un’Amministrazione apertamente reazionaria.

Quando ha preso la parola, Alberto Lucarelli ha denunciato le politiche economiche imposte dalle istituzioni e dagli esponenti dell’alta finanza internazionale, passando per i comandi dell’UE e del governo Monti, di rapina delle masse popolari e di spoliazione degli enti locali. Lucarelli, in linea con l’orientamento di ALBA sostiene che la costruzione dell’alternativa a questo modello sociale passa per l’indipendenza dai riferimenti economici e politici responsabili del duro attacco in corso. Tuttavia non ha accennato né alla forma né alla sostanza dell’“alternativa da costruirsi” e soprattutto ha tentennato sul ruolo che possono svolgere le Amministrazioni Locali: Lucarelli rivendica il ruolo dell’AC De Magistris nell’istituzione di Acqua Bene Comune e nella ri-pubblicizzazione del servizio idrico (cosa che può fare a ragion veduta dal momento che ABC è un esempio di rottura tra l’AC De Magistris e i diktat del potere finanziario), tuttavia sostiene che per l’AC De Magistris è impossibile compiere scelte politiche di rottura “fin quando permarrà l’attuale ristrettezza finanziaria dei Comuni”... ciò malgrado a suo avviso sia giusto farne anche in situazioni di ristrettezza. Nel suo intervento, infine, Lucarelli non si è espresso su quanto gli era stato contestato dal MDF, salvo affermare - al di fuori del dibattito - che si impegnerà per la creazione di un Tavolo Permanente per il Lavoro né ha risposto alle richieste di informazioni sulla lotta in corso nell’AC e sui vari rimpasti fatti in modo per niente trasparente e partecipato.

A seguire è intervenuto Nico Vox, che ha parlato del ruolo che possono svolgere la sinistra CGIL e il movimento NO Debito nella lotta contro il governo Monti e per la costruzione dell’alternativa ad esso, ruolo che consiste nel rafforzamento della democrazia, del conflitto dal basso, nella strutturazione e nella moltiplicazione capillare di organizzazioni di base che agiscano quali agenti promotori del conflitto e della democrazia dal basso. Rivolgendosi a Lucarelli, gli ha ricordato che non c’è promozione della democrazia partecipativa senza partecipazione delle masse popolari ai processi decisionali, senza mobilitazione e conflitto. Facendo rifermento agli operai Jabil che proprio quella stessa mattina a Milano avevano respinto lo sgombero della polizia e all’irruzione del MDF come esempi di democrazia partecipativa, ha allertato Lucarelli a non restare sul terreno della propaganda, ma ad attivarsi concretamente ai fini della promozione della democrazia partecipativa, del rapporto diretto con i lavoratori e i disoccupati, pena evocare l’alternativa e non darvi seguito.

Aldo Romaro ha portato un interessante contributo sull’analisi della crisi del capitalismo (crisi di sovrapproduzione economica e finanziaria) e sull’attività del No Debito. Romaro ha giustamente affermato che la crisi non ha origine nelle alchimie dell’alta finanza, ma è prodotta da leggi intrinseche al capitalismo stesso (è, aggiungiamo noi, una crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale, dovuta cioè al fatto che, a livello mondiale e considerando tutti i settori produttivi, il capitale accumulato è tanto che, se i capitalisti lo impiegassero tutto nelle loro aziende che producono merci, estrarrebbero una massa di profitto inferiore a quella che estraggono impiegandone solo una parte; quindi è una crisi che ha la sua fonte nelle attività produttive, nell’economia reale). Indica con chiarezza gli scompensi che la crisi ha prodotto, produce e produrrà sull’economia reale. Al contempo individua quale obiettivo della borghesia imperialista filo UE (dalla Merkel ai Monti, dagli Schuable ecc.) la costituzione di un’entità statuale unica e più forte a danno della sovranità nazionale dei singoli Stati membri dell’UE. Tuttavia nega che la borghesia possa far fronte alla crisi ricorrendo alla guerra: questo perché, malgrado non ne sia un aperto sostenitore, le sue posizioni sono influenzate dalle teorie della crisi attuale come crisi ciclica e quindi non comprendono il carattere generale della crisi e le due vie cui apre la strada (mobilitazione rivoluzionaria o mobilitazione reazionaria delle masse popolari).
Romaro passa poi a illustrare l’attività del Comitato No Debito di Padova, in particolare per quanto riguarda la campagna NO IMU: dal suo intervento emerge bene sia l’importanza di un lavoro di massa capillare che vada ad intercettare strada per strada lo scontento delle masse popolari per quest’ennesimo attacco alle loro condizioni di vita sia il ruolo che possono avere nella campagna NO IMU le organizzazioni sindacali, che oggi come oggi sono le sole forze dotate di una struttura capillarmente presente tra le masse popolari. Infine ad avviso di Romaro la funzione del Comitato No Debito è quella di promuovere la crescita delle masse, la cui mobilitazione è la sola barriera alla catastrofe cui il capitalismo con la sua crisi apre le strada.

L’intervento telefonico di Mariano Ferro aggiunge al dibattito la voce di un importante movimento popolare che, a inizio 2012, è stato in grado di innescare importanti prove di ingovernabilità dal basso, in particolare in Sicilia. Ferro combina la parola d’ordine “se ne vadano tutti” con un importante riferimento al Vaticano indicato come il principale responsabile del marasma esistente nel paese. In alcuni passaggi, come ad esempio quando assimila tutto il sindacalismo ai sindacati di regime, sfocia in posizioni qualunquiste e reazionarie. Conclude facendo appello ad unire le forze “per combattere una guerra” che regoli i conti con i responsabili della crisi e della miseria in cui versa il paese. Nel suo intervento emerge chiaro il riferimento secondo cui l’alternativa non può venire da nessun altro se non dai movimenti popolari autonomi dagli schieramenti politici borghesi esistenti.

A seguire interviene Michele Franco che ammonisce a fare attenzione a legare la costruzione dell’alternativa al solo momento elettorale. Ad avviso di Franco l’alternativa si costruisce attraverso il conflitto e pertanto prima di parlare di alternativa bisogna che ci chiediamo se siamo in grado di far vivere il conflitto tra le masse oltre le fiammate estemporanee. Ha sostenuto l’importanza di dotarsi di un’adeguata analisi della fase e di definire i compiti della soggettività politica nella situazione attuale. In sostanza secondo Franco non è lecito parlare di alternativa in separazione dal conflitto poiché la conflittualità delle masse è la base della costruzione dell’alternativa, quindi all’ordine del giorno oggi non c’è la costruzione dell’alternativa politica, ma la costruzione del conflitto. A tal proposito indica il fatto che alcune componenti del Comitato No Debito di Napoli abbiamo avuto timore di sviluppare la lotta contro Equitalia come esempio di timore della soggettività di accendere quella conflittualità che è la chiave di volta delle trasformazioni future.

Pietro Rinaldi interviene facendo un bilancio critico dell’operato dell’AC De Magistris che Rinaldi sostiene come componente della maggioranza consiliare. Esprime un giudizio positivo rispetto al recente rimpasto di Giunta per quanto concerne l’estromissione di Narducci e Sementa (rispettivamente ex Assessore alla Sicurezza ed ex Comandante dei Vigili Urbani), mentre esprime un giudizio negativo sulle aperture al PD e sull’introduzione dell’Assessorato al Lavoro: ad avviso di Rinaldi è un errore introdurre un simile Assessorato se poi l’AC non è nella possibilità di attuare politiche per creare realmente posti di lavoro. Rinaldi parla della costruzione di un “ente di lotta e di governo” che mobilita le masse contro le politiche nazionali, ma non la ritiene una via percorribile perché la risposta delle masse e dei movimenti sociali è scarsa. Individua nella campagna contro IMU e Equitalia un campo in cui la dialettica tra consiglieri e movimenti cittadini doveva essere più viva e spregiudicata nell’ottica di spingere l’AC ad agire da ente di lotta e di governo. Quindi aggiunge che con l’insediamento del governo Monti il quadro politico nazionale ha segnato un peggioramento di fronte al quale i movimenti sociali sono stati impreparati e non sono ancora all’altezza dei loro compiti.

Interviene infine Pietro Vangeli che, tirando le conclusioni, ripercorre il dibattito, sottolinea che esso ha promosso il confronto tra esponenti di diversi organismi ed esperienze, richiama alcuni dei principali aspetti emersi ed esorta tutti a compiere un ulteriore passo avanti. Le difficoltà e i limiti denunciati nei diversi interventi, ciascuno dal proprio punto di vista, sono reali ma confermano che il problema cui mettere mano oggi per avanzare è la proposta politica per far fronte al disastro provocato dalla direzione della borghesia sulla società. Da qui l’importanza dell’analisi della natura crisi che il sistema capitalista sta attraversando, che è sistemica e strutturale, mettendo in guardia dagli errori di lettura delle manifestazioni della crisi che generano confusione, smarrimento ed errori nell’azione. Le interpretazioni erronee più diffuse sono due. Una è quella secondo cui la crisi attuale è una “crisi ciclica” (cioè che rientra in un “normale” alternarsi di cicli congiunturali) che prima o poi cesserà da sé, quindi per le masse popolari si tratterebbe secondo alcuni di stringere la cinghia in attesa di tempi migliori (è la linea proclamata apertamente dalla CISL e dalla UIL e, con qualche contorsione in più, anche dalla destra che dirige la CGIL), secondo altri (compresa una buona parte del sindacalismo conflittuale) di convincere o indurre i governi ad adottare politiche anticongiunturali, di “contenimento del danno” (piani di spesa pubblica e ammortizzatori sociali). L’altra è quella secondo cui è in corso una crisi finanziaria (dovuta all’abolizione o alla mancanza di regole nelle attività finanziarie e bancarie, alla speculazione): la soluzione consisterebbe nella regolamentazione del mercato finanziario, nei controlli sulle istituzioni finanziarie, nella tassazione delle transazioni finanziarie, quindi per le masse popolari e le loro organizzazioni si tratterebbe di convincere o indurre i governi e le istituzioni internazionali ad aggiustare il tiro con nuove regole e leggi per governare il capitale finanziario e speculativo che oggi soffoca quello produttivo. Nessuno dice chi e come può imporre queste regole agli stessi che sono gli artefici dei “mercati” e della speculazione (da una parte il capitale legato alle attività produttive di beni e servizi è avviluppato e soffocato dal capitale finanziario e speculativo, dall’altra senza quella parte di attività produttive indotta dalle speculazioni finanziarie tutta l’economia reale sarebbe collassata da anni). Nessuno parla, neanche negli ambiti che si pongono coerentemente contro il capitalismo, del ruolo che nel nostro Paese ha il Vaticano e la sua Chiesa, del suo ruolo di governo occulto e parassita che succhia risorse, strangola e ammorba l’aria (IMU, patrimonio della Chiesa, questione unioni civili a Milano, ecc.). E’ chiaro che tali analisi non scientifiche impediscono la visione della prospettiva, inducono a illudersi che siano possibili soluzioni nell’orizzonte capitalista, mentre l’unica via d’uscita è per forza di cose fuori di questo sistema economico. Per uscire dalla crisi del capitalismo bisogna uscire dal capitalismo: la crisi si può risolvere solo attraverso uno sconvolgimento del sistema di relazioni all’interno di ogni paese e a livello internazionale per creare l’assetto di potere politico che sostituisca l’azienda capitalista con l’unità produttiva socialista e il sistema di relazioni internazionali basato sulla concorrenza e la competizione tra paesi e gruppi industriali e finanziari con un sistema di relazioni internazionali basato sulla solidarietà, sulla collaborazione e sullo scambio tra paesi. Da qui la proposta del Governo di Blocco Popolare, un governo che in una certa misura rompe gli equilibri e le regole del sistema capitalista ed è in grado di adottare le misure oggi necessarie, e che vengono rivendicate nelle piazze, perché le masse popolari non paghino la crisi, non subiscano gli effetti peggiori della crisi alle masse popolari, per non sprofondare nel disastro economico e sociale. Per costruire l’alternativa è indispensabile il conflitto dal basso, ma oggi i soggetti che pure si interrogano sul da farsi, quelli che sono centri autorevoli di organizzazione e mobilitazione dei lavoratori e della masse popolari (sinistra dei sindacati, reti, coordinamenti) si misurano poco con le richieste dei lavoratori e delle masse popolari e hanno difficoltà a relazionarsi con i movimenti spontanei che nascono per resistere alla crisi, un esempio su tutti il movimento dei Forconi, finendo con l’individuarne presunti “difetti” e temendo possano essere orientati dalla borghesia in senso reazionario, ma il punto è proprio questo: oggi le vie che si dispiegano sono solo due, o mobilitazione reazionaria o mobilitazione rivoluzionaria, Taranto è lì a dimostrarcelo. Il dopo Monti può essere determinato dai poteri forti (Vaticano, banchieri, padroni e mafia) o da noi. Bisogna decidere come affrontare la questione: se lasciare la libertà alla borghesia di gestire la situazione, che come dimostrano i fatti ci porterà alla guerra visto che già abbiamo un’economia di guerra, o assumerci ciascuno le proprie responsabilità, facendo rete con tutti i movimenti di resistenza e le organizzazioni che mobilitano e si mobilitano, misurandosi nel concreto con l’elaborazione delle soluzioni ai problemi delle masse popolari. L’alternativa non è una questione principalmente elettorale, ma sostanzialmente di programma e di governo del paese alternativi a quello dei poteri forti e negli interessi delle masse popolari. Questo è l’ordine del giorno di cui nei prossimi mesi ALBA, NO Debito, FIOM, USB e gli altri sindacati combattivi, movimenti auto-organizzati, comunisti devono farsi carico e da qui ha senso e ragione discutere e mettere in campo un Comitato di Salvezza Nazionale o Governo Ombra che inizi ad operare in questa direzione.

Francesco Santoianni, del Comitato No Debito di Napoli, interviene per ricordare all’assemblea l’importanza di agire nell’immediato per fermare i preparativi di guerra imperialista contro la Siria.


Il dibattito ha fissato che la mobilitazione delle masse è la forza motrice del cambiamento, ma da che cosa dipende il suo sviluppo qualitativo e quantitativo?
Qualche mese fa su Resistenza abbiamo pubblicato la lettera aperta di Giuseppe Maj a Paolo Brini (membro del CC della Fiom-Cgil): la riportiamo perché risponde a questa domanda in modo chiaro e inequivocabile. “Se le organizzazioni che ci sono e i dirigenti che ci sono non elaborano piani realistici e buoni, se non mobilitano le forze di cui dispongono in lotte vincenti, se non si danno i mezzi della propria politica, mai e poi mai susciteranno e tanto meno alimenteranno la combattività delle masse. Finiranno per smorzare anche quella che c’è. Da dove nasce la combattività delle masse? Cade forse dal cielo? O si sviluppa perché nel mezzo di condizioni intollerabili di oppressione e di sfruttamento gruppi e individui d’avanguardia elaborano un’analisi e una linea giuste, sulla base di esse raccolgono le forze disponibili e le guidano in lotte che hanno come obiettivo la mobilitazione e la raccolta delle forze e sulla base delle forze raccolte e dei risultati ottenuti rilanciano una lotta di livello superiore?
Della combattività delle masse va chiesto ragione ai dirigenti, non alle masse. Da qui deve partire chi vuole risalire la china: dal bilancio della propria attività, dall’analisi della situazione, dalla linea politica e dalla dedizione dei dirigenti alla causa. La scarsa combattività delle masse è un allarme per i dirigenti. Deve essere un motivo di autocritica per i dirigenti, deve spingere gli elementi d’avanguardia a unirsi su una linea e in un’organizzazione per poter dirigere le masse in modo da crescere e vincere, partendo dal livello a cui sono. Per vincere, un esercito deve anzitutto avere un comando che vuole vincere e capace di fare la guerra”.
Questo è la via per non disperdere la “conflittualità” delle masse, ma farla crescere fino a vincere, fino a diventare la forza capace di rimettere il nostro paese su una via di progresso.

Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza - per il Comunismo (CARC), Sindacato Lavoratori in Lotta – per il sindacato di classe (SLL), Associazione Solidarietà Proletaria (ASP)

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