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L'Africa della Clinton

(10 Agosto 2012)

clintonafrica

Giovedì 09 Agosto 2012 23:00

NEW YORK. Il Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, sta ultimando un tour di quasi due settimane in Africa che l’ha portata a visitare svariati paesi, tra cui Senegal, Sudan del Sud, Uganda, Kenya e Sud Africa. In tutte le sue mete, la ex first lady ha invariabilmente cercato di promuovere maggiori legami politici ed economici con Washington, nel tentativo di contrastare gli interessi e i progetti commerciali cinesi nel continente.

In Senegal, tappa iniziale della sua trasferta africana, Hillary ha fatto ricorso al consueto appello al rispetto dei diritti umani e per l’avanzamento della democrazia, due obiettivi a cui gli Stati Uniti darebbero la precedenza assoluta nei rapporti con i propri partner stranieri, mentre altri paesi, come appunto la Cina, ritengono “sia più facile e redditizio fare finta di nulla”.

Secondo la Clinton, inoltre, il suo paese sarebbe determinato nel perseguire “un modello di partnership sostenibile che contribuisce ad aggiunge valore” al continente africano invece di estrarne soltanto. Anche in questo caso appare più che evidente il riferimento alla Cina, le cui attività in Africa nell’ultimo decennio sono state prevalentemente nel settore estrattivo.

Da simili dichiarazioni traspare tutto il cinismo di Hillary Clinton e della diplomazia americana, non solo perché gli Stati Uniti e i loro alleati europei sono in gran parte responsabili del saccheggio ai danni del continente africano durante e dopo il periodo coloniale, ma anche perché Washington intrattiene legami molto stretti con svariati regimi repressivi in ogni angolo del pianeta, senza scrupolo alcuno per i diritti democratici dei rispettivi abitanti.

Quello che gli USA intendono contrastare in Africa, in ogni caso, è un traffico commerciale diventato negli ultimi anni sempre più consistente, tanto da risolversi in un rapporto di semi-dipendenza per più di un paese del continente. La Cina, che già nel 2007 aveva rimpiazzato gli Stati Uniti come principale partner commerciale dei paesi africani, ha infatti scambiato con questi ultimi merci per ben 166 miliardi di dollari nel 2011. Recentemente, inoltre, Pechino ha annunciato l’apertura di una linea di credito riservata all’Africa pari a 20 miliardi di dollari.

La seconda tappa del tour di Hillary è stato il Sud Sudan. Sull’indipendenza di questo paese, ottenuta da poco più di un anno, gli USA e l’Occidente hanno investito enormi risorse economiche e diplomatiche, principalmente per contrastare la Cina, che risulta essere uno dei principali acquirenti del greggio sudanese.

Per questo motivo, essi intendono evitare lo scivolamento in un rovinoso conflitto con il Sudan, preannunciato dagli scontri degli ultimi mesi tra i due paesi. A questo scopo, la Clinton ha invitato Juba a trovare un accordo con Khartoum sul transito del petrolio estratto dai giacimenti del Sud e trasportato all’estero tramite oleodotti situati nel territorio controllato dal presidente Omar al-Bashir.

La presenza americana in Africa, a differenza di quella cinese, si fa sentire anche sul piano militare. In Uganda, altro paese toccato dalla trasferta di Hillary Clinton e guidato dall’autoritario presidente filo-americano Yoweri Museveni, il capo della diplomazia di Washington ha ad esempio visitato una base che ospita un contingente di soldati USA e da dove partono i droni utilizzati nel conflitto in Somalia tra il governo di transizione e i ribelli islamisti.

Nella stessa area, inoltre, lo scorso anno il presidente Obama aveva dato il via libera al dispiegamento di un centinaio di soldati delle forze speciali, operanti tra la Repubblica Centrafricana, la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan con il pretesto di contrastare le operazioni del cosiddetto Esercito di Resistenza del Signore, formazione di guerriglieri comandata da Joseph Kony.

Nel fine settimana scorso Hillary è stata poi in Kenya, dove ha esortato il presidente, Mwai Kibaki, e il primo ministro, Raila Odinga, a fare di tutto per evitare il ripetersi delle violenze che avevano seguito le elezioni del 2007 nella tornata elettorale in programma nel marzo 2013.

Il Kenya è un paese di grande importanza strategica, non solo perché vanta la più grande economia dell’Africa orientale ma anche per la sua posizione che consente l’accesso e il controllo sulla Somalia, dove gli USA, sia direttamente che tramite le forze dell’Unione Africana, sono coinvolti nella guerra civile che da oltre due decenni dilania il vicino nord-orientale.

Il Kenya dovrebbe essere anche la destinazione finale di un oleodotto in fase di studio per collegare il Sud Sudan con la città costiera di Mombasa. Il progetto è fortemente appoggiato da Washington, poiché permetterebbe di trasportare verso i mercati il petrolio di Juba, svincolando il Sud Sudan dalla dipendenza dal Sudan, dove la Cina ha operato cospicui investimenti negli ultimi anni.

La penultima tappa del tour di Hillary, che si chiuderà il 10 agosto in Ghana, è stata infine il Sud Africa, anche per il quale il primo partner commerciale è la Cina. Qui, il Segretario di Stato USA, oltre all’incontro con Nelson Mandela, ha discusso dei possibili nuovi investimenti americani che, hanno assicurato i vertici del governo di Pretoria, verrebbero accolti da un’ulteriore apertura del mercato locale alle compagnie straniere.

Dopo il confronto innescato in Estremo Oriente fin dall’inizio del proprio mandato, dunque, l’amministrazione Obama appare sempre più intenzionata a contrastare gli interessi cinesi anche nel continente africano. Il più recente viaggio di Hillary Clinton, dopo quello nel mese di maggio in Asia, si inerisce in questa strategia aggressiva e, proprio come in Asia, minaccia di innescare anche in Africa pericolose tensioni tra le due principali potenze del pianeta.

Michele Paris - Altrenotizie

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