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MARTEDÌ 14 AGOSTO 2012 23:00

NEW YORK. Gli agenti dell’Amministrazione per la Sicurezza dei Trasporti americana (TSA), in servizio presso l’aeroporto internazionale Logan di Boston, hanno ripetutamente distorto il programma utilizzato al fine di individuare potenziali terroristi per schedare passeggeri appartenenti a minoranze etniche. A rivelarlo è un recente articolo del New York Times basato sulle dichiarazioni segrete di una trentina di agenti federali impiegati nel terminal della metropoli del Massachusetts.

Secondo gli agenti che hanno presentato una formale protesta alla stessa TSA, un’agenzia federale che fa parte del Dipartimento per la Sicurezza Interna, quei passeggeri che corrispondono ad un determinato profilo hanno maggiori possibilità di essere fermati e sottoposti a più scrupolosi controlli di sicurezza da parte dei loro colleghi, incaricati invece di monitorare esclusivamente comportamenti sospetti. Tali passeggeri risultano essere, nella grande maggioranza dei casi, ispanici, neri, mediorientali o di altre minoranze etniche.

Uno degli agenti che hanno denunciato la situazione a Boston ha dichiarato che “chiunque abbia un aspetto che non piace agli agenti della TSA - cioè, ad esempio, se è una persona di colore che indossa abiti o gioielli costosi, oppure se è ispanico - viene con ogni probabilità fermato e sottoposto a controlli più severi”.

In seguito alla pubblicazione dell’articolo del New York Times, la TSA ha aperto un’indagine all’aeroporto Logan, mentre il deputato del Massachusetts, William Keating, membro della commissione per la Sicurezza Interna, ha chiesto un’audizione al Congresso per fare luce sulla vicenda.

Le più recenti rivelazioni riguardano Boston ma è altamente probabile che i programmi utilizzati dalla TSA, che teoricamente dovrebbero servire a prevenire minacce terroristiche, vengano distorti allo stesso modo anche in altri aeroporti statunitensi. Già lo scorso anno, infatti, erano emersi episodi simili, sia pure su scala minore, presso gli aeroporti delle Hawaii e di Newark, il terzo aeroporto di New York.

I metodi messi in atto a Boston, oltretutto, dovrebbero essere da modello per gli altri aeroporti americani. In questi ultimi sono in realtà già in funzione programmi per valutare il comportamento dei passeggeri ma nel prossimo futuro è prevista l’adozione di quelli sperimentati al Logan perché ritenuti innovativi e più efficaci. A Boston, ad esempio, il programma non prevede solo l’osservazione dei passeggeri in coda ai controlli ma anche una serie di domande individuali per studiare le risposte e le loro reazioni emotive.

Metodi simili sono tuttavia messi in dubbio dagli esperti, poiché non darebbero alcuna indicazione certa delle eventuali intenzioni di natura terroristica dei passeggeri. I programmi di studio del comportamento dei passeggeri negli aeroporti, spiega il Times, erano stati adottati per la prima volta nel 2003 proprio a Boston e si basavano sulle tecniche utilizzate dai servizi di sicurezza in Israele. Le basi scientifiche erano quanto meno approssimative e dopo nove anni la situazione, da questo punto di vista, rimane pressoché invariata.

Secondo le stime fornite dagli agenti che hanno denunciato i loro colleghi, pur senza statistiche precise, circa l’80% dei passeggeri fermati a Boston farebbe parte di minoranze etniche. Di fronte ad una tale sproporzione, anche la polizia della città ha chiesto alla TSA il motivo del così alto numero di casi riguardanti passeggeri mediorientali, neri o ispanici che vengono portati alla propria attenzione.

Per il New York Times, gli agenti della TSA agirebbero in questo modo in seguito alle pressioni esercitate dai loro superiori, i quali chiedono il raggiungimento di un certo numero di passeggeri fermati in tempi prestabiliti. Scegliendo appartenenti alle minoranze etniche, ritengono gli agenti, aumenterebbero le probabilità di scoprire reati legati al narcotraffico o a violazioni delle leggi sull’immigrazione.

In questo modo, ai politici di Washington viene fatto credere che il programma funziona, ma il tutto è solo una cortina fumogena che calpesta i diritti civili dei passeggeri e non fa nulla per individuare eventuali reali minacce di terrorismo.

I controlli effettuati in base al profilo razziale all’aeroporto di Boston confermano dunque ancora una volta come le misure di sicurezza adottate negli Stati Uniti per combattere la cosiddetta “guerra al terrore” dopo l’11 settembre vengano puntualmente manipolate per indebolire i diritti democratici dei cittadini e tenere sotto controllo gli appartenenti a gruppi sociali o etnici che la classe dirigente americana, sempre più impopolare, percepisce come una minaccia al proprio potere.

Michele Paris - Altrenotizie

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