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Stefano Gugliotta

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(11 Maggio 2010) Enzo Apicella
Dopo che le tv hanno trasmesso il video di Stefano Gugliotta che viene pestato immotivatamente dalla polizia e poi arrestato per "resistenza a pubblico ufficiale", il capo della polizia Manganelli "dispone una ispezione".

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[GB] Aziende usano carcerati con stipendi da fame per sostituire lavoratori e fare più profitti

(15 Agosto 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.caunapoli.org

[GB] Aziende usano carcerati con stipendi da fame per sostituire lavoratori e fare più profitti

foto: www.caunapoli.org

da clashcityworkers.org

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A volte non c'è bisogno della delocalizzazione per abbassare i costi di produzione e aumentare i profitti. Manodopera a basso costo la si può trovare anche vicino casa: ci sono gli immigrati, sottoposti spesso anche al ricatto della cittadinanza; ci sono tanti giovani, studenti e non, disposti a lavorare anche gratis pur di mettere qualcosa sul proprio curriculum vitae che li renda 'attraenti' agli occhi di una qualsivoglia azienda. E poi ci sono i detenuti.

In Galles, la compagnia Becoming Green sta infatti impiegando 17 carcerati (il dato è quello riferito al Guardian nel mese di luglio) nelle proprie strutture, affidando loro i compiti propri di un lavoratore di call-center. Il vantaggio per l'azienda sta nella paga: ai carcerati viene corrisposta una paga oraria pari a 40p (circa 50 centesimi di €). A fine giornata quindi un detenuto che lavora alla Becoming Green guadagna addirittura 3 sterline (3,60€)! Si tratta di una cifra pari al 6% del salario minimo (6 sterline all'ora).

Questa modalità di lavoro coatto rappresenta una novità nel panorama inglese poiché, stando a sentire i rappresentanti di numerose ONG che lavorano con i detenuti, fino ad oggi i carcerati avevano lavorato esclusivamente in attività manifatturiere all'interno del perimetro delle prigioni e mai per aziende private esterne. Il governo Cameron sembra invece intenzionato a premere sull'acceleratore da questo punto di vista, dal momento che prevede un aumento dei detenuti 'al lavoro': dai 10.000 di oggi ai 20.000 del 2020.

Tornando al caso in questione, nel momento stesso in cui la Becoming Green 'assumeva' carcerati faceva partire anche licenziamenti: per l'esattezza 17 a partire da dicembre, malgrado, secondo le loro testimonianze raccolte dal Guardian, essi avessero raggiunto gli obiettivi prefissi dall'azienda. La Becoming Green ha cercato di giustificarsi parlando di questi licenziamenti come di una cosa normale nell'ambiente lavorativo in cui operano. Certo si tratterebbe proprio di una strana coincidenza!

In ogni caso è proprio questo uno dei maggiori timori scaturiti dalle politiche governative sul lavoro. La possibilità per aziende private di impiegare manodopera gratuita (con provvedimenti varati nel corso dell'ultimo anno, i disoccupati possono essere costretti a lavorare gratis se vogliono mantenere le 241 sterline di sussidio mensile di disoccupazione) o semi-gratuita (è il caso per l'appunto dei prigionieri, ma anche di quelle decine di migliaia di stagisti e 'volontari' che spesso lavorano solo per un rimborso spese) minaccia le condizioni di tutti i lavoratori, mettendo a repentaglio posti di lavoro e condizioni salariali di quelli che ancor oggi vengono definiti e considerati 'garantiti'.

Cambiando latitudine la situazione non sembra poi tanto diversa. Non si parla ancora di detenuti, ma l'attacco al salario in tutte le sue forme è forse qualcosa che non conosciamo anche noi?

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Pubblichiamo di seguito una nostra traduzione della lettera aperta (qui l'originale) che attivisti britannici stanno facendo girare per raccogliere il dissenso nei confronti del cosiddetto “prisonfare”.

Siamo scioccati ed offesi dalle rivelazioni secondo cui un'impresa della cosiddetta “green economy”, la Becoming Green, sta utilizzando detenuti per lavorare nei suoi call center. L'azienda, con base a Cardiff, sta impiegando prigionieri dalle vicinanze e li sta pagando solo 40p all'ora (3 sterline al giorno).

Dopo le rivelazioni, la HMP (il carcere da cui provengono gli impiegati della Becoming Green, NdT) ha annunciato che ha in programma di muovere interi call center all'interno delle prigioni. Si tratta di una forma di schiavitù del ventunesimo secolo, in cui l'obiettivo della riabilitazione è abbandonato in favore del super-sfruttamento. Un meccanismo, nelle parole del sindacato Unite, dickensiano.

Se la Becoming Green è un test per tutto questo, dovremmo essere molto preoccupati. Allo stesso tempo in cui ha iniziato ad impiegare forza lavoro quasi gratuita, ha licenziato 17 lavoratori a partire da dicembre. I detenuti oggi contano per il 15% della forza lavoro. Al momento in Gran Bretagna una persona su dodici è disoccupata e lo è più del 20% della gioventù compresa tra i 16 ed i 24 anni. Lo schema proposto da HMP accelererà solamente questo trend dal momento che le imprese potranno esternalizzare operazioni nelle prigioni alla ricerca della massimizzazione dei profitti.

Inoltre, senza dubbio si creerà una pressione competitiva al ribasso sui salari. Nel bel mezzo di una recessione, mentre PIL e standard di vita crollano, queste misure non aiuteranno alcuna ripresa, bensì porteranno l'economia ancora più a fondo nel pantano in cui già si trova. Allo stesso modo del “workfare” (un pacchetto di misure che prevede l'obbligo per i disoccupati di accettare di lavorare gratis per imprese private, pena il ritiro del sussidio di disoccupazione, NdT), il “prisonfare” è una politica che mira ad aumentare i profitti di una manciata di uomini mentre approfondisce ulteriormente la povertà della maggioranza.

È di vitale importanza che i sindacati agiscano per fermare questo attacco contro i lavori ed i salari, e che difendano coloro che stanno soffrendo questo sfruttamento.

Diamo il nostro pieno supporto alle azioni che reclamano il ritiro della Becoming Green e l'eliminazione dello schema governativo.


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Per saperne di più: The Guardian, Right to work, Proteste contro la Becoming Green

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