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Haytham Manna: «Dobbiamo fermare la guerra civile»

(24 Agosto 2012)

mannachemanna

Venerdì 24 Agosto 2012 06:31

Assisi, 23 agosto – Molto seguito, com’era prevedibile, il terzo forum del Campo, quello dedicato alla situazione siriana. Protagonista della serata è stato Haytham Manna (foto), portavoce del Comitato di coordinamento per il cambiamento democratico (Ccncd).

Introducendo l’incontro, Wilhelm Langthaler ha ricordato come per il Campo la rivolta siriana sia da considerarsi come parte delle sollevazioni arabe. Con una differenza, però, rappresentata dal ruolo della Siria come bastione delle resistenze antimperialiste. Queste considerazioni hanno prodotto, fin dal principio, una forte vicinanza tra il Campo e le posizioni del Ccncd. Posizioni incentrate sul no all’intervento straniero nella crisi siriana. Una posizione diametralmente opposta a quella assunta invece dal Consigio nazionale siriano (Cns) favorevole all’intervento.

Concludendo la sua presentazione, Langthaler ha domandato a Manna come pensa di portare avanti la sua posizione nel quadro attuale della guerra civile.

Haytham Manna ha iniziato il suo intervento ricordando il fallimento del piano di Kofi Annan, da lui considerato come l’ultimo tentativo che avrebbe potuto impedire il precipitare della guerra civile. Una guerra civile che è il frutto sia dell’intransigenza del regime – Manna ricorda di come Assad approfittò del ramadan del 2011 per occupare tre città della Siria e per eliminare fisicamente le migliori intelligenze dell’opposizione – sia dell’intervento dei salafiti nel conflitto.

Il primo segnale dalle forze salafite giunse proprio l’8 agosto 2011 (durante il ramadan, appunto) e fu un attacco alla posizione del Ccncd (quella dei 3 no: no all’intervento straniero, no alla guerra civile, no al settarismo religioso). Per i salafiti i 3 no dovevano diventare 3 sì: sì all’intervento, sì alla guerra interna, sì alla guerra alle altre componenti religiose. Ma la cosa ancora più significativa è che ai 3 sì si aggiungeva che era ormai venuto il tempo della riconciliazione tra l’islam e l’occidente.

Dopo aver ricordato il complesso mosaico siriano, costituito da ben 26 componenti – religiose, nazionali ed etniche – Manna ha sostenuto che oggi lo scontro è più un conflitto internazionale che interno, visto il peso delle interferenze straniere. A questo proposito ha denunciato anche il ruolo delle emittenti del Golfo (al Jazeera ed al Arabya) nel presentare la rivolta come esclusivamente sunnita. Al tempo stesso queste emittenti censurano le notizie scomode, arrivando perfino ad ignorare l’uccisione di 7 membri del Ccncd.

Per Manna la natura fondamentale della rivolta non è di tipo confessionale. Forte la sua critica alle milizie salafite: se sono davvero così forti, perché fanno arrivare combattenti dall’esterno? A suo avviso il senso comune dei siriani è che essi o riusciranno a vivere insieme o tutti insieme periranno. A questo proposito ha citato il caso di Aleppo, dove la popolazione della città non ha certo accolto con favore né le milizie né l’esercito di Assad.

A questo punto Langthaler ha formulato un’altra domanda: come è possibile che ad oggi non siano emerse altre soluzioni dall’interno del regime?

Secondo Manna bisogna distinguere tra lo Stato (al cui interno vi sono tante persone oneste) e il regime. Una distinzione che non fanno i Fratelli Musulmani, che rappresentano la maggioranza del Cns. Un’incapacità di distinguere che deriva anche dal fatto che i dirigenti della Fratellanza vivono tutti all’estero dopo la forte repressione che li colpì agli inizi degli anni ’80. Per Manna la transizione dovrà implicare necessariamente una qualche forma di continuità con lo Stato, non con il regime.

Concludendo il suo primo intervento, egli ha ricordato i tre punti fondamentali: l’unità della nazione, no all’estremismo religioso ed all’islamizzazione della società, per una soluzione siriana e non imposta dall’esterno.

Molti gli interventi seguiti alla relazione di Manna, Tra questi ricordiamo quelli di Leo Gabriel (Austria), Paul Larudee (Usa), Attia Rajab (Germania), Jasmine Gholoum (parlamentare del Bahrein), Lourimi Ajmi (Tunisia), Ali Fayyad (parlamentare di Hezbollah).

Fayyad ha detto che le aspirazioni delle masse siriane sono legittime, ma la questione va inserita nel contesto regionale caratterizzato dal conflitto arabo-israeliano. Fayyad si augura che avvenga un incontro tra il governo siriano e le forze dell’opposizione nazionale, concludendo che non è possibile permettere una caduta della Siria.

Manna ha risposto puntualmente a tutte le domande, ricordando l’inaffidabilità delle promesse del regime, l’importanza della solidarietà internazionale, la negatività del ruolo della Lega Araba, condizionata da una maggioranza vicina alle posizioni del Qatar.

Ad una precisa domanda di un giornalista austriaco, su quale sarebbe la sua politica nei confronti delle resistenze, ed in particolare verso Hezbollah, qualora arrivasse al governo, Manna ha affermato con forza che: «le resistenze le sosteniamo appieno. Per noi questo non è un fatto tattico, è una questione esistenziale».

E riguardo alla collocazione internazionale della Siria del futuro ha detto di voler un buon rapporto con tutti (Turchia, Iran, ecc,) eccetto che con i sionisti.

Concludendo, Manna ha ribadito che il negoziato e il compromesso sono l’unica soluzione, che la strada per il negoziato non è sbarrata. E ricordando suo fratello, torturato ed ucciso dalle forze del regime, ha detto che ogni vita (anche quella degli avversari) ha la stessa importanza. Dialogo dunque con tutte le forze, ad eccezione di quelle che rispondono a potenze esterne alla Siria.

Chiudendo la serata, Wilhelm Langthaler ha infine ricordato lo sforzo, condiviso con Manna, per inviare in Siria una delegazione internazionale di solidarietà basata sulla posizione dei «tre no».

Campo Antimperialista

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