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Vertenza alla Sixty, i lavoratori in sciopero occupano il tetto dell'azienda di Chieti

(5 Settembre 2012)

Sale la tensione nello stabilimento dove si producono i marchi di jeans Miss Sixty ed Energie, ma anche gli altri brand del gruppp, da Killah a Murphy&Nye e RefrigiWear. I lavoratori non ottengono nessuna risposta sulle intenzioni della nuova proprietà panasiatica, il fondo d’investimento Crescent HidePark con sede alle isole Cayman, e intensificano la protesta. La Cgil: siamo alla disperazione

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CHIETI. Sixty, vertenza incagliata, i lavoratori dicono basta e occupano il tetto della fabbrica della moda. Sale la tensione nello stabilimento di Chieti scalo dove si producono i marchi di jeans Miss Sixty ed Energie, ma anche gli altri brand del gruppp, da Killah a Murphy&Nye e RefrigiWear. La giornata di sciopero voluta da Femca-Cisl, Uilta-Uil e Filctem-Cgil comincia con due operai in cassa integrazione che occupano il tetto dell'azienda. Marino D'Andrea (dipendente da 15 anni) e Massimo Di Francesco (assunto da 17) hanno iniziato la protesta intorno alle 8.00 di questa mattina facendo crescere l'intensità della protesta che arriva a circa un mese dall’incontro al ministero dello sviluppo economico, quando per l’ultima ed ennesima volta è stata sollecitata chiarezza sul nuovo proprietario, il fondo d’investimento panasiatico con sede alle isole Cayman, Crescent HidePark, sul piano industriale e sullo stato di avanzamento dell’accordo con le banche per la transazione sul debito da circa 300 milioni di euro del gruppo moda.

I sindacati hanno proclamato lo sciopero «non avendo avuto ancor risposte concrete», si legge in una nota, «sul futuro dell’azienda in merito alla trattativa di transazione tra la Crescent HidePark e le banche e accertato il perdurare del fermo di gran parte delle attività lavorative». Dietro si nasconde il timore crescente dei 414 lavoratori che la crisi del gruppo moda finisca col cancellare lo stabilimento teatino, andando ben oltre i 170 esuberi già previsti dall'ultimo piano industriale.

«Siamo alla disperazione», dice Giuseppe Rucci della Filctem-Cgil, «sia sotto l’aspetto di prospettiva del sito teatino che sul ruolo istituzionale nella vicenda. Ci chiediamo oggi quanto Comune, Regione e Ministero possano realmente fare, quanto possano essere incisivi su questa proprietà, della quale abbiamo poche e frammentarie notizie. Intanto sempre più lavoratori escono fuori dalla catena produttiva, in cassa integrazione. L’azienda sta massacrando il sito di Chieti e spostando l’attività all’estero. Assistiamo sempre di più ad azioni che rafforzano questa convinzione, mentre nulla si sa sulla transazione con le banche e aumentano le difficoltà di liquidità».

Un allarme, questo sulla Cina, che la Cgil lancia da tempo. Anche il ministero vuole vederci chiaro su Sixty. Agli inizi di agosto, nell’ultima riunione su questa vertenza, ha chiesto chiarezza sui nuovi proprietari di Sixty e sullo stato della transazione del debito con le banche, attraverso il coordinatore dell’Unità ministeriale per la gestione delle vertenze, Giampietro Castano. Chiarezza chiesta proprio per settembre all’amministratore delegato di Sixty Spa, Pietro Bongiovanni, che aveva centellinato le risposte in quella riunione con sindacati ed enti locali.

Sipo Beverelli - Il Centro

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