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    Sulla "Giornata della memoria delle foibe": lettera aperta ai compagni in Italia

    inviata a "Liberazione" ed "Il Manifesto"

    (12 Febbraio 2004)

    Con il dolore nell'anima ho visto ieri quello che ha trasmesso Rai Uno a proposito della "Giornata della memoria delle foibe". Dunque una giornata della memoria dei massacri commessi dai partigiani titini e dell'esodo degli italiani dall'Istria e dalla Dalmazia... Mi hanno colpito termini come "violenza cieca", che si sarebbe abbattuta sui cittadini innocenti. Prima di proseguire, per sgombrare ogni equivoco, ci tengo a sottolineare che tutta la mia vita l'ho passata ad occuparmi della cultura italiana e che l'unico figlio che ho avuto ora vive a Roma ed ha finito gli studi in Italia. Quindi per libera scelta l'Italia era ed è tuttora il paese di tutte le mie anzi nostre aspirazioni. Per questo è ancor più insopportabile sentire che si è presa la giornata della firma del trattato di Pace (10 febbraio) nella Conferenza di Parigi del 1947, come giornata della memoria di un ingiustizia e di un lutto subiti, invece di onorarla come la giornata della sepoltura definitiva del fascismo.

    I fatti storici però restano quelli che sono anche se gli uomini li interpretano come vogliono. Sarebbe assurdo contestare che l'esodo massiccio degli italiani dall'Istria e da Zara non fu una tragedia; ma tragedia immane fu senz'altro il fascismo ed il nazismo ed i popoli dell'Europa intera hanno per questo errore storico pagato un altissimo prezzo.

    Ora, dinanzi ad una Europa unita che nasce nei dolori e nelle difficoltà, ma nasce come ogni vita nuova, ogni vita giovane, con le migliori aspettative e con i migliori auspici di una futura esistenza felice, invece di ricordare gli errori e gli orrori del passato ribaltando i fatti storici, non sarebbe forse più intelligente e più onesto pensare che nella futura Europa non dovrebbero esistere tali differenze e tali trattamenti disumani, responsabili della fuga di popolazioni intere - centinaia e migliaia di uomini, donne, bambini, vecchi, colpevoli di nulla, da un luogo ad un altro, da un paese ad altro, facendoli in definitiva profughi ed esuli anche di se stessi?

    Ora per conseguire un tale scopo non credo che la miglior via sia quella di onorare errori storici quali il fascismo ed il nazismo, infangando la lotta per la liberazione e la nozione stessa di antifascismo. Quanto riguarda le politiche titine e titoiste niente le riscatta e niente le umilia di più dello spettacolo orripilante del sanguinoso squartamento del paese a cui si e' assistito lo scorso decennio. E non è certo senza importanza che si trattò dell'unico paese in Europa in cui la guerra partigiana contro il nazifascismo aveva assunto, in tempi debiti, dimensioni colossali, avendo visto vincitori coloro che da sempre furono umiliati ed oppressi. Questo fatto storico nulla lo potrà mai cambiare.

    La terra è degli uomini, di tutti gli uomini senza eccezione, e non di una o dell'altra nazione o etnia o appartenenza politica, o religiosa, o di questa o quella altra scuola del pensiero. Speriamo dunque che cosi sarà per l'Europa che si sta creando e nella quale vivranno i nostri figli e i nostri nipoti. E se non sarà cosi le colpe saranno nostre e qualcuno le pagherà. Visto che le colpe storiche si pagano sempre e non di rado le pagano coloro che colpe non ne hanno... E nel desiderio che il triste esodo degli italiani da Istria e Dalmazia non si ripeta più in nessun altro modo si dovrebbe dire "tutta la verità e niente altro che la verità" a quel proposito.

    Durante la guerra partigiana un giovane scrisse: "Chi sa se la libertà sarà capace di cantare come gli incatenati l'avevano cantata?" Ora, l'esodo di trecentocinquantamila italiani dall'Istria e dalla Dalmazia non fu certo un momento di libertà. Però, non è certo più rispettoso della libertà omettere che un numero pari - e documentabile dagli archivi della guerra partigiana jugoslava - di italiani era stato aiutato e salvato dai partigiani titini dopo il disastro dell' 8 settembre. Costoro furono aiutati ed ebbero salva la vita grazie ai selvaggi, e malvagi, partigiani titini, dopo che il comando delle forze armate italiane aveva lasciato i suoi ragazzi esposti alla mercè e – questa volta si – spesso anche alla cieca violenza delle truppe naziste.

    I massacri nelle isole greche, e dappertutto ove i partigiani locali non erano riusciti ad aiutare i soldati italiani, sono fatti noti e non ha senso ripeterli.

    Oggi ben pochi sono ancora in vita tra coloro che furono aiutati e salvati dai partigiani jugoslavi o che hanno combattuto accanto a loro. Pretendere da questi che alzino la voce nel baccano scatenato intorno alle "foibe" e ai "delitti dei titini" forse sarebbe pretendere troppo. Non ne avrebbero la forza. Sono ormai troppo anziani e troppo amareggiati, e i loro figli e nipoti hanno ben altre preoccupazioni. Però, parlando di chi fu salvato si dovrebbero menzionare anche i condannati – poche decine di gerarchi fascisti - che furono trascinati dinanzi ai tribunali e per i quali si considerò che erano stati trovati con le mani sporche di sangue. Questi ultimi furono condannati dai tribunali regolari nel territorio liberato e furono giustiziati alla luce del sole, non buttati nelle foibe con crudeltà immane e vendetta cieca, senza ragione, senza causa e senza colpa! Le foibe sono il frutto della violenza della gente del luogo, slava e non, che si era scatenata contro gli oppressori locali, che in quei posti per venti anni ne avevano fatte passare di tutti i colori alle genti che vivevano li. Con storie come queste sulle "foibe" i comandi partigiani e la giustizia dei vincitori hanno poco o nulla a che spartire.

    E' tragico che in guerra e dopo la guerra capitino vendette trasversali e del tutto illegittime ed ingiustificabili, ma purtroppo accade. Era accaduto anche in Italia ed a tempo debito tutti abbiamo letto e visto film come "La ragazza di Bube" e simili. Questo non ha però niente a che vedere e a che spartire con la legalità e le leggi. Servirebbe ricordare piuttosto che fu in base alle leggi marziali che fu istruito il famoso processo agli antifascisti, a Zara nel 1942: processo in cui furono giustiziati decine di compagni ed anche il segretario del Partito comunista croato, Rade Koncar. Condannati alla pena capitale furono diverse decine di antifascisti, fra cui anche una ragazzina di quattordici anni (poi graziata, vive ancora a Spalato). Ma furono uccisi in venti, tutti ragazzi giovani. In quel processo furono coinvolti anche molti minorenni, i quali furono graziati e si videro commutata la pena all'ergastolo, poiche' avevano buttato una bomba contro la banda militare italiana, che marciava a suon di musica... Furono fatti atroci, eccidi dall'una e dall'altra parte.

    Ma le guerre per fortuna passano. Quel che rimane è la storia e non serve farle violenza. Non ci sono fasi giuste e fasi sbagliate della storia. Ci sono atti e fatti sbagliati, brutti ed indecenti, commessi dagli uomini. I misfatti sono frutto delle azioni umane, mica cadono dal cielo. Ora, rappresentare i combattenti per la giustizia e per la libertà come malfattori e assassini vili mi sembra un fatto di per se indecente e scabroso, un fatto che non promette bene per il futuro. La posizione dei diessini in questi revisionismi fuori tempo massimo, che riguardano l'eredità della storia dei titini, ritengo sia altrettanto sbagliata, come fu sbagliata la posizione del PCI nel 1948 e anche dopo, quando successero i fatti d'Ungheria. Ma nel 1948 furono dei compagni in Italia ad alzare la voce in difesa dei titini: e la pagarono cara.

    Oggi pare che neanche la corrente girotondista di DS osi replicare e difendere i partigiani slavi. E ai vecchi titini, ormai imbiancati dagli anni e dai colpi subiti, non resta che dire: "Et tu mi fili, Brute!" come esclamò Cesare quando fu pugnalato dal nipote Bruto. Dopo tante ingiustizie e violenze che sono state fatte e dette contro un paese, che non esiste più, forse sarebbe opportuno ricordare che gli italiani dall'Istria se ne sono andati di propria spontanea volontà. Hanno "optato" per l'Italia, cioè hanno preferito andarsene in Italia, visto che non avevano la minima intenzione di rimanere a vivere in un paese balcanico e comunista - e non perche' li avrebbero buttati nelle foibe, torturati o squartati.

    Essere nati nei primi decenni del secolo scorso in Istria e Dalmazia ed essere italiani non fu certo una fortuna, certe volte fu una tragedia, ma è altrettanto tragico oggi essere nati in Jugoslavia e non aver un paese dove morire.

    Per chiudere voglio citare Giorgio Bocca che scrive: "Cadute le coperture ideologiche è venuto fuori in alcuni giovani tribuni del popolo... un carrierismo pronto a calpestare i rapporti civili, a colpire con ogni mezzo i compagni di ieri, con il rancore dei preti spretati. Nei peggiori è tornato elogio alla ribalderia, intrisa di disperazione, la voglia di infierire per mettere a tacere il rimorso."

    Ora, credo che in questa campagna si sia andato oltre, che si sia giunti allo scontro all'arma bianca. Le vittime sono state trasformate in carnefici e i veri carnefici in vittime ed eroi, il cui eroismo dimenticato bisognerebbe riscattare... Non capita per la prima volta nella storia. Gorki scrisse a proposito del movimento dei "populisti" russi dell'ottocento: "E gli eroi furono trasformati in colpevoli, visto che dopo aver suscitato enormi speranze non furono in grado di esaudirle."

    Però, che i carnefici diventino eroi mi pare davvero esagerato ed oltraggioso. A questa bufala, tanto grossa quanto vergognosa, rispondo di nuovo con le parole di Bocca:

    "La storiografia moderna si è cosi riempita di pidocchi revisionisti che pretendono di cambiare gli accaduti, le memoria, la toponomastica, i libri di testo... Un momento... stiamo ai fatti... Quella non fu una divisione da poco... Quelli... che combattevano [dopo l'8 settembre] al fianco dei nazisti, volevano che i nazisti vincessero la guerra... Volevano la fine delle libertà. Furono invece i partiti della Resistenza a recuperare le libertà, anche i comunisti che le sancirono con la Costituzione. "I morti" diceva Pavese "sono tutti eguali, partigiani e repubblichini"... tutti travolti dal fatto. Ma non erano uguali le loro storie, le loro idee. La pietà è una cosa che fa parte del sentimento umano solidale, ma la pietà per le idee non ha senso, non si può avere pietà per le idee barbare, assassine, non si può revisionare l'orrore, si può al massimo dimenticarlo."

    E visto che non si vuole dimenticarlo, ma se ne vuole tener alta la memoria, sarebbe doveroso ricordare che a scatenare l'orrore e la guerra non furono antifascisti, comunisti, partigiani titini ne' slavi (gente indecente e notoriamente assetata di sangue per la loro indole selvaggia e balcanica), ma piuttosto coloro che si misero al fianco dei nazisti in un progetto demenziale che fu sconfitto a prezzo di immani sacrifici ed anche di vite umane. E questa sconfitta fu sigillata con il Trattato di pace firmato a Parigi.
    Da non dimenticare.

    Zagabria, 10 febbraio 2004

    Jasna Tkalec

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