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Agli operai dell’Alcoa: perché andare a manifestare a Roma?

(16 Settembre 2012)

Vorrei porre ai lavoratori dell’Alcoa, agli operai sardi, siciliani, campani, lucani e via difficoltando in lotta contro i licenziamenti, ai disoccupati napoletani e al restante del proletariato che in Italia sta subendo i duri colpi della crisi, la seguente domanda: Perché andare a Roma a protestare? Come è possibile che i lavoratori ancora si lascino irretire in un gioco che li vede isolati come uno sputo nel deserto quando ci sarebbe la possibilità di una lotta ben più corposa nelle proprie aree di appartenenza con la possibilità di coinvolgere altre categorie di lavoratori e di popolazione nell’azione di lotta oltre che di una maggiore efficacia per l’azione in quanto tale in centri nevralgici dell’economia come porti, aeroporti, stazioni ferroviarie ecc. ecc.. I lavoratori devono capire che il potere – quello vero – non è a Palazzo Chigi, o nei vari ministeri, così come erroneamente ritengono essi ritengono aiutati in ciò dagli apparati burocratici dei sindacati, dei patiti, e dai funzionari degli istituti elettivi, lì ci sono i pupi asserviti al potere reale, che è il Capitale italiano o americano, giapponese o cinese e che agisce ma non appare. Andare perciò in 500 a protestare sotto un ministero equivale a rinserrarsi in una trappola con uno straordinario dispendio di energie a tutto ed esclusivo danno dei lavoratori per una mera mediatica visibilità televisiva che se soddisfa le brame morbose degli addetti all’ “informazione” non sposta di un millimetro i rapporti di forza con il Capitale. Quanto alle autorità elettive, che si fregiano di accompagnare i lavoratori a Roma mostrandosi loro solidali, va detto in maniera chiara che l’unico modo per essere veramente solidali con i lavoratori sarebbe quello di dimettersi e di stare nella lotta contro le forze del Capitale. A chi dovesse andare indietro con la memoria e magari rinverdire la ….presa del Palazzo d’Inverno, vorrei ricordare che fu quello – la presa del Palazzo d’Inverno appunto – l’ultimo atto, ovvero la conclusione di uno scontro diffuso sul fronte di guerra e in tutta la Russia e che era iniziato ben otto mesi prima e aveva spostato talmente i rapporti di forza che si trattò semplicemente di formalizzarli, con la presa del Palazzo d’Inverno. Dunque niente retorica storica. Ai lavoratori va detta la verità, ma i lavoratori a loro volta devono essere disposti a capirla la verità, ad assumerla come arma di battaglia politica contro una crisi che avanza impietosa.

Michele Castaldo

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