">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Comunisti e organizzazione    (Visualizza la Mappa del sito )

Psicocomunista

Psicocomunista

(14 Novembre 2010) Enzo Apicella

Tutte le vignette di Enzo Apicella

PRIMA PAGINA

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Memoria e progetto)

I comunisti giapponesi si oppongono all’austerity made in Japan: sacrifici per i lavoratori, esenzioni fiscali e salvataggi per le grandi imprese

(17 Settembre 2012)

japancommunist

17 Settembre 2012 14:19 Internazionale - Asia e Oceania


.
Maggiori imposte per la popolazione, e nuove esenzioni per le grandi imprese, è la ricetta adottata dal governo giapponese di centro-sinistra per fronteggiare la “crisi” di un debito che raggiunge ormai il 230% del PIL.

Il primo ministro Yoshihiko Noda ha minacciato la cessazione dei pagamenti per far approvare in giugno alla Dieta, poi il 10 agosto alla Camera dei Pari, il progetto di legge sull’aumento dell’IVA. Una legge votata dalla maggioranza del Partito Democratico (centro-sinistra) e dall’opposizione di destra del Partito Liberale. Solo i nove deputati comunisti, seguiti da dissidenti del Partito Democratico, hanno votato in blocco contro il progetto di legge.

La legge prevede il raddoppio della tassa sui consumi (IVA), che passerebbe dall’attuale 5% all’8% nel 2014, e infine al 10% nel 2015.


Nello stesso tempo, il governo fa passare nuove esenzioni fiscali per il grande capitale.

Le ragioni di un debito record: vent’anni di regali alle grandi imprese.

Il governo giapponese ha attuato in effetti, all’inizio del 2012, una nuova riduzione del tasso d’imposizione sulle società di 4,5 punti, passando dal 30% al 25,5%. In vent’anni, il tasso d’imposizione sulle società è passato dal 42% del 1989 al 34,5% nel 1998, e infine al 25,5% di oggi, in altre parole una riduzione complessiva su due decenni del 40% dell’imposta sulle società.

Nello stesso tempo, la tassa sui consumi veniva introdotta nel 1989 al livello del 3%, aumentata nel 1997 al 5%, e dunque nel 2015 al 10%. L’organizzazione padronale KEIDANREN, la Confindustria giapponese, fa pressioni per ottenere un allineamento sui paesi europei entro il 2015, con un’IVA al 19%.

Ora, come ha rivelato un’inchiesta del quotidiano comunista giapponese Akahata, i grandi monopoli (keiretsu) giapponesi sono già lontani dal pagare imposte sulle società regolamentari. Così Mitsubishi sarà tassata solo all’11,5%, il conglomerato metallurgico Sumitomo al 19%, e Nissan, che remunera il suo proprietario Carlos Ghosn con 10 milioni di euro l’anno, non paga che il 22,5% di tasse.

Per di più, il 95% degli utili realizzati all’estero dalle 400 maggiori società del paese sono esonerati da tasse, su richiesta del KEIDANREN.

Secondo i comunisti, è soprattutto in queste decine di miliardi di euro che le società non pagano, o quasi, al tesoro che si trova l’origine dell’esplosione del debito pubblico.

Meno servizi pubblici e sicurezza sociale ma maggiori grandi opere

Nello stesso momento in cui aumenta l’IVA e si riduce l’imposta sulle società, il governo giapponese prevede una riduzione delle spese sociali e il rilancio di una politica di “grandi opere” che privilegiano essenzialmente i grandi monopoli.

La “strategia di rivitalizzazione” del governo nipponico, adottata il 31 luglio scorso, prevede in particolare tagli per 20 miliardi di euro all’anno nelle spese sociali, mentre un progetto di legge che prevede lo spostamento dell’età minima della pensione da 60 a 65 anni entrerà in vigore fin dalla primavera del 2013.

Al tempo stesso, una parte delle risorse liberate dal rialzo dell’IVA e dal taglio alle spese sociali saranno rassegnate ad una politica di grandi opere, di cui il primo beneficiario sarà il settore delle costruzioni.

Tra i progetti previsti, un insieme di infrastrutture di punta: un secondo aeroporto internazionale a Tokyo, una rete autostradale veloce, la costruzione di porti di dimensione mondiale.

Infrastrutture onerose destinate ad assicurare la promozione dei Giochi Olimpici a Tokyo nel 2020, così come lo sviluppo delle attività commerciali delle grandi multinazionali.

Nessuna rimessa in discussione del nucleare, ma la nazionalizzazione di Tepco: socializzare le perdite, privatizzare gli utili

Al tempo stesso, un anno dopo Fukushima, il governo ha rilanciato il funzionamento delle centrali nucleari. A dispetto delle gigantesche manifestazioni, come quella che ha riunito oltre 200.000 persone nelle strade di Tokyo il 29 luglio, il governo non recede. In riferimento alla lobby nucleare, ha “nazionalizzato” Tepco, l’impresa elettrica responsabile della catastrofe di Fukushima. Una socializzazione delle perdite, che ammonta per l’impresa a tre miliardi di euro solo tra aprile e giugno 2012. Lo stato ha iniettato in diversi mesi 10 miliardi di euro per riprendere il controllo di Tepco, promettendo d’altra parte di assumere un piano di adeguamento da 33 miliardi di euro su 10 anni. Un piano finanziato non dalla chiusura delle centrali, ma da riduzioni di personale e da tagli salariali.

I comunisti, unica opposizione di massa organizzata

Di fronte alla totale collaborazione dei tre partiti dominanti – Partito Democratico, Partito Liberal-democratico, e Komei – solo il Partito Comunista giapponese (PCJ) ha espresso la propria opposizione al progetto di legge governativo.

Forte di un’organizzazione di massa che conta 400.000 militanti, il Partito Comunista giapponese ha denunciato nel numero dell’11 luglio di Akahata, il suo quotidiano venduto in oltre un milione di copie: “una strategia che favorisce al massimo gli interessi dei circoli padronali”.

Subito dopo il voto del progetto di legge al Parlamento, il Presidente del Partito Comunista Shii Kazuo, ha indicato in conferenza stampa il cammino di lotta:

“Questa legislazione entrerà in vigore entro due anni. Da qui ad allora, mobiliteremo e raduneremo il massimo numero di persone per resistere al rialzo dell’IVA. La nostra lotta crescerà vigorosamente”.

traduzione dal francese di Massimo Marcori per Marx21.it

9631